Caso Paragon, spiato l’ex responsabile comunicazione Pd Nicodemo

  • Postato il 6 novembre 2025
  • Politica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Mentre lavorava alle campagne elettorali del centrosinistra, aveva nel telefono lo spyware di Paragon. C’è un nuova persona il cui smartphone è stato “infettato” dal malware Graphite della società israeliana, usato dai servizi segreti italiani. Fondatore dell’agenzia Lievito, Francesco Nicodemo ha un passato da dirigente della Sinistra Giovanile e del Partito Democratico, di cui è stato il responsabile nazionale della comunicazione tra il 2013 e il 2014, durante l’era di Matteo Renzi, che seguì anche a Palazzo Chigi. Poi la decisione di mettersi in proprio: segue aziende private, istituzioni e anche diversi candidati alle elezioni.

È stato il deus ex machina le campagne di Andrea Orlando in Liguria, Stefania Proietti in Umbria, Vittoria Ferdinandi quando è diventata sindaca di Perugia e, recentemente, Matteo Ricci nelle Marche. Durante molte di queste avventure, aveva il proprio cellulare infettato da Paragon, lo stesso usato per spiare l’attivista Luca Casarini, Giuseppe Caccia e don Mattia Ferrara, Roberto D’Agostino, il giornalista di Fanpage Ciro Pellegrino e il direttore della stessa testata Francesco Cancellato. Lo ha scoperto tempo fa, ma finora non l’aveva mai raccontato. Adesso la sua storia è contenuta nel libro dello stesso Cancellato, “Il nemico dentro, Caso Paragon, spie e metodi da regime nell’Italia di Giorgia Meloni”, in uscita per Rizzoli l’11 novembre: “Ero a Vienna, con la mia compagna. A un certo punto mi è arrivato questo messaggio su WhatsApp, l’ho letto rapidamente e ho pensato che fosse un phishing, una truffa. E quindi l’ho proprio ignorato”.

Poi le chiamate e i messaggi dalla Citizen Lab, fino a quando ha capito, spiega, che “non era una cazzata”. Ma fin al suo racconto contenuto nel libro, anticipato da Fanpage, non ne aveva mai parlato pubblicamente: “Io non sono un politico, non sono un attivista e non sono neanche un giornalista. Mi occupo di comunicazione, lo faccio con le aziende, lo faccio con le istituzioni, lo faccio con la politica. Mi sono sempre detto: non sono così importante. Mi sembra quasi di essere un mitomane a star dentro a questa roba”. E poi: “Perché io ancora oggi non ho capito perché sono stato spiato: non mi sono mai occupato di politiche migratorie, non faccio il giornalista. Perché proprio io?”.

Forse perché lavorava a stretto contatto con persone di spicco dell’opposizione, oltretutto in momenti chiave per gli equilibri locali tra centrodestra e centrosinistra? “Questa cosa mi ha risuonato in testa dal giorno zero. Però non volevo diventare uno strumento di propaganda, spiattellato sui giornali, non volevo prestarmi a strumentalizzazioni, non volevo che una vicenda che non mi è chiara diventasse un argomento politico”. Nicodemo confida poi di non aver compreso immediatamente la gravità: “Pensavo fosse il classico attacco un po’ casuale, una specie di pesca a strascico in cui ero finito in mezzo per caso. Poi ho capito che a essere bersaglio di questo tentativo di spionaggio, in Italia, eravamo davvero in pochi. E ho iniziato a preoccuparmi davvero”.

Anche perché nei mesi precedenti alla scoperta si era occupato di molte campagne elettorali di esponenti di centrosinistra sia per le elezioni locali che a Bruxelles, dove Lievito ha contribuito al successo di Lucia Annunziata e Matteo Ricci: quindi spesso c’erano stati contatti con la segreteria del Partito Democratico. “Nelle conversazioni che potrebbero aver scaricato dal mio telefono ci sono i messaggi di tanti candidati e di tanti parlamentari. Noi lavoriamo alla comunicazione digital dei gruppi parlamentari del Pd. Oltre al fatto che se anche ho smesso con la politica attiva, il Pd è la mia famiglia di origine e con moltissimi dirigenti, parlamentari, sindaci ho rapporti personali consolidati da decenni”.

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Il Fatto Quotidiano

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