Buona anche la terza, ed è la Coppa Davis di Volandri

  • Postato il 24 novembre 2025
  • Di Il Foglio
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Buona anche la terza, ed è la Coppa Davis di Volandri

La prima, nel 2023, fu inaspettata e stordente. La seconda, un anno fa, era quasi dovuta. Entrambe portano innanzitutto la firma di Jannik Sinner. Almeno per tutti coloro, qualche milione di italiani che hanno recentemente scoperto il tennis, che non sono tenuti a sapere quanto sia complicato il mestiere del capitano non giocatore. Particolarmente, in Italia. Notoriamente, un paese di commissari tecnici. La terza, ieri, vinta sulla Spagna, è una efficacissima alchimia di tattica, psicologia ed empatia. E, più dei bicipiti e del cuore di Cobolli, più del servizio e della voglia di riscatto di Berrettini, più della sintonia tra Bolelli e Vavassori, questa, gliene sia dato atto, è la Coppa Davis di Filippo Volandri. Capitano, allenatore, mental coach, amico: miscelate il tutto e avrete il cocktail perfetto, per tutti i gusti e caratteri. 

 

Sufficientemente duttile per farsi “maltrattare” da Binaghi, umanamente e contrattualmente; sufficientemente umile per lasciare il proscenio ai giocatori e al presidente; sufficientemente paziente per sopportare, metabolizzare, accettare le paturnie e gli egoismi di tutti, di Binaghi che deve monetizzare, di Sinner che deve riposare, di Musetti che tiene famiglia, e in passato dei doppisti che volevano contare, di Cobolli che chiedeva di partecipare, di Musetti, ancora, che aveva appena scoperto l’imminente paternità e non ne metteva più una tra le righe. Con quell’aria da eterno ragazzo, quel profilo da “normal one” che sa stare al suo posto, dovunque lo mettano e con chiunque lo abbinino, mai una parola o un tono oltre le righe, sempre l’intervista giusta al momento giusto (e consentito), la grande sensazione di serenità che emana; in realtà, dietro gli ribolle il sangue, non per caso livornese e orgoglioso di esserlo.

 

E allora, ieri sera, vedendolo sollevare al cielo la terza Coppa Davis della sua carriera, la quarta della nostra storia, impresa che lo spedisce nell’Olimpo degli dei sportivi, oltre Vittorio Pozzo, almeno al pari di Julio Velasco, chi gli è amico deve essersi ricordato di un’altra serata di Davis, di tutt’altro tenore, quasi esattamente tre anni fa (era il 26 novembre), quando un ancor acerbo Volandri osò l’inosabile. In semifinale con il Canada, sul punteggio di 1-1, schierò nel doppio decisivo Fognini e, sorprendentemente, Berrettini, che era lontano da una forma accettabile. Scelta che prese in autonomia, facendo trovare il presidente Binaghi di fronte al fatto compiuto. E fu più questo particolare, che la prevedibile sconfitta, a farlo ballare nei mesi successivi. Il presidente pensò seriamente di mandarlo via, anche se non glielo disse mai chiaramente. A settembre, l’Italia rischiò l’osso del collo nel girone di qualificazione e il destino di Volandri fu appeso a un filo per qualche ora. Poi, arrivarono i giorni esaltanti di Malaga, il resto è cronaca di questi giorni. Ma Filippo, statene certi, ancora se lo ricorda.

 

Il tempo, si sa, è galantuomo, soprattutto con chi lo merita. Oggi, con tre Davis in bacheca (e un oro e un bronzo olimpici da capo spedizione, non dimentichiamolo), Filippo Volandri da Livorno, l’uomo che in un assolato pomeriggio romano del 2007 diede una sonora lezione a sua maestà Federer, potrebbe presentarsi al mercato dei coach del tennis scegliendo chi offre di più, ma anche se scegliesse di meno guadagnerebbe più di quanto gli dà la Federazione. E, molto probabilmente, riscuoterebbe pure un po’ di rispetto e affetto in più. Una tentazione che in queste ore di festa e riscatto, orgoglio e gratificazione, potrebbe bussare di nuovo alla sua porta. Troverebbe una bella famiglia, con due genitori innamorati e due figli ancora piccoli, il motivo per cui Filippo in questi anni non ha mai preso seriamente in considerazione alternative all’incarico di capitano azzurro e direttore del settore tecnico maschile della Federazione (ruolo che molto spesso ci dimentichiamo, ma fondamentale per la straordinaria esplosione del movimento). E se stavolta quell’impedimento fosse meno insormontabile? Meglio non correre rischi, no?

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Autore
Il Foglio

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