Caritas Torino, l’allarme per il crollo delle donazioni: “Chi aiutava non riesce più a farlo. Il 30% di chi si rivolge a noi lavora”

  • Postato il 16 dicembre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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“Molte delle persone che prima donavano ora non riescono più a farlo”. È questa una delle tre motivazioni principali del dimezzamento delle donazioni alla Caritas di Torino. E ora anche chi prima aiutava inizia ad avere bisogno. A dirlo è Pierluigi Dovis, direttore dell’ente, in un’intervista al Corriere. Le donazioni “sono la metà rispetto al pre-Covid, quando raccoglievamo anche 600mila euro. Oggi ci fermiamo a 300mila“. E nonostante il Natale, la situazione non migliora. Durante le feste aumentano solo i volontari, non gli introiti. “Tutto ciò è bellissimo – dice Dovis – ma non basta”. Caritas a Torino ha dovuto tagliare sulle mense, e ora consegna solo cibo nelle parrocchie. E ha dovuto dire addio anche ad alcune funzioni come l’ufficio stampa.

A precipitare sono soprattutto le piccole donazioni, tipologia che va da pochi euro a 500 e che 35 anni fa erano “circa l’85%” degli introiti, che erano il doppio degli attuali. Le motivazioni per il direttore dell’ente sono sostanzialmente tre: aumento delle realtà che raccolgono fondi, diffidenza verso le raccolte e aumento della povertà. In più anni fa le persone da aiutare erano circa 400, “oggi sono 15mila“. Caritas Torino ha avviato l’utilizzo di altri strumenti come il sostegno psicologico e le donazioni di vestiti o piccoli arredamenti, ma “le esigenze maggiori riguardano il mantenimento della casa, dall’affitto alle utenze. Poi ci sono i bisogni alimentari, soprattutto dove c’è la necessità di cibo speciale” puntualizza Dovis. I cibi particolari sono soprattutto il latte per i bambini e i gli alimenti speciali degli anziani. Che necessitano – ma non solo loro – di medicine e visite mediche.

Davis dice che “oltre il 30% di chi si rivolge ai nostri centri di ascolto è composto da persone che non avevamo mai incontrato prima. Metà sono italiani, metà stranieri”. A colpire è il fatto che queste persone spesso non si trovino in difficoltà estrema, o in povertà assoluta, ma che stiano pian piano scivolando “da una condizione di normalità a una di difficoltà economica“. Ci sono i cosiddetti working poor, i lavoratori poveri. “Circa il 30% di chi si rivolge a noi lavora”, ha detto il direttore dell’ente al Corriere. Nel rapporto Caritas nazionale per il 2024 era il 23,5% degli assistiti ad avere un lavoro che non costituiva un fattore protettivo rispetto all’indigenza. E ci sono anche donatori che son diventati destinatari. “Qualcuno lo abbiamo intercettato”, conclude Dovis: “Ma si palesano poco per un senso di vergogna. Si tratta perlopiù di persone anziane”.

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