Bolzano, i 24 casi di preti pedofili: il “campo oscuro”, la “clemenza” della diocesi che sapeva e l’insabbiamento fino al 2010

  • Postato il 21 gennaio 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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C’è il palpeggiatore seriale (anche in pubblico), quello che andava per “locali notturni con fanciulli”, l’alcolista molestatore, l’insegnante di religione incriminato per abusi solo su 14enni perché le dichiarazioni dei bimbi di 10 anni sono di difficile valutazione (poco “credibili”), quello che portava gli adolescenti in slitta; c’è chi aveva posizionato una piscina per i bambini sul suo balcone, quello che abusava di una ragazzina e la filmava mentre aveva rapporti con un giovane in parrocchia, quello che andava nelle docce dei ragazzini, quello che aveva una collezione di foto e filmati pedopornografici, quello che faceva sedere sulle sue gambe bimbi e bimbe che toccava e si faceva toccare, anche in classe. E poi l’uomo che “aveva abusato per mesi o addirittura anni di diverse bambine, all’epoca fra i 6 e gli 8 anni”, trasferito solo dopo la minaccia che la banda musicale non avrebbe più accompagnato la processione del Corpus Domini.

Sono 24 i sacerdoti raccontati nel rapporto indipendente fatto pubblicare dalla Diocesi di Bolzano e Bressanone che descrive 67 episodi ufficiali in circa 60 anni. I relatori, che si sono occupati di una indagine simile in Germania, analizzano le responsabilità dei vertici ecclesiastici capaci soltanto di trasferire i sacerdoti di parrocchia in parrocchia, di inutili ammonizioni o di vietare di fare il battesimo ai bambini. Preti capaci di molestare e abusare per 50 anni ragazzini e ragazzine – senza che nessuno provvedimento venisse preso – o capaci anche di disobbedire alla richiesta di non celebrare il funerale di un giovane insegnante morto suicida dopo aver subito molestie dal sacerdote stesso.

In un contesto di “silenzio, tabù e forte reticenza” dove le segnalazioni o le denunce di parrocchiani e famiglie venivano perlopiù ignorate e/o insabbiate, senza contare lo stato di soggezione e il rischio di isolamento per le vittime: “Dopotutto, non mi fidavo allora dei miei cari […]. Nella nostra famiglia, e più in generale nella valle, ogni critica verso i chierici — rappresentanti di Dio in Terra — era vista come una specie di reato capitale. Mi avrebbero emarginato, qui in valle, se lo avessi reso pubblico” ha detto in una delle interviste un giovane abusato dall’età di 16 anni.

Il “campo oscuro” – In questa operazione-verità, perseguita dal vescovo Ivo Muser, c’è comunque la consapevolezza che si tratti solo di una parte degli abusi perpetrati. Accanto al “campo chiaro”, ce ne è uno “oscuro” di cui non si può calcolare le dimensioni. “L’esperienza in questo settore insegna che esiste… anche un cosiddetto ‘campo oscuro’, fatto di numerosi casi non venuti alla luce con queste modalità. Ciononostante è possibile prevedere, con un grado di probabilità che rasenta la certezza, che una tale indagine potrebbe portare alla luce un numero ampiamente maggiore, forse addirittura esorbitante, di effettivi casi di abuso sessuale e relative responsabilità”, la conclusione dei relatori.

La diocesi sapeva – Il ruolo dei vescovi che a partire dal 1964 si sono succeduti alla guida della diocesi viene descritto in relazioni agli episodi: tanti e prolungati nel tempo. “L’analisi dei 24 casi documentati mostra che la problematica particolare degli abusi sessuali di minori, e soprattutto le gravi conseguenze che ne derivano per le persone offese, erano note ormai da tempo all’interno della Diocesi di Bolzano-Bressanone – scrivono i relatori nelle 631 pagine -. Le sole informazioni disponibili sin dagli anni Sessanta su una molteplicità di (presunti) casi di abuso e il numero conseguentemente alto di persone offese avrebbero dovuto necessariamente implicare, a giudizio dei relatori, l’avvio di un processo di sensibilizzazione e di acquisizione di consapevolezza sull’argomento già ben prima del 2010. Anche volendo tener conto del fatto che sia cambiato, rispetto agli anni Cinquanta, l’approccio della società nei confronti della questione degli abusi sessuali di minori, questo non dovrebbe in alcun modo giustificare […] il trattamento descritto per i casi di abuso sessuale del passato. Un’argomentazione di questo tipo appare infatti particolarmente discutibile alla luce dei severi criteri morali, per non dire delle dottrine, e delle posizioni che la Chiesa cattolica ha sempre avuto riguardo alla sessualità”.

