Cento anni di Route 66: ecco tutto quello che c’è da sapere sulla strada più leggendaria d’America

  • Postato il 15 novembre 2025
  • Di Panorama
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C’erano una volta otto corsie di asfalto e una promessa: la libertà. La Route 66, inaugurata l’11 novembre del 1926, non era solo una strada. Era la linea che univa l’Est e l’Ovest, Chicago e Santa Monica, la povertà della Dust Bowl e la speranza di una nuova vita. Cent’anni dopo, quella stessa linea continua a vibrare di storie, musica e odore di benzina. È l’immagine più pura di un’America che non ha mai smesso di sognare: quella che attraversa deserti infiniti, città fantasma, stazioni di servizio abbandonate e diner che sembrano set cinematografici congelati nel tempo.

Nel 2026, gli Stati Uniti si preparano a celebrare la sua nascita con eventi, mostre e restauri lungo tutto il percorso. Brand USA, insieme al Dipartimento dei Trasporti e al segretario Sean Duffy, ha dato il via alla campagna Great American Road Trip: un itinerario che riunisce oltre 250 luoghi simbolo, dalla maestà dei Grandi Laghi alle sabbie del Mojave, per restituire alla Route 66 la sua anima più autentica — quella della scoperta, dell’attesa e del movimento.

Fred Dixon, presidente e CEO di Brand USA, ha riassunto così il senso dell’iniziativa: “La Route 66 è parte integrante della storia americana. Da quasi un secolo collega persone, luoghi ed esperienze che rappresentano l’anima degli Stati Uniti. È una strada che non si limita a collegare due coste, ma due modi di vivere, due visioni di libertà.”

Cento anni di Route 66: ecco tutto quello che c’è da sapere sulla strada più leggendaria d’America
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Le tappe del mito

Il viaggio comincia a Chicago, all’incrocio tra Jackson Boulevard e Michigan Avenue, dove un semplice cartello bianco e nero segna l’inizio della leggenda. Da qui parte il pellegrinaggio verso ovest, attraversando otto stati e tre fusi orari. La prima tappa è Pontiac, in Illinois, dove il Route 66 Hall of Fame and Museum conserva vecchie fotografie, motociclette lucide come specchi e memorabilia di ogni epoca. All’esterno, il gigantesco murale del cartello Route 66 accoglie i viaggiatori come un portale simbolico verso l’America più profonda.

In Missouri, la Mother Road diventa un concentrato di bizzarrie e record: qui si trovano la sedia a dondolo più grande del mondo e la seconda forchetta più grande a Springfield, simboli dell’ironia tutta americana e della voglia di stupire anche con le cose più quotidiane. Ogni curva nasconde una sorpresa, come i diner che servono hamburger dal 1935 o le insegne al neon ancora perfettamente funzionanti.

Il tratto del Kansas, seppur breve, è una gemma di autenticità. Poco più di venti chilometri bastano per attraversare il Rainbow Bridge, un elegante ponte ad arco degli anni Venti, e fermarsi al Baxter Springs Heritage Center & Museum, dove la polvere del tempo sembra ancora sospesa tra i reperti minerari e le foto in bianco e nero dei pionieri.

In Oklahoma, la storia diventa museo. Al Route 66 Museum di Clinton si viaggia indietro nel tempo, tra le voci della radio e le melodie di una jukebox che raccontano la vita di chi affrontò la strada durante la Grande Depressione. Le installazioni fanno rivivere le giornate dei migranti in cerca di futuro, i sogni sospesi e la speranza di chi percorreva la “Mother Road” in direzione California. Poco più avanti, a Catoosa, la celebre Blue Whale, una balena blu gigante costruita negli anni Settanta per i bambini del posto, è diventata un’icona pop della Route. A Luther, invece, la Threatt Filling Station, costruita nel 1915 e gestita da una famiglia afroamericana, rappresenta una delle storie più significative della Route 66: un rifugio sicuro per i viaggiatori neri durante gli anni della segregazione, oggi restaurata e inserita tra i luoghi storici più preziosi del Paese.

Nel Texas, la Route 66 diventa una tela d’artista. A Amarillo, dieci Cadillac colorate affondate nel terreno come in un miraggio futurista formano il celebre Cadillac Ranch, opera di Land Art degli anni Settanta che continua ad attirare turisti e fotografi da tutto il mondo. Il Route 66 Auto Museum di Santa Rosa, nel New Mexico, è invece un tempio per gli amanti dei motori: decine di auto d’epoca restaurate, lucide come il sogno americano stesso.

Nel New Mexico, il mito incontra la tecnologia con il nuovo West Central Route 66 Visitor Center di Albuquerque, una struttura futuristica di 2.000 metri quadrati dove le insegne al neon dialogano con la realtà aumentata. Il progetto artistico “Route 66 Remixed”, nato in collaborazione con il collettivo Meow Wolf, trasforma la storica Central Avenue in un viaggio sensoriale tra sculture, proiezioni e installazioni digitali che celebrano la creatività locale. È una Route 66 2.0: la strada che un tempo rappresentava il futuro, oggi lo reinventa.

L’Arizona è il cuore mistico del viaggio. Qui la Route attraversa il Petrified Forest National Park, dove il deserto custodisce tronchi di alberi pietrificati di 200 milioni di anni. Ogni pietra racconta la storia di un mondo preistorico congelato nel tempo, mentre poco più avanti, a Winslow, un cartello cita gli Eagles e la loro “Take It Easy”: “Well, I’m standin’ on a corner in Winslow, Arizona…” — una frase diventata leggenda. A Kingman, invece, il Route 66 Electric Vehicle Museum ripercorre l’evoluzione della mobilità americana, dal rombo dei V8 alle auto elettriche, in un perfetto cerchio di modernità e memoria.

