Caos ai Mondiali di boxe ancora per i test di genere: esclusa la Francia per “esami arrivati in ritardo”. Le pugili furiose: “Tutto questo è ingiusto”

  • Postato il 5 settembre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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I test di genere fanno ancora una volta discutere ai Mondiali di pugilato, cominciati giovedì 4 settembre e in programma fino al 14 settembre. Ma se nei giorni scorsi se n’è parlato per il ricorso di Imane Khelif, esclusa dai Mondiali in quanto il nuovo regolamento della World Boxing richiede di sottoporsi a un test cromosomico per partecipare ai tornei internazionali, adesso a essere penalizzata è la nazionale francese, che non parteciperà alla competizione. Il motivo? I risultati degli esami richiesti per la partecipazione non sono stati presentati in tempo.

La boxe mondiale sembra aver perso la testa sulla questione dei test di genere, dopo il caso Khelif. La partecipazione della pugile algerina ai Giochi di Parigi un anno fa era stata accompagnata da polemiche e attacchi a causa della sua intersessualità: l’atleta è infatti iperandrogina, cioè presenta un’eccessiva produzione di testosterone che le conferisce caratteri estetici mascolini. Per questo, con motivazioni mai realmente chiarite, la ex Federazione internazionale della boxe (Iba) l’aveva già esclusa dai Mondiali di Eindhoven del 2023. Ma il Comitato olimpico internazionale (Cio) l’aveva ammessa alla competizione parigina, non rilevando alcuna irregolarità nei suoi parametri. E anzi accusando l’Iba di test eseguiti non correttamente. Ma ora che l’Iba è stata sostituita dalla World Boxing, riconosciuta dal Cio, problemi e ambiguità non sono diminuiti.

“È con sgomento e indignazione che lo staff della nazionale francese ha appreso mercoledì sera che le pugili francesi non potranno partecipare ai primi campionati del mondo organizzati dalla World Boxing”, l’annuncio della federazione francese. A distanza di un anno dalle polemiche sulla femminilità di Imane Khelif, assente a Liverpool, la World Boxing ha introdotto obbligatoriamente il gender test per essere ammessi alle competizioni internazionali. Esami che però in Francia sono vietati: motivo per cui la nazionale transalpina li ha svolti direttamente in Gran Bretagna.

La Francia si è perciò rivolta a un laboratorio accreditato dalla World Boxing, con la garanzia – dicono dalla federboxe francese – che i risultati sarebbero stati comunicati entro i tempi previsti. Cosa alla fine non accaduta. “Nonostante le ripetute garanzie, il laboratorio non è stato in grado di fornirci i risultati dei test in tempo”, la spiegazione. “Questo problema, che sta causando danni significativi alle nostre atlete, non è in alcun modo imputabile alla Federazione francese – si legge nella nota -. Al contrario, ci siamo mobilitati fin dall’inizio per soddisfare le richieste della World Boxing, facendo affidamento sugli impegni di quest’ultima”.

A pagare sono state ovviamente le atlete che si preparavano da tempo per la competizione, a partire da Maelys Richol. “Frustrazione e rabbia. Dopo un anno intero di lavoro, ci troviamo fuori gioco non per motivi sportivi, ma a causa di una gestione disastrosa e ingiusta. È estremamente difficile da accettare”, ha scritto sui social. Insomma, l’isterismo della World Boxing sui gender test colpisce ancora: questa volta a pagare non è Imane Khelif, ma la Francia per questioni burocratiche.

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