Cannabis light, il decreto Sicurezza arriva alla Consulta: il tribunale di Brindisi solleva dubbi sul bando alle infiorescenze
- Postato il 3 dicembre 2025
- Cronaca
- Di Il Fatto Quotidiano
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La Corte costituzionale giudicherà la legittimità costituzionale dell’articolo 18 del decreto sicurezza, approvato dal governo Meloni il 4 aprile. È la norma per mettere al bando la cannabis light, con il divieto di lavorare e vendere il fiore della canapa a prescindere dall’effetto drogante. Peccato abbia travolto anche i coltivatori – bacino elettorale delle destre – innescando sequestri delle forze dell’ordine ai danni di legittime aziende, con indagini per detenzione di stupefacenti: gli imprenditori della canapa rischiano 20 anni di galera. Per il governo, del resto, le infiorescenze sono un pericolo per la sicurezza (soprattutto stradale), anche se il thc (il cannabinoide psicotropo) è assente o nei limiti di legge, sotto l’asticella dello 0,5 per cento.
Il sequestro e il ricorso
L’ordinanza per sollevare la questione di legittimità costituzionale è stata firmata da un giudice di Brindisi. Alla toga si era rivolta un’azienda italiana con coltivazioni in Bulgaria, dopo il sequestro di un suo carico di cannabis light nel porto di Brindisi, da parte dell’agenzia delle dogane. Non una manciata di chili bensì diverse tonnellate, destinate dall’impresa prevalentemente all’esportazione sui mercati esteri. Il pubblico ministero ne aveva già ordinato la distruzione, ma il ricorso dell’azienda (firmato dall’avvocato Lorenzo Simonetti) ha fermato il falò. Ieri è stata depositato il verdetto del giudice per le indagini preliminari: prima di decidere sul sequestro di Brindisi, serve un chiarimento della Corte costituzionale sull’articolo 18 del decreto sicurezza.
Dubbi di incostituzionalità su tre fronti
Gli addetti ai lavori ne erano certi: era solo questione di tempo, prima che il bando al fiore della canapa arrivasse alla Consulta. Da settembre, non si contano i casi di sequestri finiti nel nulla, bocciati dai tribunali del riesame ma anche dai pubblici ministeri. Già il massimario della Cassazione, il 26 giugno, aveva indicato le contraddizioni tra il decreto sicurezza e il dettato della Carta. Il costituzionalista Alfonso Celotto, interpellato dalle associazioni, aveva stilato un elenco di 40 profili di incostituzionalità, solo per l’articolo 18. L’11 novembre il Consiglio di Stato ha rinviato il dossier alla Corte di Giustizia europea, esprimendo forti dubbi sulla coerenza tra il diritto europeo e le leggi italiane sugli stupefacenti, dal Testo unico fino al decreto sicurezza.
Nell’ordinanza di Brindisi, il giudice esamina il decreto sicurezza indicando 3 punti in bilico sull’incostituzionalità. In primis, la scelta del governo di procedere per decreto, malgrado l’assenza del carattere d’urgenza e l’eterogeneità dei contenuti del provvedimento. Poi la violazione del principio di offensività, poiché il bando colpisce anche il fiore privo di thc, dunque senza effetto drogante. Infine, la violazione del diritto europeo: il fiore della canapa è legale in tutti i Paesi del Vecchio continente e le imprese del settore ricevono finanziamenti pubblici.
Il legale: “Non ci fermiamo”
L’avvocato Lorenzo Simonetti rivendica il risultato ma non vuole fermarsi qui, mentre la minaccia dei sequestri incombe sugli imprenditori della canapa . “Lo scopo è ottenere ordinanze di rinvio alla Corte costituzionale anche in altri tribunali, speriamo sia solo l’inizio”, dice il legale a ilfattoquotidiano.it. “Se i giudici non fossero convinti dei dubbi di costituzionalità, almeno dovrebbero sospendere i procedimenti in attesa del verdetto della Consulta”, aggiunge l’avvocato. Raffaele Desiante dell’associazione Ici (Imprenditori canapa italia) non nasconde la soddisfazione per “la svolta attesa da tutto il comparto della canapa industriale”. “Lo sosteniamo da mesi – prosegue Desiante – un’intera filiera non può essere cancellata con un tratto di penna senza una motivazione concreta, proporzionata e basata su dati scientifici”.
Anche Coldiretti, ascoltatissima a palazzo Chigi, dopo aver smarrito la voce accoglie con favore il ricorso alla Consulta. “La canapa e le infiorescenze sono fondamentali per lo sviluppo di alcune filiere e limitarle danneggerebbe pesantemente chi ha investito nel settore – commenta l’associazione – Siamo contrari a qualsiasi uso ricreativo della canapa fuori dalle norme comunitarie, ma difendiamo le imprese agricole che operano nella legalità e nel rispetto dei regolamenti europei. Non si possono bloccare attività su cui le aziende agricole hanno investito legittimamente”. Chissà che Meloni non si lasci convincere.
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