Campi Flegrei, nuova fase 2 di allerta gialla per attività vulcanica: cosa cambia e perché

  • Postato il 6 novembre 2025
  • Di Panorama
  • 1 Visualizzazioni

Alle 19:48 del 4 novembre, mentre i napoletani si preparavano alla cena, la terra ha tremato. I Campi Flegrei, la caldera più sorvegliata d’Europa, ha restituito un valore di magnitudo di 2.4, confermato dal Dipartimento della Protezione Civile con l’adozione della fase 2 dell’allerta gialla.

La decisione della Commissione Grandi Rischi ha fatto seguito all’approvazione, avvenuta il 30 ottobre con il decreto n. 3236, del nuovo sistema di allerta per i Campi Flegrei, nato dopo 17 mesi di tavolo tecnico per aggiornare le strategie in caso di grandi rischi sulla base delle conoscenze scientifiche più recenti. Una prevenzione che si accompagna alla messa in sicurezza degli edifici vulnerabili e alla ricostruzione di quelli danneggiati, finanziata fino a 1,4 miliardi dalla BEI, la Banca Europea per gli Investimenti.

Campi Flegrei, nuova fase 2 di allerta gialla per attività vulcanica: cosa cambia e perché

Cosa prevede il nuovo schema di allerta

Il nuovo sistema che descrive lo stato di attività vulcanica, supera i vecchi 4 livelli di allerta identificati nei colori: dal più basso, il verde, passando per il giallo e l’arancione, arrivando al più grave, il rosso. A questi si aggiungono due nuove fasi, la 1 e la 2, per il giallo e l’arancione per avere, secondo la Commissione Grandi Rischi, una visione migliore dello scenario atteso «nel quale una eventuale evoluzione dei fenomeni è graduale, tale da consentire passaggi ordinati e progressivi di livelli di allerta». Come si legge nel decreto, questa suddivisione si basa su nuove conoscenze tecniche e sul contesto in esame, cioè sullo «stato del vulcano, le variazioni attese nei parametri di monitoraggio, il tempo di persistenza previsto nel livello» e anche sulla probabilità che ci sia una eruzione. La fase 2 di allerta gialla, attualmente in vigore, si colloca a metà strada tra il livello di quiete apparente e quello di emergenza: non serve il panico e non c’è bisogno di una pre-evacuazione, ma di certo è difficile fare sonni tranquilli.

È quindi prevista una maggiore sorveglianza della zona attraverso un più frequente monitoraggio di sensori sismici, stazioni GPS e rilevatori di gas da parte dell’INGV, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia: ogni variazione è registrata e confrontata con i dati storici della caldera. Si aggiungono iniziative di formazione e informazione, oltre ad attività di prevenzione come esercitazioni della Protezione Civile insieme ai cittadini, controllando vie di fuga e testando i sistemi di comunicazione. È esattamente ciò che sta vivendo la popolazione dal 5 novembre con l’esercitazione che copre tre zone del Comune di Napoli con il punto di ritrovo fissato al Porto. Non si tratta di allarmismo, ma di prevenzione attiva per uno sciame sismico che, chi vive a Pozzuoli, Bacoli o Agnano conosce molto bene. Dal 2005 infatti, i Campi Flegrei con i suoi Comuni sono in una fase di “bradisismo”, quel fenomeno di sollevamento e abbassamento del suolo dovuto alle attività vulcaniche della caldera.

Cosa sono i Campi Flegrei

O meglio, una grande caldera, volgarmente chiamata supervulcano, un termine non scientifico nato da un documentario della BBC nel 2000, ed è una delle aree vulcaniche più pericolose del pianeta per la combinazione tra rischio eruttivo e densità abitativa. Situata a ovest di Napoli, nell’area più a rischio vivono circa 500 mila persone, mentre altre 800 mila circa si trovano in quella meno pericolosa, ma non per questo non soggetta ad attività vulcaniche. Quest’ultime sono iniziate più di 80 mila anni fa, con picchi nell’eruzione di 40 mila anni chiamata Ignimbrite Campana, la più violenta mediterranea, e in quella del Tufo Giallo Napoletano di 15 mila anni fa. Nomi che indicano la zona interessata e il tipo di roccia vulcanica derivante dall’eruzione.

Uomini e donne abitano da millenni i Campi Flegrei, storicamente ideali per il clima mite e il terreno fertile dovuto al materiale vulcanico. Il territorio ha visto attività umane fin dalla preistoria, passando all’VIII secolo a.C. con le prime colonie della Magna Grecia fino ad arrivare ai giorni nostri, con le popolazioni di Napoli, Pozzuoli o Agnano che, tra il pranzo e il caffè, si esercitano contro il rischio di terremoti e eruzioni.

Autore
Panorama

Potrebbero anche piacerti