Cecilia Sala libera, un successo rapido con un prezzo da pagare
- Postato il 9 gennaio 2025
- Notizie
- Di Quotidiano del Sud
- 2 Visualizzazioni
Il Quotidiano del Sud
Cecilia Sala libera, un successo rapido con un prezzo da pagare
Dopo venti giorni in isolamento nel carcere di Evin, è atterrata ieri a Roma, il “caso Sala” mette a nudo vari “buchi neri” (e un prezzo da pagare), tra cui il deficit informativo della nostra intelligence. E intanto si parla sempre più di una “triangolazione di interessi” Italia-Usa-Iran, con favori economici al regime degli ayatollah
Un golfino blu, un giaccone verde, gli occhiali infilati nel collo del maglione e quel sorriso stanco, stremato per i venti giorni in isolamento nel carcere di Evin, ma pur sempre pieno di futuro. L’aereo della Presidenza del Consiglio che riporta Cecilia Sala in Italia atterra a Ciampino alle 16 e 19 minuti. La giornalista scende le scalette dell’aereo da sola e corre ad abbracciare il suo compagno, Daniele Raineri, collega, che la stringe in un abbraccio gonfio di emozioni, paura e gioia.
L’incontro con Giorgia Meloni, regista della sua liberazione, è una manciata di minuti dopo, nella palazzina arrivi, blindata e vietata a giornalisti e telecamere. «Adesso devi solo stare serena, non dire nulla. Sono qui solo per ringraziarti e dirti che sei stata forte» le parole della premier.
Lì ci sono anche il vicepremier Tajani, il sindaco di Roma, Gualtieri, il padre e la madre che aspettavano questo momento dalla sera del 19 dicembre, quando Cecilia diventò irreperibile a Teheran. Poi la giornalista, secondo la prassi, è stata sentita dal Ros dei carabinieri per il debriefing finale sui venti giorni di prigionia e. soprattutto, sui giorni immediatamente precedenti al suo arresto.
C’è sempre una quota top secret in queste liberazioni. La storia e la soluzione del suo arresto è un puzzle che deve ancora completarsi e di cui nulla può essere trascurato perché una volta messa in salvo Cecilia sono tanti gli interessi commerciali e diplomatici correlati alla soluzione del caso.
I MOMENTI CHIAVE
Sappiamo che la svolta c’è stata il 4 gennaio, quando la premier ha deciso di prendere in mano il dossier e gestirlo a modo suo: andando in Florida, nella residenza di Trump, quel giorno stesso, per trattare di persona il prezzo e le condizioni del rilascio. Da quel giorno, come era stato spiegato alla madre in via riservata, motivo per cui era stato chiesto il silenzio stampa, è stata avviata, spiegano fonti vicino al dossier, «una trattativa su più canali» che puntava a una «soluzione in tempi brevi, comunque prima del 20 gennaio», momento dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca.
Un altro momento di alta tensione era stato martedì 7 gennaio: Cecilia era stata spostata in una cella con un’altra detenuta e il ministero degli Esteri iraniano aveva fatto notare che «non c’era alcun rapporto tra l’arresto di Sala e quello dell’ingegnere Abedini», fermato in Italia il 16 dicembre su mandato di Washington con l’accusa di terrorismo.
Lunghissima la notte tra martedì e mercoledì, fino all’alba, quando è arrivata la notizia della liberazione e il volo della Presidenza del Consiglio è potuto partire per portare a casa Cecilia con a bordo il capo dell’Aise, Gianni Caravelli.
La notizia in Italia arriva direttamente da palazzo Chigi alle 11 e 24 minuti, le 14 in Iran: «È decollato pochi minuti fa da Teheran l’aereo che riporta a casa la giornalista Cecilia Sala». La gioia corre in tutto il Paese. La politica si unisce in modo bipartisan nei ringraziamenti. Con qualche leggera differenza: i Fratelli d’Italia esaltano il successo della premier fino quasi alla santificazione («nessuno è solo nell’Italia di Meloni»), Forza Italia sottolinea «il successo della squadra Italia», Matteo Salvini dice «bentornata» a Cecilia Sala «liberata». Le opposizioni dicono «grazie al governo e a tutto il Paese che ha saputo restare unito».
