Che posto ha nell’Ue la Repubblica ceca di Babiš che piace a Orbán
- Postato il 5 novembre 2025
- Di Il Foglio
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Che posto ha nell’Ue la Repubblica ceca di Babiš che piace a Orbán
Andrej Babiš, già primo ministro della Repubblica ceca e leader del partito populista ceco Ano – più volte paragonato a Trump e a Berlusconi per la carriera imprenditoriale (non priva di scandali) che ha preceduto quella politica – all’inizio di ottobre si è affermato alle elezioni, e ha poi ricevuto dal presidente della Repubblica Petr Pavel l’incarico di formare un governo. Ma il partito del primo ministro in pectore non ha raggiunto, da solo, la maggioranza in Parlamento, e per costruire un’alleanza Babiš ha guardato alla sua destra, imbarcando il movimento degli “Automobilisti per se stessi” – che già dal nome rende esplicita la sua priorità politica: l’opposizione alle politiche europee di contrasto al cambiamento climatico – e l’estrema destra dell’Spd (“Libertà e Democrazia diretta”). I tre partiti domenica hanno siglato una bozza di dichiarazione programmatica, che è stata poi trasmessa dalla televisione ceca. I punti fondamentali, soprattutto sulla politica estera, sono tanto chiari quanto prevedibili, ed esplicitano l’identità di una coalizione antieuropeista che vuole avvicinare la Repubblica ceca all’Ungheria di Viktor Orbán e della Slovacchia di Robert Fico.
La visione di un’“Europa delle nazioni”, da cui è esclusa ogni ulteriore cessione di sovranità nazionale alle istituzioni europee, è infatti centrale nel programma di governo. La dichiarazione promette di interrompere il processo di integrazione monetaria e di non adottare l’euro, nonostante l’impegno previsto dai trattati: la corona ceca è definita “fondamentale per la sovranità economica”, e se ne vuole garantire lo statuto di valuta nazionale in Costituzione, attraverso un referendum. L’ostilità all’Unione europea emerge, naturalmente, anche sulle politiche ambientali e migratorie. Quanto alle prime, i partiti della coalizione dichiarano di non voler adottare l’estensione del sistema di quote di emissione ETS2 (“European Trading System 2”) – il sistema europeo di scambio di emissioni che sarà pienamente operativo dal 2027 – per gli edifici e i trasporti, e una rivalutazione dell’ETS1 che è attualmente in vigore. Il programma respinge anche il divieto di vendita e produzione di automobili con motore a combustione dal 2035, e definisce, più in generale, gli obiettivi ambientali europei come “irrealistici”. Sulle politiche migratorie, la coalizione promette un approccio di “tolleranza zero” sugli ingressi irregolari e si impegna a respingere il Patto europeo di migrazione e asilo.
A fare da cornice, l’annuncio di un rilancio della cooperazione di Visegrád (V4) – l’alleanza tra Repubblica ceca, Ungheria, Polonia e Slovacchia che in Europa aveva agito come un blocco unitario, soprattutto sul tema della lotta all’immigrazione, negli anni in cui Mateusz Morawiecki fu primo ministro polacco, tra il 2017 e il 2023, e del gruppo rappresentò il fratello maggiore. “V4” si è spezzata dopo l’invasione su vasta scala dell’Ucraina, quando le posizioni esplicitamente filorusse dell’Ungheria di Orbán si sono scontrate prima con quelle della Slovacchia (che, però, si è allineata all’Ungheria con l’elezione di Robert Fico nell’autunno del 2023), e poi soprattutto con la linea di netta difesa di Kyiv della Polonia.
La menzione del gruppo Visegrád nella dichiarazione programmatica del futuro governo ceco dà linfa alle ambizioni coltivate da Budapest. Intervistato da Politico, il direttore politico del primo ministro ungherese Balázs Orbán ha detto che la vittoria di Babiš in Repubblica ceca riaccende le speranze per una nuova “V3” (ora senza la Polonia), che possa mostrarsi compatta in Consiglio europeo. “Funzionò benissimo durante la crisi migratoria”, ha detto Orbán riferendosi all’alleanza, che ora può cementarsi nuovamente sulla fine del sostegno all’Ucraina. Nella campagna elettorale che lo ha condotto alla vittoria, Babiš ha annunciato di voler interrompere il programma di acquisto di proiettili di artiglieria destinato all’Ucraina e guidato proprio dalla Repubblica ceca, e si è detto contrario all’ingresso di Kyiv nell’Unione europea. Su questo sarà cruciale la vigilanza del presidente della Repubblica Petr Pavel che, alla vigilia delle elezioni, aveva ricordato come la libertà e la sicurezza del paese, e dell’Europa, non fossero scontate.
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