Capizzi, “l’escalation inesorabile” dei fratelli Filaro: dall’incendio alla caserma alle minacce e maltrattamenti
- Postato il 3 novembre 2025
 - Cronaca Nera
 - Di Il Fatto Quotidiano
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                                                                            In paese a Capizzi, in molti avevamo paura dei fratelli Frasconà Filaro. “Sono stati sempre un po’ bulli, ma nessuno poteva immaginare una cosa come questa”, dice il sindaco, Leonardo Giuseppe Principato Trosso. Ma dagli atteggiamenti si è passati a fatti di rilievo penale: “È stata come una sorta di inesorabile escalation” racconta il primo cittadino. Ed è così che normale sabato sera nel piccolo paesino di 3mila abitanti sui Nebrodi, in provincia di Messina, ha assistito a una sparatoria.
Erano le 22.30 Antonio Frasconà Filaro, 48 anni, i figli Mario, 18 anni, e Giacomo, 20 anni, arrivano insieme nella via principale. Lì c’è un bar, proprio di fronte alle scuole elementari. Giacomo impugna la pistola e inizia a sparare, stando a quanto ricostruito dai carabinieri di Capizzi e a quanto raccontato da chi c’era. “Poteva essere una strage”, dice il sindaco. Sono scappati tutti in varie direzioni, chi dentro al bar, chi verso la piazza. Non è riuscito a scappare Giuseppe Di Dio, 16 anni (nella foto), colpito subito al collo. Il ragazzo non era neanche il vero target della spedizione omicida di padre e figli che da settimane spaventavano il paese. Un paese che oggi piange la morte “senza senso”, ripetono in molti di un ragazzino che era nel posto sbagliato al momento sbagliato.
L’incendio alla caserma
Una caratura criminale quella dei Frasconà Filaro che non si credeva di questa entità, ma che si era già manifestata. Mario, il più piccolo, aveva tentato di incendiare l’ingresso della caserma dei carabinieri di Capizzi ad agosto del 2023. Tutto nato per uno screzio col maresciallo. Dopo questo episodio era stato inviato in una comunità per minori, ma poi era tornato e lo scorso settembre aveva terminato il periodo di misura cautelare ai domiciliari. Da allora in paese tutti avevano paura. Minacce e tentativi di estorsione.
Il più piccolo della famiglia Filaro (da queste parti hanno tutti un doppio cognome ma vengono identificati solo col secondo) era stato denunciato da un uomo che lo accusa di avergli chiesto soldi sotto minaccia. I due fratelli hanno anche un precedente di denunce per maltrattamenti in famiglia. Il padre, Antonio, vive di una pensione di disabilità. Qualcuno in paese parla di ritardo. Di certo non è un omicidio che ha che fare con la mafia. La nota mafia dei Nebrodi da queste parti ha il controllo del territorio da decenni.
L’allarme al prefetto
Un paese tranquillo, “lasciamo le chiavi attaccate alla macchina, le porte aperte”, racconta qualcuno. A maggio scorso però è stato il primo cittadino a chiedere un maggiore controllo al prefetto di Messina: “Ma siamo l’ultimo dei comuni”. Sono 108 nel Messinese, che è la provincia siciliana col maggior numero di comuni. Così i carabinieri a Capizzi sono pochi e sono l’unico presidio dello Stato nel piccolo borgo, uno dei più alti sui Nebrodi, a cavallo tra tre province, quella di Catania, di Enna e di Messina.
La procura competente è infatti quella di Enna, mentre la prefettura è della città dello Stretto. I pochi carabinieri di Capizzi avevano controllato i Filaro nei giorni scorsi. Li tenevano d’occhio ma “nessuno pensava potessero arrivare fino a questo punto”. Adesso al vaglio dei militari di Messina, coordinati dal comandante, Lucio Arcidiacono, ci sono le immagini delle telecamere di sorveglianza del comune. Il fermo è stato eseguito in poche ore. Adesso si attende l’udienza di convalida davanti al giudice per le indagini preliminari. Il cadavere di Filippo Di Dio sarà a breve restituito alla famiglia. Allevatori nebroidei che restano ora con un altro figlio più piccolo.
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