Carioti: la farsa del referendum sulla cittadinanza

  • Postato il 25 settembre 2024
  • Di Libero Quotidiano
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Carioti: la farsa del referendum sulla cittadinanza

Un referendum abrogativo può “tagliuzzare” una legge per far nascere una norma totalmente nuova, diventando quindi propositivo, cioè qualcosa che nell'ordinamento italiano non esiste? Il quesito per introdurre la concessione della cittadinanza facilissima agli stranieri (cinque anni di residenza legale in Italia e nulla di più, a beneficio immediato di oltre due milioni di immigrati), è ammissibile? Oppure, levando alcune parole da quella legge del 1992, la “manipola”, trasformandola in qualcosa di distantissimo dall'intento originario del legislatore, ragione per cui la Corte Costituzionale ha già dichiarato inammissibili numerosi referendum? Il prossimo ostacolo che incontrerà l'ultima iniziativa della sinistra è questo.

Il primo lo ha superato di corsa ieri, raggiungendo le 500mila firme necessarie per essere sottoposto all'attenzione della Consulta. Sei giudici delle leggi lo riterranno ammissibile, una domenica di primavera del 2025 gli italiani saranno chiamati ai seggi per votarlo. Nella stessa situazione ci sono i quesiti per abrogare l'autonomia differenziata e il “Jobs act” introdotto dal governo di Matteo Renzi. Tre referendum, due dei quali- quelli su cittadinanza e autonomia - rappresentano un attacco diretto al cuore del programma di governo. Da qui vuole partire il presunto «campo largo» per lanciare la sfida al centrodestra in vista delle prossime elezioni politiche.

 

 

 

Numeri alla mano, quest'ultima raccolta di firme segna l'inizio di una nuova epoca. Per far votare il quesito sulla cittadinanza il prossimo anno, assieme agli altri due (sempre che la Consulta li ammetta tutti), i promotori, partiti solo il 18 settembre, avevano tempo fino alla fine del mese: ce l'hanno fatta in appena sei giorni. «Potenza delle idee e dei testimonial vip», esultano i radicali di +Europa, capofila dell'iniziativa assieme ad altre sigle di sinistra e associazioni terzomondiste come il gruppo Abele. A fare la differenza, in realtà, è stata la norma che autorizza la raccolta online delle firme, introdotta nel settembre del 2022. Con questi presupposti (numero di firme relativamente basso, strumento digitale), attendiamoci ogni anno una pioggia di referendum.
A sinistra, intanto, si festeggia. Come hanno fatto ieri sera il verde Angelo Bonelli («Bisogna continuare a firmare, anche solo per vedere la destra sempre più in crisi di nervi»), la pd Laura Boldrini («Facciamo capire a questa maggioranza e a questo governo di ultradestra che c'è un'Italia che guarda al futuro con ottimismo») e tanti altri. Sulla loro strada, però, restano due grossi ostacoli.

Uno è il raggiungimento del quorum. Affinché il referendum sia valido, dovrà recarsi ai seggi la maggioranza degli elettori, cosa che dal 1997 ad oggi, in nove appuntamenti referendari, è accaduta solo una volta, nel 2011. Prima, però, lo stesso quesito dovrà superare un esame che si annuncia altrettanto arduo, anche per ammissione (a microfoni spenti) di diversi costituzionalisti di sinistra.

 

 

 

QUATTRO GIUDICI NUOVI

Entro il 20 gennaio il presidente della Consulta, che probabilmente sarà l'ex giudice di Cassazione Giovanni Amoroso (a dicembre scadranno i mandati dell'attuale presidente Augusto Barbera, di Franco Modugno e Giulio Prosperetti), dovrà fissare la data della deliberazione riguardante i tre referendum, e la sentenza dovrà essere pubblicata prima del 10 febbraio. Ci saranno quattro giudici costituzionali nuovi in quella camera di consiglio: oltre ai sostituti dei tre il cui mandato si sta per concludere dovrà essere scelto quello di Silvana Sciarra, che ha lasciato la corte a novembre.

Quattro giudici che dovranno essere eletti dal parlamento in seduta comune (ieri c'è stata la settima fumata nera per chi dovrà prendere il posto di Sciarra), e il fatto che ad attenderli ci sia subito il giudizio sui referendum renderà ancora più importante il risultato di quelle votazioni. Il comportamento della Consulta sui referendum cosiddetti «manipolativi» sinora è stato ondivago. Tra gli anni Ottanta e Novanta li ha legittimati, ammettendone diversi, in materia elettorale, che ritagliando ad hoc frammenti di testo creavano un meccanismo totalmente diverso per la scelta dei parlamentari da parte degli elettori. Una pratica finita nel 1997, quando non fu ammesso il quesito, proposto dai radicali, che chiedeva l'abrogazione di parte della legge che disciplinava il sistema radiotelevisivo: i giudici costituzionali sostennero che la proposta referendaria non era «puramente ablativa, bensì innovativa e sostitutiva di norme». Questo criterio divenne un po' meno rigido nelle sentenze successive, ma il principio non è cambiato. Tanto che nel 2020, sotto la presidenza di Marta Cartabia, la stessa corte ha dato verdetto negativo sull'ammissibilità del referendum con cui si proponeva di cambiare le norme per l'elezione dei deputati, giudicandolo connotato da un «inammissibile grado di manipolazione».

Tra pochi mesi sul tavolo di quei giudici ci sarà il quesito che ieri ha superato il mezzo milione di firme. Esso tagliuzza l'articolo della legge del 1992 che assegna la cittadinanza «allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni successivamente alla adozione», levando ogni riferimento all'adozione, che è il punto centrale della norma. In questo modo renderebbe possibile la concessione della cittadinanza a chiunque risieda in Italia da cinque anni (anziché dieci). I presupposti per dichiararlo «manipolativo», non abrogativo, bensì creatore di una norma nuova e diversa, e dunque inammissibile, ci sono. Tutto, però, dipenderà da come lo leggeranno i giudici.

 

 

 

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Libero Quotidiano

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