“Clemenza” e silenzio per i pedofili – Clemenza e silenzio per abusatori in tonaca che hanno sicuramente portato a essere più alto il numero degli abusi rispetto a quelli che avrebbero potuto essere. “Si riservava a questi sacerdoti una clemenza che, a parere dei relatori, non è condivisibile. Un’indulgenza evidenziata soprattutto dal fatto che, anche in presenza di pesantissimi sospetti o persino dopo una condanna… i sacerdoti abbiano continuato ad essere impiegati nell’attività pastorale senza che venissero adottate adeguate misure di prevenzione. Fino al 2010, l’atteggiamento di fondo regnante in questo contesto portò in una molteplicità di casi a mettere in conto l’eventualità che potessero verificarsi abusi ai danni di altre persone”. Di parrocchia in parrocchia, di classe in classe.

Poco vale per i relatori che “dovesse essere prima accertata la colpa del sacerdote, essendo dovuta la presunzione di innocenza. Un’affermazione, questa, che a parere dei relatori si fonda tuttavia su un’errata concezione della prevenzione e su una fraintesa presunzione di innocenza che porta a trascurare completamente il fatto che, dal punto di vista della prevenzione, una prognosi di rischio, ossia una ponderazione tra una possibile messa in pericolo di bambini e adolescenti e le conseguenze di una restrizione dell’attività del sacerdote interessato, deve tenere conto, anche e precisamente, degli elementi di sospetto esistenti, e non solo della prova fattuale dell’atto”. In alcuni casi le segnalazioni inseguivano i sacerdoti man man che passavano da una parrocchia all’altra, in alcuni casi all’estero.

L’insabbiamento – Segnalazioni ignorate, dichiarazioni sminuite, denunce inascoltate e nessun provvedimento come riferisce una donna abusata commentando l’intervista del Vicario generale Josef Matzneller (1996-2016): “Non ci sarebbero state ‘Dio sa quali molestie’!? Per amor del cielo, signor Vicario generale, cosa sono per Lei ‘Dio sa quali molestie’? Dove, per favore, intende tracciare il limite? […] Egregio signor Vicario generale, sono davvero senza parole!! Sì, ritiene davvero che 20 o 40 anni fa non fosse biasimabile che un uomo adulto – un sacerdote per giunta! – abusasse di qualche bambina?! I miei genitori, gente assai semplice, non avevano difficoltà a capirlo già allora. E per ogni persona con un minimo di decenza e sensibilità, questo è sempre stato chiaro, non serve nessuna particolare conoscenza psicologica! Solo che il Vescovo pensava che tutto questo non lo riguardasse. […]”. Un atteggiamento di copertura andato avanti almeno fino al 2010: “Ad accomunare tutti gli atti, seppure con gradi di intensità variabile, è l’intento diocesano, in parte dichiarato, fino ai primi anni 2010, e in parte presumibile con sufficiente certezza, di evitare che i casi di abuso sessuale diventassero pubblici, o almeno noti in tutta la loro portata”.

Cinquanta anni per cacciare il prete pedofilo – Tra i casi più eclatanti quelli del sacerdote trasferito per 7 volte quando era cooperatore delle parrocchie e due da parroco. La sua pedofilia era emersa sin dai primi incarichi: “Fattosi notare la prima volta negli anni Sessanta per i suoi comportamenti, veniva rimosso dall’incarico, su decisione del vescovo Karl Golser, solo nel 2010. I quasi 50 anni di azioni nefaste, protrattesi più o meno indisturbate, nonché l’impotenza di fatto mostrata nei confronti di questo sacerdote sospettato di abusi rivelano, a giudizio dei relatori, tutte le sfaccettature del fallimento generale sistemico della Chiesa. Questo, ovviamente, in primo luogo con riferimento ai responsabili allora operanti che, per decenni e malgrado le molestie accertate, non fecero altro che trasferire ripetutamente il sacerdote. Anche l’atteggiamento comprensivo – sottolineano i relatori – talvolta mostrato dai parrocchiani delle singole comunità nei confronti di questo sacerdote riconosciuto come autore di abusi a sfondo sessuale non solo solleva numerosi interrogativi ma conferma anche, in modo impressionante, i risultati dell’indagine documentata nel presente rapporto”.

Infine fino al 2010, la riflessione sul fatto che i “responsabili delle singole direzioni diocesane non abbiano in prevalenza colto il dolore sofferto dalle persone coinvolte negli atti di abuso sessuale, per non parlare della dovuta vicinanza ed empatia nei confronti di queste persone”. Abusati o abusate, lasciati soli, ignorati anche quando trovavano il coraggio di raccontare, di opporsi al potere. Anche perché come riflettono i relatori: “L’abuso sessuale sui minori e la gestione di questi casi da parte dei responsabili ecclesiastici, non di rado assai carente, configurano pertanto un fenomeno di abuso di potere“.

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