Busto Arsizio, ucciso Davide Gorla. L’ultima frase prima di morire: «Ma che fai, sei matto?»
- Postato il 26 giugno 2025
- Di Panorama
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«Ma che fai, sei matto?». L’ultima frase di Davide Gorla è rimasta sospesa nell’aria della sua elegante cartoleria nel cuore di Busto Arsizio. Poi, solo silenzio. Un silenzio rotto dalle sirene, dai nastri della Scientifica e dagli sguardi increduli di una città che non si dà pace. Davide, 65 anni, commerciante gentile e riservato, è stato ucciso mercoledì nel suo negozio “Linea Continua” in via Milano. Una cartoleria che era quasi un piccolo salotto di provincia: penne stilografiche, borse, sciarpe, lampade e bigiotteria di pregio. Un mondo di dettagli, colpito da una violenza spiazzante.
La svolta è arrivata poche ore dopo. In manette è finito un uomo di 50 anni, originario di Castellanza, suo vicino di casa e inquilino: viveva in un appartamento di proprietà della vittima, nella stessa palazzina. A inchiodarlo, secondo quanto trapela da fonti investigative, sarebbero state le telecamere di sorveglianza che lo hanno ripreso mentre si allontanava frettolosamente dalla scena del delitto, con la maglietta macchiata di sangue. Testimoni riferiscono di averlo visto cambiarsi i vestiti a cento metri dal negozio.
Ma è nei dettagli che si addensa il mistero. L’interno della cartoleria era ordinato, niente fuori «Ma che fai, sei matto?». L’ultima frase di Davide Gorla è rimasta sospesa nell’aria della sua elegante cartoleria nel cuore di Busto Arsizio. Poi, solo silenzio. Un silenzio rotto dalle sirene, dai nastri della Scientifica e dagli sguardi increduli di una città che non si dà pace. Davide, 65 anni, commerciante gentile e riservato, è stato ucciso mercoledì nel suo negozio “Linea Continua” in via Milano. Una cartoleria che era quasi un piccolo salotto di provincia: penne stilografiche, borse, sciarpe, lampade e bigiotteria di pregio. Un mondo di dettagli, colpito da una violenza spiazzante.
La svolta è arrivata poche ore dopo. In manette è finito un uomo di 50 anni, originario di Castellanza, suo vicino di casa e inquilino: viveva in un appartamento di proprietà della vittima, nella stessa palazzina. A inchiodarlo, secondo quanto trapela da fonti investigative, sarebbero state le telecamere di sorveglianza che lo hanno ripreso mentre si allontanava frettolosamente dalla scena del delitto, con la maglietta macchiata di sangue. Testimoni riferiscono di averlo visto cambiarsi i vestiti a cento metri dal negozio.
Ma è nei dettagli che si addensa il mistero. L’interno della cartoleria era ordinato, niente fuori posto. Nessun segno evidente di colluttazione o rapina, solo il corpo della vittima, riverso dietro al bancone. È lì che la polizia lo ha trovato, dopo la segnalazione partita da alcuni vicini impegnati in una mostra al piano superiore dell’edificio attiguo. Sono loro ad aver udito quella frase: «Ma cosa fai, sei matto?». Una frase che suona come una richiesta di spiegazioni, un ultimo tentativo di comprendere un gesto folle.
L’arma non è stata ancora identificata con certezza. Si ipotizza possa essere un oggetto trovato nel negozio: forse un tagliacarte, forse qualcosa portato con sé dall’aggressore. L’assassino, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti coordinati dal vicequestore Cristian Piron, era da solo con la vittima al momento dell’aggressione. Nessun testimone oculare diretto. Il movente resta aperto, ma le indagini sembrano escludere il furto come causa scatenante. È più probabile che si tratti di una questione personale: tensioni, rancori o attriti mai del tutto chiariti.
Il sospettato, al momento, nega ogni addebito. Ma gli indizi sono pesanti. L’uomo corrisponde alla descrizione diffusa e alle immagini delle telecamere. Il suo legame con Gorla – non solo di vicinato, ma anche economico – potrebbe essere il filo da seguire per ricostruire l’origine del gesto.
Intanto, la città è sotto choc. Il sindaco Emanuele Antonelli è rimasto sul posto fino a tarda sera, senza rilasciare dichiarazioni. In segno di lutto, sono state sospese tutte le iniziative culturali previste in questi giorni, compresa la cena di San Giovanni, uno degli appuntamenti più sentiti della comunità.
Davide Gorla non era solo un negoziante, era una figura familiare per chi passeggiava in centro. Dietro al bancone, tra le penne stilografiche e le lampade d’autore, c’era sempre spazio per un saluto, un consiglio, una chiacchiera. Il suo nome, ora, resterà legato a una ferita profonda e inspiegabile. E a una domanda che – almeno per ora – non ha risposta: perché?