Bruxelles e il rebus del Mar Nero
- Postato il 25 agosto 2025
- Di Panorama
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C’è un confine geografico dell’Europa per il quale occorre attuare una strategia di controllo che Bruxelles si sta inventando. E’ il Mar Nero, sulle cui coste si affacciano Grecia, Bulgaria e Romania, Moldavia, ma anche Georgia, Turchia, Russia. E in mezzo l’Ucraina. Non serve capire di geopolitica per comprendere che si tratta di un mare fondamentale per la regione, mentre un’occhiata all’agenda del Parlamento europeo ci ricorda che il 28 maggio scorso l’Ue ha presentato la sua “strategia per il Mar Nero”, riconoscendo l’importanza dell’area e l’urgenza di affrontare la questione russa anche da quelle parti. Ma come sempre non si è andati molto oltre una dichiarazione, quella della vicepresidente Kaja Kallas, la quale ha dichiarato che la sicurezza del Mar Nero è “vitale per quella europea”. Non si capisce però quale sia il piano d’azione, mentre appare sempre più evidente che l’Unione stia disperatamente cercando di trovare azioni concrete per avere maggiore influenza e controllo sul Mar Nero, che vuol dire non sapere esattamente che cosa fare almeno fino a quando ci sarà la guerra tra Mosca e Kiev. Mentre sia l’Ucraina, sia la Russia, sfruttano tale importante via di comunicazione per compiere azioni senza alcun disturbo da parte nostra. Mettiamola così: l’Ue non controlla il Mediterraneo ma vuole controllare il Mar Nero.
Che non siamo credibili sta nei fatti: in quel mare Kiev colpisce Mosca (flotta, piattaforme, impianti), facendo guerriglia navale asimmetrica anche con l’aiuto di reparti speciali norvegesi; la fornitura di radar e apparati da parte di Oslo consente alle truppe ucraine di controllare la foce del fiume Dnieper. Ma per noi il problema è la Russia. Non è la prima volta che l’Ue prova a dire la sua: nel 2008 fu proposto il programma “Sinergia del Mar Nero” insieme con Kiev, con la proposta di cooperazione tra gli stati costieri su questioni marittime, energetiche e legislative. Nonostante alcuni successi in settori specifici, tale programma non riuscì ad affrontare la situazione a causa delle guerre, come in Georgia proprio in quell’anno, finendo per avvantaggiare attori esterni: nel 2024 il progetto georgiano per il porto di Anaklia andò ai cinesi, interessati ad ampliare la loro influenza nella regione e a creare sinergie tra Pechino e Tbilisi. Esiste quindi una questione cinese, poiché per la Cina quella resta una via breve per il Mediterraneo, ma lo stesso vale per India e Pakistan, nazioni che si sono affermate nel Caucaso meridionale. Dopo la Russia l’attore più presente nel Mar Nero è però la Turchia, ma per ora la preoccupazione europea è la sicurezza della navigazione, così un centro di forza come il proposto “Black Sea Maritime Hub” costituirebbe un avamposto per la protezione delle infrastrutture critiche europee da possibili minacce russe. Ma tale iniziativa sarebbe una sorta di “baluardo di difesa Ue” più che la base di politica lungimirante per stabilizzare l’intera aerea. Bruxelles non sembra in grado di affrontare la natura internazionale del Mar Nero né di fornire una risposta. Pare anche non avere alcun potere per influenzare le questioni economiche, politiche e militari che avvengono nel Mar Nero. Bruxelles dopo i proclami stanzia dei fondi a spese nostre che finiscono per soddisfare le nazioni coinvolte generando affari per pochi piuttosto che stabilità nei decenni successivi. Uno dei motivi è chiaro: non abbiamo una strategia unitaria perché ogni nazione Ue ha interessi differenti da difendere ai quali non vuole rinunciare. Risultato: l’Unione non riesce a essere credibile se non come finanziatrice. Quando poi accadono fatti importanti, la reazione è l’indignazione e l’applicazione di sanzioni come avvenne con l’annessione della Crimea da parte russa. Restiamo comunque attori di secondo piano che nessuno teme anche perché la Ue senza la Nato può fare poca pressione e deterrenza. E l’Alleanza, nonostante l’intenzione di Trump di ridurre la presenza americana, dipende dagli Usa. Per riuscire a cambiare le cose l’Ue dovrà certo rafforzarsi militarmente, ma soprattutto dimostrare di promuovere un’economia prospera, e visto il disastro dell’industria automotive e la situazione tedesca siamo messi male. Serve concretezza per rendere il Mar Nero una via di transito affidabile. Ricordiamoci quanto accaduto nel Mare del Nord e che a far saltare il gasdotto Nord Stream a noi tanto utile sono stati gli ucraini. Un errore è pretendere che tutte le nazioni dell’Unione abbiano la medesima percezione della minaccia russa e le stesse possibilità di dialogo con Mosca; è evidente che per noi italiani essa ha un’immagine differente da quella che possono avere moldavi e armeni. Anche perché se per noi la Russia era – e dovrebbe tornare a essere – un partner commerciale importante, per la Turchia, che è nella Nato per volontà Usa, il Cremlino è un concorrente per l’industria militare ma un partner strategico per la politica estera.