Caccia agli Assioni, custodi del mistero del nulla cosmico

  • Postato il 26 agosto 2025
  • Di Panorama
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La materia oscura potrebbe creare buchi neri che divorano gli esopianeti dal loro interno. Lo suggerisce una nuova ricerca secondo la quale un accumulo di materia oscura per lunghi periodi di tempo nel cuore di pianeti delle dimensioni di Giove creerebbe un buco nero in grado di divorare questi corpi celesti dal centro. Dunque i pianeti extrasolari, o esopianeti, potrebbero essere utili per studiare il mistero della materia oscura, ovvero un tipo ipotetico di materia che non emette, assorbe né riflette luce, rendendola invisibile ai telescopi, la cui esistenza è dimostrata dagli effetti gravitazionali sulla materia visibile. E si pensa che essa sia cruciale per spiegare la formazione delle strutture cosmiche come galassie e ammassi di galassie. Insomma, la sua natura è sconosciuta, ma c’è l’ipotesi che essa sia composta da particelle debolmente interagenti tra loro. La nuova teoria suppone che le particelle di materia oscura super-pesante potrebbero essere intrappolate dagli esopianeti perdendo la loro energia energia e quindi dirigendosi verso il nucleo di essi. Una volta lì esse si accumulerebbero fino a collassare formando un buco nero che si farebbe strada fuori dal pianeta ospite, inghiottendo ogni cosa, anche la luce. Se invece le particelle di materia oscura si incontrano annullandosi, come suggeriscono alcuni modelli fisici (come accade quando gli elettroni incontrano le loro antiparticelle, i positroni), allora non si raccoglierebbero in quantità sufficiente per collassare e dare vita a un buco nero. Gli scienziati pensano quindi che i buchi neri funzionino come acceleratori di particelle naturali per la caccia alla materia oscura e sono incuriositi dal fatto che essa, nonostante rappresenti l’85% della “sostanza” di cui è composto l’universo, non si abbia idea di che cosa sia. Il fatto che la materia oscura non interagisca con la luce significa che non può essere composta dagli elettroni, dai protoni e dai neutroni che formano gli atomi che compongono tutto ciò che vediamo intorno a noi, ovvero la materia ordinaria dell’universo che troviamo in stelle, pianeti, lune, esseri viventi, eccetera. E questa mancanza d’interazione con la radiazione elettromagnetica rende la materia oscura invisibile. L’enigma ha portato gli scienziati a ipotizzare l’esistenza di tipi di particelle diverse che potrebbero spiegarla, molte delle quali con proprietà differenti tra loro. Tuttavia, le particelle costituenti dovrebbero avere masse molto grandi. Questo esclude una delle particelle candidate alla materia oscura più favorite dalla massa estremamente ridotta, l’Assione, oggi considerata particella ipotetica.

Mehrdad Phoroutan Mehr, ricercatore presso l’Università della California, spiega: “Se le particelle di materia oscura sono sufficientemente pesanti e non si annullano potrebbero alla fine collassare in un minuscolo buco nero”. Attualmente, i buchi neri più piccoli dei quali siamo a conoscenza sono i quelli definiti “di massa stellare” e si ritiene che abbiano masse comprese tra circa 3 e 100 volte la massa del nostro Sole. La logica dietro a questa teoria è solida, poiché questi buchi neri nascono quando stelle massicce esauriscono il combustibile nucleare alla fine della loro vita. Quando un’esplosione di supernova espelle gli strati esterni di queste stelle, i loro nuclei collassano. Ciò significa che la quantità di massa dei buchi neri di massa stellare è determinato dalle masse delle stelle che li generano. Inoltre, la massa inferiore è determinata dal fatto che le stelle con una massa inferiore a 1,4 volte quella del Sole (un valore noto come limite di Chandrasekhar), non possono trasformarsi in supernove, quindi non possono dare vita a un buco nero o a una stella di neutroni. Invece, queste stelle lasciano dietro di loro quelle che chiamiamo “nane bianche”. C’è anche un altro limite di massa da considerare, quello di Tolman–Oppenheimer–Volkoff (in sigla, Tov), che distingue i nuclei stellari che creano buchi neri da quelli che danno vita a stelle di neutroni. Sebbene meno definito del limite di Chandrasekhar, il limite Tov suggerisce che, dopo aver espulso la maggior parte della sua materia, un nucleo stellare deve avere una massa almeno da 2,2 a 2,9 volte quella del Sole per formare una nana bianca. Questi buchi neri “divoratori di pianeti” sarebbero quindi molto più piccoli persino del buco nero con massa stellare più leggera. Gli scienziati ipotizzano quindi che questo processo potrebbe verificarsi all’interno di pianeti con masse pari a quelle di Giove, che ha una massa di circa 0,001 volte quella del Sole.

“Negli esopianeti gassosi di varie dimensioni, temperature e densità, i buchi neri potrebbero formarsi su scale temporali osservabili; osservandoli potremmo utilizzarli per la caccia a particelle di materia oscura super-pesante, soprattutto in regioni che ipotizziamo ne siano ricche, come il centro della Via Lattea. Scoprire un buco nero con la massa di un pianeta sarebbe una svolta importante, potrebbe dimostrare la teoria della materia oscura super-pesante.”

Di certo la nuova ipotesi scientifica combinata con il crescente numero di esopianeti che l’umanità sta scoprendo, oltre 5.000 mondi oltre il sistema solare, significa che questi pianeti possono ora essere aggiunti ai corpi celesti che sono stati suggeriti come “sonde” per la materia oscura. C’è l’ipotesi che alcuni candidati alla materia oscura potrebbero rimanere intrappolati nelle stelle di neutroni, radunandosi e annullandosi gradualmente a vicenda, riscaldando così questi resti stellari. “La cattura e concentrazione della materia oscura negli esopianeti potrebbe anche causare il riscaldamento di questi mondi o l’emissione di radiazioni ad alta energia, ma gli strumenti odierni non sono abbastanza sensibili da rilevare tali segnali. I futuri telescopi e le missioni spaziali potrebbero essere in grado di captarli. Continuando a raccogliere più dati ed esaminare i singoli pianeti in modo più dettagliato” conclude lo scienziato, “gli esopianeti potrebbero offrire informazioni cruciali sulla natura della materia oscura.”

Autore
Panorama

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