C’è chi spia la gente su Instagram e chi invece si intrufola nei suoi conti correnti

  • Postato il 16 ottobre 2024
  • Di Il Foglio
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C’è chi spia la gente su Instagram e chi invece si intrufola nei suoi conti correnti

Mi sbaglierò (tendo a farlo); ma stando a quanto leggo sui giornali, credo che trattare Vincenzo Coviello – il bancario di Bitonto che per quasi due anni ha spiato i conti correnti (anche) dei politici – come una vicenda di spionaggio e dossieraggio sia un equivoco o, come nel caso della premier, una paranoia sciocca o in malafede. Altro che accerchiamento nei confronti di Giorgia Meloni (gli unici ad accerchiare la premier sono gli incompetenti e le mezze calzette, ma di questi scappati di casa ci si è circondata lei da sola): il Coviello ha spiato ben tremilacinquecento persone, mica solo la leader di Fratelli d’Italia. E le più disparate: oltre a Meloni (e, per restare in zona: Marta Fascina, Mario Draghi, Enrico Letta, Massimo D’Alema, Giuliano Amato, Gianfranco Fini, Ignazio La Russa, Matteo Renzi; insomma Coviello è un vero pluralista), sono stati spiati i conti anche di Carlo Verdone, Flavio Briatore, Noemi Bocchi, Antonello Venditti, Paolo Bonolis, Francesca Pascale, Rita Dalla Chiesa, Paola Turci, Valeria Marini, Adriano Celentano, Alessandro Gassman, Maurizio Costanzo, persino Maradona – da notare che hanno o avevano tutti quanti il conto con Intesa Sanpaolo: più che una banca è un privé. Ma non solo: Coviello spiava anche i conti di colleghi, parenti, conoscenti.

   

Diciamoci la verità: Coviello andava sui conti correnti della gente come la gente va su Instagram. Cioè per farsi i cazzi degli altri: per voyeurismo, certo; ma soprattutto per noia – quando vai a vedere quanti soldi ha sul conto Paola Turci devi essere proprio annoiatissimo. Infatti Coviello “andava a spiare” i conti altrui mentre era in ufficio invece di lavorare, alle volte anche solo per cinque minuti; esattamente come tutti noi, che durante l’orario di lavoro ogni tanto andiamo sui social – qualcuno persino sui profili di Paola Turci. Quando andiamo su Instagram, lo facciamo per vedere le vite degli altri – dei parenti, degli amici, e dei vip o dei politici: per vedere cosa si possono permettere, quanti soldi hanno e come li spendono, per invidiarli o biasimarli. Siamo tutti Coviello, nel nostro piccolo. Con una differenza: sui conti correnti non ci sono i filtri come su Instagram per togliere i difetti, cancellare i debiti come fossero occhiaie, ridurre gli scoperti come fossero rughe; sul conto corrente c’è la realtà senza infingimenti, e sotto forma di freddi numeri, niente tramonti o piatti di carbonara o musiche di sottofondo. Su Instagram si possono raccontare vite fasulle e ostentare ricchezze che non si hanno – c’è anche chi ostenta la povertà, il bustone del discount o la gonna presa a 2 euro su una bancarella, volgare quanto sfoggiare un Rolex; mentre sul conto corrente c’è la verità, cioè il rosso, lo scoperto, le rate del mutuo.

  

Coviello ha sbagliato, ha scambiato il sistema informatico dell’istituto bancario per cui lavorava per un social network; ma ha visto le nostre vite vere, è uscito dalla caverna di Platone dei social, e le ragioni che sono dietro a questo suo gesto, spesso compulsivo, mi paiono le più banali, le più contemporanee, le più umane  – per come si è ridotta oggi l’umanità. Anzi, mi si permetta di spezzare una lancia: almeno ciò che Coviello vedeva poi lui non lo commentava. Un comportamento apprezzabile, che dovremmo tutti imitare quando andiamo su Instagram.

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Autore
Il Foglio

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