Charlie Kirk, anche da morto fa paura alla sinistra americana (forse più di prima)
- Postato il 12 ottobre 2025
- Di Panorama
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L’assassinio di Charlie Kirk ha sconvolto gli Stati Uniti. Oltre all’omicidio in sé, a suscitare impressione è stato il fatto che l’attivista conservatore sia stato ucciso mentre, impugnando un microfono, stava tenendo un dibattito pubblico in un campus universitario. Kirk era del resto noto per i suoi incontri dialettici, significativamente intitolati «Dimostrami che ho torto»: un format in cui sfidava pubblicamente le persone a confutare le sue idee conservatrici in materia di politica, cultura e religione. Non solo. Kirk era anche assai attivo dal punto di vista mediatico. In particolare, teneva un programma radiofonico molto popolare, il Charlie Kirk Show.
Odio e intolleranza dopo la morte
Ora, quello che lascia perplessi è la valanga di odio che l’attivista si è attirato, prima e dopo la sua morte, da vari settori del mondo progressista. C’è stato chi ha lasciato intendere che la pallottola al collo se la sia andata a cercare, chi ha esultato e chi, pur esprimendo una condanna di comodo dell’omicidio, ha comunque gettato sulla vittima la responsabilità di quanto accadutole. È quindi utile domandarsi il motivo di questo astio verso Kirk. Un conto è infatti legittimamente non condividere le sue idee politiche; altro conto è il veleno gratuito che gli è stato scaraventato addosso.
Un clima di intolleranza crescente
Una prima spiegazione plausibile è il crescente clima di intolleranza che, ormai da anni, caratterizza ampi strati del mondo progressista americano. Ricordiamo, per esempio, che nel 2022, a seguito della sentenza della Corte Suprema che cassò Roe v. Wade, vari attivisti liberal pro aborto vandalizzarono chiese e centri per le nascite. Inoltre, anziché limitarsi a esprimere dissenso per la scelta della maggioranza dei giudici, molti esponenti del Partito democratico arrivarono a delegittimare la Corte Suprema stessa.
Dalle aule universitarie alla Casa Bianca
Tuttavia attenzione: se l’intolleranza è uno dei motivi alla base dell’odio progressista nei confronti di Kirk, non è probabilmente né l’unico né il più profondo. Sì, perché la star del Web era molto di più di un semplice attivista con la passione della dialettica: era soprattutto un formidabile organizzatore. Nel 2012, appena diciannovenne, fondò Turning Point Usa insieme al businessman conservatore Bill Montgomery. Questa sigla, il cui obiettivo era quello di promuovere le idee conservatrici nelle scuole e nei campus universitari, è riuscita sin da subito ad attrarre facoltosi finanziatori, crescendo rapidamente.
La svolta arrivò con le elezioni presidenziali del 2016, quando la candidatura di Donald Trump irruppe sulla scena politica americana. Dopo iniziali diffidenze, Kirk divenne uno dei suoi più efficaci alleati, guidando il progetto «Students for Trump» nella campagna del 2020 e contribuendo in modo decisivo alla riconferma del magnate nel 2024.
Turning Point, il laboratorio della nuova destra
L’organizzazione di Kirk è stata uno dei principali artefici del successo di Trump tra i giovani. In alcuni Stati chiave – Michigan, Pennsylvania, Wisconsin – il tycoon ha guadagnato margini significativi proprio grazie al lavoro sul campo dei ragazzi di Turning Point. Secondo una rilevazione di Decision Desk HQ, un numero crescente di maschi della Generazione Z si sta oggi schierando con il Partito repubblicano: un trend che preoccupa i dem e alimenta il risentimento nei confronti di Kirk.
Fede e politica: il nuovo volto della destra cristiana
Negli ultimi anni, l’attivista assassinato si era avvicinato alla religione. Nel 2021 fondò, insieme al pastore Rob McCoy, Turning Point Usa Faith, per favorire la partecipazione al dibattito pubblico di cristiani, chiese e ministri religiosi. «Amici, ricordiamo Charlie Kirk come un apostolo del discorso civile e come un uomo che amava Gesù Cristo», ha dichiarato il vescovo cattolico Robert Barron.
Kirk cercava di rinnovare la destra religiosa, superando la chiusura tradizionale dell’evangelismo politico. In un confronto pubblico con un giovane gay disse: «Benvenuto nel movimento conservatore. Non sei definito dalla tua attrazione sessuale, sei un essere umano completo».
L’eredità di un comunicatore carismatico
Durante il funerale del marito, la vedova Erika Kirk, nuova Ceo dell’associazione, ha promesso di proseguire l’opera del fondatore: «Tutto ciò che abbiamo costruito lo renderemo dieci volte più grande grazie al potere della sua memoria».
Il suo messaggio è chiaro: difendere il Primo emendamento, il diritto di parola e di fede, oggi al centro del conflitto culturale americano.
Un’eredità che fa paura ai progressisti
Kirk è stato uno dei principali strategi della nuova egemonia conservatrice, in un’America dove il dominio culturale liberal appare sempre più fragile. Le falsità diffuse sull’assassino – inizialmente dipinto come un estremista trumpiano, poi rivelatosi un militante liberal – mostrano quanto la figura di Kirk resti divisiva.
La sua morte, paradossalmente, rischia di renderlo un simbolo ancora più potente: il martire di una battaglia politica e culturale che, a quanto pare, è tutt’altro che finita.