Infine, la California, con l’arrivo al Santa Monica Pier, segna la fine del sogno e l’inizio della nostalgia. Il molo, illuminato dal sole del Pacifico, ospita l’insegna “End of the Trail”: il punto più fotografato della costa ovest. Prima di raggiungerlo, vale una sosta a San Bernardino, nel museo dedicato al primo McDonald’s della storia, e all’Elmer’s Bottle Tree Ranch, un giardino surreale fatto di bottiglie di vetro che tintinnano al vento del deserto. Santa Monica, con la ruota panoramica e l’oceano che si tinge d’oro al tramonto, è il traguardo simbolico di un secolo di strade e di sogni.

Soggiorni che raccontano storie

Dormire lungo la Route 66 significa diventare parte del suo racconto. Non si tratta solo di una notte in un motel: è un’esperienza di cinema e memoria, un rito collettivo che unisce i viaggiatori di tutto il mondo.

A Holbrook, in Arizona, il Wigwam Motel — con le sue camere a forma di tepee — è un’icona assoluta del turismo americano anni Cinquanta. Ogni bungalow è una capsula del tempo, decorata con mobili vintage e auto d’epoca parcheggiate davanti. Le luci al neon accese al tramonto rendono l’atmosfera quasi sacra, come se Elvis potesse davvero arrivare da un momento all’altro con la radio accesa.

A Flagstaff, l’Americana Motor Hotel reinterpreta lo spirito del road trip con un tocco di lusso contemporaneo: arredi rétro-futuristici, piscina riscaldata, bracieri sotto le stelle e un ristorante messicano che profuma di lime e tequila.

In Oklahoma City, il Colcord Hotel, situato nel primo grattacielo della città, fonde l’eleganza del 1910 con i comfort del XXI secolo. Le stanze raccontano il sogno americano nella sua versione più raffinata, mentre l’insegna al neon di Mrs. Colcord continua a brillare come simbolo di indipendenza femminile. Poco distante, The National, Autograph Collection restituisce splendore a un ex edificio bancario del 1931, trasformando caveau e sportelli in spazi per eventi e suite di lusso.

A Tulsa, il Campbell Hotel è un inno all’estetica Art Déco, con camere a tema che raccontano la storia del petrolio, della musica country e dell’America dorata degli anni ’30.
A Amarillo, in Texas, il Barfield, Autograph Collection combina design contemporaneo e charme del Sud: pavimenti in legno scuro, accappatoi in lino, prodotti da bagno di lusso e un jazz bar nascosto nel seminterrato dove il tempo si ferma.

Il gusto dell’America vera

Ogni road trip ha la sua colonna sonora, ma la Route 66 ne ha anche un profumo: quello di pancetta sfrigolante, caffè filtrato e benzina appena versata.

A Chicago, il Lou Mitchell’s serve colazioni da oltre un secolo. Era aperto prima ancora che la Route esistesse, e i suoi donut holes — piccoli bignè fritti offerti all’ingresso — sono una dichiarazione d’intenti: qui l’accoglienza è una religione.

A Tulsa, il Mother Road Market rappresenta la nuova generazione del cibo on the road. È l’unica food hall no profit dell’Oklahoma, dove i viaggiatori possono assaggiare di tutto: sushi giapponese, piatti africani, tacos brasiliani e specialità cajun, in un’atmosfera vivace e colorata che mescola street food e design industriale.

Il Rock Café di Stroud, fondato nel 1939 e distrutto da un incendio nel 2008, è tornato a vivere grazie alla determinazione della sua proprietaria, Dawn Welch, che ha ispirato la Pixar per il personaggio di Sally in Cars. Ogni cliente che entra qui sa di trovarsi in un luogo dove la finzione e la realtà si intrecciano in perfetta armonia.

A Seligman, il Delgadillo’s Snow Cap Drive-In è una sosta obbligata: hamburger, frappè e battute di spirito servite con la stessa leggerezza con cui si vive il viaggio. Mentre a Victorville, in California, il Emma Jean’s Holland Burger Café porta avanti dal 1947 le ricette originali di famiglia, tra aromi di cipolla caramellata e nostalgia di un tempo che non tornerà.

E infine, quando la strada finisce e il mare si apre, c’è il Mel’s Drive-In a Santa Monica. Lì, davanti al murale “California 66”, si chiude il cerchio: i piatti di diner, le insegne color pastello, i jukebox che suonano “Born to Be Wild”. La fine ufficiale del viaggio, ma non della leggenda.

Una strada che è diventata mito

La Route 66 non è solo un percorso di 3.940 chilometri. È una poesia d’asfalto, un archivio vivente di ciò che l’America è stata e vuole ancora essere. È la strada dei sogni, dei disadattati, dei romantici e dei ribelli. Ogni suo miglio racconta un pezzo di Storia: i migranti della Grande Depressione, gli hippie negli anni Sessanta, le coppie in luna di miele, gli influencer con la GoPro. Tutti uniti dalla stessa idea di libertà, dalla stessa voglia di non fermarsi mai.

A un secolo dalla sua nascita, la “Mother Road” continua a insegnare che la destinazione conta meno del viaggio. E che, forse, la vera America non si trova nelle metropoli, ma nel suono costante delle ruote sull’asfalto caldo, tra un tramonto e un cartello sbiadito che dice ancora: Get your kicks on Route 66.

Autore
Panorama

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