Carioti: arriva la prima nave e la sinistra impazzisce, balle sui fondi impiegati per costruire le strutture

  • Postato il 15 ottobre 2024
  • Di Libero Quotidiano
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Carioti: arriva la prima nave e la sinistra impazzisce, balle sui fondi impiegati per costruire le strutture

Il governo di Paolo Gentiloni, ultimo guidato da un esponente del Pd, nel 2018 spese 4,7 miliardi di euro per accogliere gli immigrati in Italia. Il governo di Giorgia Meloni stanzia circa 700 milioni da qui al 2028, ovvero 150 milioni ogni dodici mesi, con l'intento di tenere fuori dal territorio italiano tremila richiedenti asilo ogni anno. A sprecare soldi, però, secondo il Partito democratico è l'esecutivo in carica, dove Elly Schlein ripete che la premier «sperpera quasi un miliardo di euro dei contribuenti per i centri migranti in Albania, in spregio ai diritti fondamentali delle persone e alla recente sentenza europea sui rimpatri, che fa scricchiolare l'intero impianto dell'accordo». 

Concetti che saranno ribaditi oggi in parlamento, dove Meloni farà le comunicazioni in vista del Consiglio europeo che inizierà giovedì e tutta l'opposizione promette battaglia. La premier, dicono i suoi, è pronta allo scontro. Lo ha già fatto capire nella replica alla ong Sea Watch, quella di Carola Rackete. L'organizzazione ha scritto sul web che «il governo Meloni spende centinaia di milioni di euro dei contribuenti per deportare e incarcerare qualche migliaia di migranti in Albania. Forse le tasse degli italiani possono essere spese meglio, per accogliere e includere, anziché respingere» (stessa linea del Pd, insomma). Meloni ha risposto con l'arma del sarcasmo: «Che scandalo! Un governo che- con un mandato chiaro ricevuto dai cittadini - lavora per difendere i confini italiani e fermare la tratta di esseri umani, attraverso azioni concrete e accordi internazionali».

Una difesa che proseguirà davanti a senatori e deputati, in un dibattito che è facile immaginare incandescente. Al termine sarà approvata la risoluzione della maggioranza, in cui è scritto che il governo deve «lavorare insieme alla Commissione europea e agli altri Stati membri per individuare soluzioni innovative, sull'esempio del modello sviluppato con la collaborazione fra Italia e Albania, per prevenire la migrazione irregolare verso la Ue». Sono le stesse cose che ha scritto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, nella lettera inviata ai leader Ue in vista del vertice di giovedì, in cui cita il protocollo Italia-Albania come modello e avverte che occorre «procedere per quanto riguarda l'idea di sviluppare hub di rimpatrio al di fuori dell'Ue, soprattutto in vista di una nuova proposta legislativa sul rimpatrio».


Ad alzare ulteriormente il livello dello scontro è la notizia che già domenica, giorno di avvio della missione, la nave Libra della Marina Militare ha caricato sedici immigrati in acque internazionali e ha fatto rotta per portarli in Albania, dove dovrebbe arrivare domani mattina. Sempre che, durante il percorso, non compia deviazioni per recuperare altri naufraghi.
L'operazione più contestata dalla sinistra ha avuto così il suo battesimo. I migranti erano a bordo di due barchini, uno partito da Sabratah e il secondo da Zuara, entrambe località della Tripolitania. Dieci sono bengalesi e sei egiziani, tutti uomini, e questo è fondamentale.

In Albania, infatti, potranno essere portati solo migranti maschi, adulti e “non vulnerabili” provenienti dai cosiddetti «Paesi d'origine sicuri»: una lista di ventidue Stati, tra i quali Bangladesh ed Egitto, nei quali il governo italiano ritiene che sia garantito il rispetto necessario dei diritti individuali e le cui anagrafi digitali possono “dialogare” con quelle del ministero dell'Interno. Ciò consentirà di sottoporre i nuovi arrivati alle procedure accelerate di frontiera, ovvero ad un esame rapido delle loro domande d'asilo (quattro settimane è il termine previsto), e di rimpatriarli subito se non avranno i requisiti per ottenere la protezione richiesta. Questo, almeno, è il piano dell'esecutivo. Perché la sentenza della Corte di giustizia europea che ha fatto esultare l'opposizione minaccia di creare seri problemi, almeno per il modo in cui l'ha interpretata il tribunale di Palermo pochi giorni dopo. In sostanza, i governi degli Stati Ue non sarebbero liberi di decidere quali Paesi di origine possono essere ritenuti «sicuri», ma dovrebbero tener conto di alcune direttive europee in materia di discriminazioni, in base alle quali, come ha già stabilito il tribunale siciliano, la Tunisia (che appare nell'elenco italiano) non può essere ritenuta sicura. Se questo criterio fosse confermato, il numero di Paesi i cui cittadini possono essere portati in Albania, e rimpatriati rapidamente in caso di diniego del diritto d'asilo, si ridurrebbe sin quasi ad azzerarsi.

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Libero Quotidiano

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