IL CAPITOLO ABEDINI
Ancora molto ci sarà da dire su questa operazione. Si attende ad horas la liberazione, magari “solo” gli arresti domiciliari, dell’ingegnere iraniano Mohammed Abedini. È chiaro -– lo dice anche la stampa Usa – che ci sarà lo scambio che molti proveranno a negare e che dovrà avvenire entro il 20 gennaio, prima che Trump assuma il comando della Casa Bianca, in tempo per scaricare accuse e polemiche interne (Abedini ha un mandato di cattura per terrorismo del tribunale del Massachusetts) sull’amministrazione in uscita, che è quella di Biden. Che arriverà in Italia domani per il suo ultimo viaggio di Stato. Cecilia “liberata” da Biden con il silenzio assenso di Trump.
È corretto, pur nel momento della gioia, ragionare sul prezzo che il sistema Paese ha già pagato e dovrà pagare. Sui buchi neri che il caso Sala ha messo a nudo. Almeno tre: il deficit informativo della nostra intelligence; il cambio di paradigma dei tradizionali canali diplomatici, saltati per fare spazio alla diplomazia “sovranista” per qualcuno, “pragmatica per altri”, delle pacche-sulla-spalla, quella utilizzata da Trump e accettata da Meloni; l’accentramento di potere e di responsabilità sulla premier che alla fine scavalca tutti, diplomazia, intelligence e Farnesina e fa da sola.
CECILIA SALA LIBERA E IL PREZZO DA PAGARE: I BUCHI NERI
Il primo buco nero, il deficit informativo della nostra intelligence e dei vari apparati coinvolti, è una voragine. Nel senso che l’arresto di Cecilia Sala poteva e doveva essere evitato. Il mandato di arresto Usa per Abedini arriva per i canali Interpol, della polizia giudiziaria, il 13 dicembre. L’arresto va a buon fine e avviene all’aeroporto di Malpensa il 16 mattina. Cecilia viene prelevata in albergo il 19 mattina, il giorno prima di tornare in Italia. Diplomazia e intelligence occidentali sanno bene che il regime degli ayatollah usa da sempre il ricatto degli ostaggi per ottenere altre contropartite.
In questo contesto, poi, segnato dall’isolamento e dalla debolezza del regime, doveva scattare immediata la reazione di mettere in salvo, quanto meno allertare, i possibili target italiani in Iran. E cosa meglio di una giovane donna giornalista? Dal 13 al 19 dicembre è stato invece un flop. Le dimissioni anticipate di Elisabetta Belloni dal vertice del Dis si spiegano anche così.
CECILIA SALA LIBERA E IL PREZZO DA PAGARE: IL VIAGGIO DI MELONI IN USA
Anche il volo di Meloni a Mar-o-lago e l’incontro festaiolo con Trump («Meloni mi è venuta a trovare, è venuta qui a cena») è un precedente giustificabile, ma grave. Il principio machiavellico del fine che giustifica i mezzi non basta a spiegare. Spiazza l’Europa, la Farnesina, il ministro degli Esteri, la diplomazia e anche l’intelligence. Fa sì che Trump possa giocare a Risiko e dire «invaderò la Groenlandia», che è territorio danese, e quindi Europa, e che da Bruxelles si faccia finta di non sentire.
Si parla di una “triangolazione di interessi” Italia-Usa-Iran dietro la liberazione della giornalista. Si allude a favori di tipo economico-commerciale al regime isolato e in difficoltà degli ayatollah. A un accordo con il presidente moderato Masoud Pezeshkian. Un accordo con uno dei Paesi dell’asse del male: Russia, Cina, Iran e Corea del nord. Ma oggi è il momento della gioia. Ben tornata Cecilia.
Il Quotidiano del Sud.
Cecilia Sala libera, un successo rapido con un prezzo da pagare