Chi è Alberto Trentini, il cooperante italiano in carcere in Venezuela dal 15 novembre
- Postato il 15 gennaio 2025
- Di Il Foglio
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Chi è Alberto Trentini, il cooperante italiano in carcere in Venezuela dal 15 novembre
Alberto Trentini, cooperante di 45 anni originario di Venezia, è stato arrestato in Venezuela lo scorso 15 novembre. Quel giorno ha mandato l'ultimo messaggio a sua madre - Armanda, oggi intervistata da Repubblica. "Il 15 novembre mi ha inviato l’ultimo messaggio su Whatsapp, era arrivato appena in aeroporto. Da allora più niente", dice la donna. "Era solito darci notizie dei suoi spostamenti per farci stare tranquilli. Ci sentivamo ogni giorno con messaggi o videochiamate perché voleva essere informato sulla salute del papà. Nella scorsa estate si era trattenuto a casa per un periodo più lungo, proprio per farci compagnia".
Trentini era arrivato in Venezuela lo scorso 17 ottobre e stava lavorando per la ong Humanity & Inclusion, che aiuta le persone con disabilità. È stato fermato mentre stava viaggiando dalla capitale Caracas a Guasdalito, nel sudovest del paese - spiegano i familiari insieme con il loro avvocato, Alessandra Ballerini, che è la legale anche della famiglia Regeni. Insieme a lui è stato fermato anche l’autista della ong che lo accompagnava. Da quel momento non ha più dato sue notizie, né gli è stato consentito contattare la nostra ambasciata. La Farnesina in questi due mesi di lavoro non è riuscita a organizzare una visita consolare in carcere né a stabilire un contatto. Da informazioni informali che l’Italia è riuscita ad avere, sembrerebbe che pochi giorni dopo il fermo sia stato trasferito a Caracas in carcere, senza però aver ricevuto alcuna imputazione. Inoltre Alberto soffre di ipertensione e non ha con sé le medicine.
Era la prima volta che Alberto Trentini lavorava in Venezuela, ma aveva una lunga esperienza come cooperante in diversi paesi. "Aveva cominciato con il servizio civile, come volontario, nell’ottobre del 2006", racconta la madre,e aggiunge che Alberto ha iniziato a lavorare per organizzazioni non governative nel 2009. "È stato in Ecuador, Bosnia, Etiopia, Paraguay, Nepal, Perù, Grecia, Libano e Colombia". Trentini è un capo progetto, specializzato in emergenze. "Nelle due varie missioni si è occupato in Colombia di dare la prima accoglienza ai caminantes venezuelani, assistenza provvisoria in Perù a chi era aveva perso la casa dopo un’alluvione, la ricerca di energie alternative in Etiopia ed in Ecuador l’aiuto per la coltivazione del caffè", spiega ancora la madre del cooperante.
"La nostra avvocata - ha detto la madre di Trentini a Repubblica - parla quotidianamente con la Farnesina ma nessun rappresentate del governo ci ha mai contattati. Ora confidiamo che la presidente Meloni e i ministri si adoperino con lo stesso impegno e dedizione che hanno dimostrato a tutela di un’altra italiana, per riportare presto, incolume, Alberto in Italia".
Ieri i familiari di Trentini hanno comunicato alla stampa la scomparsa del figlio, dopo sessanta giorni di comunicazioni con il ministero, che si è mosso immediatamente, senza però riuscire a sbloccare la situazione. In un primo momento la famiglia aveva chiesto il silenzio stampa, più o meno come fatto nel caso della giornalista Cecilia Sala, per agevolare eventuali trattative con caracas. Ma i rapporti tra l’Italia e il Venezuela di Nicolás Maduro sono ai minimi termini. Proprio ieri il governo venezuelano ha imposto di limitare a tre il personale nelle ambasciate di Italia, Francia e Paesi Bassi, i cui governi hanno “appoggiato gruppi estremistici” e si sono “intromessi negli affari interni” del Venezuela, e ha dato 48 ore di tempo per eseguire la misura. Al tempo stesso, si legge ancora nella nota, i diplomatici che rimarranno in Venezuela “dovranno disporre dell’autorizzazione scritta del nostro ministero degli Esteri” nel caso “vogliano spostarsi a oltre 40 chilometri di distanza da Piazza Bolivar”, luogo centrale di Caracas, “nello stretto esercizio delle loro funzioni”. Inoltre il regime chavista da tempo sta mettendo in atto una politica degli ostaggi di tipo iraniano, che si accanisce sugli stranieri presenti in Venezuela per i motivi più svariati.
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