Canapa, vietato il Cbd ad uso orale: è un farmaco stupefacente. La sentenza del Tar legittima il decreto Schillaci

  • Postato il 17 aprile 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Vietato vendere le composizioni orali a base di Cbd, come olii e alimenti. Lo stabilisce il decreto del ministero della Salute pubblicato il 27 giugno 2024. Un provvedimento legittimo, secondo la sentenza del Tar pronunciata ieri. Il Tribunale amministrativo del Lazio ha bocciato il ricorso presentato da imprenditori e associazioni della filiera della canapa.

Cbd ad uso orale come farmaco stupefacente: verso il ricorso al Consiglio di Stato – I ricorrenti sono Canapa Sativa Italia, Giantec Srl, Società Biochimica Galloppa Srl e Orti Castello di Massimiliano Quai. Reclamano il diritto di vendere prodotti a base di cannabidiolo (Cbd, il principio attivo della canapa privo di effetti stupefacenti), vietati dal decreto del ministro Schillaci. La misura infatti inserisce le composizioni per uso orale di Cbd nella tabella dei medicinali stupefacenti. Si potranno vendere solo come farmaco, ai pazienti muniti di prescrizione medica non ripetibile. Un altro colpo ai negozi di cannabis light e alla filiera della canapa, dopo il decreto sicurezza che bandisce il fiore come uno stupefacente.

Ma gli imprenditori non vogliono fermarsi, annuncia il presidente Ici (Imprenditori canapa Italia) Raffaele Desiante: “Siamo davanti a una decisione che legittima una grave forzatura normativa, che minaccia la sopravvivenza di centinaia di imprese agricole, di trasformazione e commerciali. Per tutte queste ragioni, impugneremo la sentenza dinanzi al Consiglio di Stato”.

Le sterzata dei giudici (dopo 3 “bocciature”) e la genesi del decreto – Quella di ieri è la terza pronuncia del Tar sul decreto Cbd. Due ordinanze di sospensione del provvedimento – sulla base del carattere innocuo del principio attivo – erano giunte l’11 settembre e il 24 ottobre 2024. La sentenza di ieri invece inverte completamente la rotta.

Il Tar ha ricostruito la genesi del decreto ministeriale, approvato la prima volta nel 2020 (governo Conte II) dall’ex ministro della Salute Roberto Speranza (Pd). Ma la misura è stata subito sospesa senza mai entrare in vigore, in attesa dei pareri del Consiglio e dell’Istituto superiore della sanità. Il motivo lo aveva spiegato al Fatto.it l’ex senatore M5s Matteo Mantero: “Il decreto arrivava dall’ufficio stupefacenti, io e altri parlamentari ne abbiamo subito sottolineato l’insensatezza per una sostanza priva di effetti psicoattivi. Abbiamo minacciato di far mancare il numero legale in Aula per altri provvedimenti e poco dopo è stata annunciata la sospensione del decreto Speranza”.

Ad agosto 2023, il nuovo ministro meloniano Orazio Schillaci revoca la sospensione del decreto Speranza ed il provvedimento entra in vigore, malgrado l’assenza dei pareri dell’Istituto e del Consiglio superiore della Sanità. Ma ad ottobre 2023, arriva la prima bocciatura del Tar. Schillaci resuscita il provvedimento con un testo fotocopia, il 27 giugno 2024: ma stavolta i pareri ci sono e giustificano la stretta sul cannabidiolo. Così arriviamo alle due sospensioni dell’11 settembre e 24 ottobre 2024. Decisiva per la pronuncia la perizia del professor Costantino Ciallella (già Direttore dell’istituto di medicina legale dell’Università La Sapienza di Roma): secondo il docente, il Cbd non determina dipendenza psicofisica e non possiede effetti psicoattivi.

La sterzata: provvedimento legittimi sulla base dei pareri di Iss e Css – Ieri invece la sterzata con inversione a “U”. Il tribunale amministrativo ha dato ascolto ai pareri del Consiglio e dell’Istituto superiore della sanità, mettendo in secondo ordine la perizia di Cialella. Secondo i giudici, il ministero ha esercitato la “propria discrezionalità tecnica sulla base di letteratura scientifica (che per sua stessa natura non fornisce valutazioni certe ed incontrovertibili)”. Una volta individuati “i rischi, anche soltanto in termini di interazione con il THC, il provvedimento adottato risulta appropriato, sulla base del principio di precauzione (…) senza dover attendere che sia pienamente dimostrata l’esistenza di THC in tutte le preparazioni e la conseguente effettiva situazione di dipendenza”.

Raffale Desiante, tra i ricorrenti al Tar, critica così la decisione: “Un principio di precauzione del tutto sproporzionato, fondato su ipotesi, sospetti e dati inconcludenti”. La prossima tappa è il ricorso al Consiglio di Stato.

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