Caso Paragon, l’esposto di Casarini: “Vogliamo sapere quale apparato dello Stato ha spiato i cittadini”

  • Postato il 10 febbraio 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
  • 1 Visualizzazioni

Luca Casarini, il fondatore della Ong Mediterranea che ha scoperto di essere spiato dal software della società israeliana Paragon il 31 gennaio, lunedì mattina depositerà un esposto in procura: gli avvocati Fabio Lanfranca e Sara Romano chiederanno di appurare se ci siano colpe dello Stato in quanto accaduto e se le motivazioni che abbiano spinto a mettere in atto questo controllo siano legate alle posizioni politiche del loro assistito. Il software infatti è stato concesso solo a 37 governi del mondo e solo per antiterrorismo e sicurezza nazionale, circostanze che in questo caso, a quanto confermato da Palazzo Chigi che ha subito preso le distanze, sono del tutto assenti: “Questa mattina con la collega Serena Romano depositeremo a Palermo la denuncia di Luca Casarini per violazione dell’art. 615 ter c.p.”, dice Lanfranca al Fatto quotidiano.

Il reato ipotizzato è quello di accesso abusivo a sistema informatico, punito con la reclusione da due a dieci anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso di poteri: “Chiediamo che venga accertato quale apparato dello Stato si sia spinto fino al punto di usare armi di spionaggio contro i propri cittadini”, prosegue il legale, “chiediamo di conoscere se questa attività sia connessa alle opinioni politiche del nostro assistito e se abbia ricevuto un vaglio giurisdizionale preventivo”. In uno Stato di diritto, conclude Lanfranca, “nessuno può considerarsi al di sopra della legge e non può esistere ragion di Stato che non rispetti scrupolosamente i principi del nostro ordinamento costituzionale”.

Casarini ha scoperto, insieme ad altri attivisti della Ong – “più di due”, si limita a raccontare lui stesso -, e al direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, di essere stato infettato dal software della società in seguito a una comunicazione ufficiale giunta da parte di Meta, la società che gestisce il servizio di messaggistica WhatsApp, che lo ha avvisato circa quanto stava accadendo nel suo telefono. Palazzo Chigi, riportando che i soggetti coinvolti sarebbero in tutto sette, da subito ha rigettato ogni coinvolgimento appena emersa la notizia, tuttavia il software di Paragon usato per le attività di controllo, Graphite, è stato certamente acquistato dal governo italiano, e sarebbe stato in uso a un’agenzia di polizia e a una componente della nostra intelligence.

La società, dopo quanto emerso, a quanto riportato dal quotidiano israeliano Haaretz, avrebbe rescisso il contratto con i due clienti. Le principali procure italiane, come raccontato dal Fatto, hanno negato l’impiego del software, il che escluderebbe la polizia di Stato che segue le disposizioni della magistratura. La delegazione del Partito democratico del Parlamento europeo alle 18 di lunedì ha organizzato una conferenza stampa con il direttore di fanpage.it e Casarini. Ci saranno anche i rappresentanti delle forze politiche di opposizione al governo Meloni in Italia: Sinistra Italiana, Verdi e Movimento 5 Stelle: “Per questo chiederemo alla Commissione Europea di fare chiarezza”, ha detto l’eurodeputato del Sandro Ruotolo. In Italia, sul fronte parlamentare sono già arrivate le interrogazioni di Azione e Avs e martedì è atteso al Copasir il direttore dell’Aise, Giovanni Caravelli. A quanto confermato al Fatto dai parlamentari, il tema sarà sollevato in sede di audizione.

Casarini al momento, su indicazione di Meta, ha affidato il suo dispositivo a Citizen Lab, un ente dell’università di Toronto che sta approfondendo a cosa e come abbia avuto accesso all’attività del fondatore di Mediterranea. Lo spyware non funziona come il classico “phishing”, non necessita di click, e sarebbe arrivato sullo smartphone di Casarini e degli altri sei soggetti tramite un pdf o un’immagine. Quando viene così installato senza che il proprietario lo sappia, può raccogliere dati, accedere al microfono, monitorare la posizione, registrare le chiamate e attivare la fotocamera. Vista la sua “silenziosa” pervasività, Casarini al momento non è riuscito a ricostruire nemmeno da quando sia stato sottoposto a questo controllo.

L'articolo Caso Paragon, l’esposto di Casarini: “Vogliamo sapere quale apparato dello Stato ha spiato i cittadini” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Autore
Il Fatto Quotidiano

Potrebbero anche piacerti