Blindati, missili, radar, jet Rafale, cannoni: l’industria bellica francese risponde al richiamo di Macron e promette di raddoppiare la produzione
- Postato il 14 marzo 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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C’erano tutti stamattina all’Eliseo, i patron dei grandi gruppi della difesa francesi, Safran, Thalès, Naval Group, Dassault, KNDS… più i rappresentanti delle quattromila piccole e medie imprese del settore. Fabbricare più armi e più in fretta, è questo il messaggio che ha lanciato Emmanuel Macron agli industriali per accelerare l’“economia di guerra” della Francia. Nel suo ultimo discorso alla nazione in tv, il presidente, va-t-en-guerre per gli oppositori, lucido e responsabile per i sostenitori, aveva avvisato i francesi che “di fronte alla minaccia russa, dobbiamo essere pronti a difenderci da soli”: “Chi può credere che la Russia si fermerà all’Ucraina? Restare spettatori sarebbe una follia”.
Macron ha quindi moltiplicato le riunioni in questi ultimi giorni: ha incontrato a porte chiuse i 34 capi di stato maggiore di Paesi Ue e Nato, per cominciare a elaborare un “piano per definire delle garanzie di sicurezza credibili” per l’Ucraina, ha riunito intorno al suo ministro della Difesa Sébastien Lecornu, i colleghi del “Gruppo dei 5” (Regno Unito, Germania, Polonia, Italia), per coordinare l’azione di sostegno all’Ucraina, ha convocato il premier François Bayrou e un gruppo di ministri per discutere dei finanziamenti della Difesa, ed eccolo dunque oggi riunire industriali volenterosi le cui azioni stanno esplodendo in Borsa.
Da Le Figaro si apprende che Safran, che dal 2022 ha già raddoppiato la produzione di AASM, missili aria-terra di nuova generazione, è pronto a “triplicare ancora la cadenza”. Che KNDS France, che produce già 350 blindati Jaguar e Serval all’anno (contro 100 nel 2020), intende salire a 450, e ha già anche dimezzato il ciclo di produzione dei cannoni Caesar. Che Thales ha investito in tre anni 750 milioni di euro per aumentare le sue capacità di produzione e che nel 2024 la sua fabbrica di Limours ha prodotto 24 radar multifunzione GM200, 400 e GF300 (quelli che equipaggiano i SAMP/T franco-italiani), contro 12 nel 2021, ma che ne produrrà 30 nel 2025. Che Dassault intende costruire cinque caccia Rafale al mese, contro tre oggi (e uno nel 2020). Gli industriali però vogliono garanzie, non discorsi, ordini e non promesse.
“Come industriali, sappiamo come incrementare la produzione e lo abbiamo dimostrato, ma un industriale produce quando ci sono ordini, non solo intenzioni di ordini”, ha detto a Le Figaro Philippe Keryer, direttore delegato della strategia, della ricerca e della tecnologia di Thales. Come finanziare queste nuove spese era appunto il tema della riunione di ieri con il premier Bayrou e i ministri competenti allo “sforzo di guerra”. Delle risposte potrebbero arrivare il 20 marzo, giovedì prossimo, quando i ministri della Difesa e dell’Economia, Sébastien Lecornu e Éric Lombard, riuniranno gli attori dell’alta finanza. Macron intende incrementare progressivamente i finanziamenti per la Difesa dai 50 miliardi di euro attuali all’anno (circa il 2% del Pil) a 100 miliardi (circa il 3% del Pil), senza precisare in quanto tempo. Ma ha anche promesso ai francesi che non aumenterà le tasse.
Allora, la questione dove trovare i soldi si pone, dal momento che il deficit pubblico è al 6% del Pil, che le previsioni di crescita per quest’anno sono meno buone del previsto (0,7% e non 0,9% secondo la Banque de France), che lo spread esplode e il rendimento degli Oat, i titoli di Stato francesi a dieci anni, è al 3,54%, mai così alto. Si aggiunge che è atteso stasera il verdetto di Fitch che potrebbe abbassare il rating della Francia (oggi AA-). Il governo quindi metterà a contribuzione i francesi: “Vogliamo convincere i francesi, che lo desiderano e che hanno risparmi, a investire nella nostra economia della difesa”, ha detto Lombard stamattina.
Diverse ipotesi sono state avanzate in questi giorni. La CPME, la Confederazione delle piccole e medie imprese, ha pensato di finanziare il riarmo facendo lavorare i francesi un’ora di più a settimana, cioè portando l’orario di lavoro da 35 a 36 ore settimanali. Si è parlato ad un certo punto anche di usare i risparmi dei francesi contenuti nei Livret A, il libretto di risparmio più amato, i cui fondi sono destinati per finanziare le case popolari. Le due ipotesi per ora sembrano scartate perché troppo impopolari. Si è parlato anche di creare un apposito titolo di Stato, ma la pista più verosimile al momento sembra quella dell’assurance-vie, un tipo di polizza assicurativa il cui capitale può essere fatto fruttare in fondi di investimento.
Macron va dritto per la sua strada, spinto dai sondaggi: stando all’Ifop, la sua popolarità è in crescita, al 31% (+7 punti) e il 76% dei francesi approva le spese supplementari per la difesa. Rare sono inoltre le voci discordanti. “L’unica guerra che stanno preparando è una guerra sociale – ha denunciato l’europarlamentare Manon Aubry, di La France Insoumise, sinistra radicale. – Vogliamo un’economia che si basi sulle nostre esigenze, non solo in termini di difesa, ma anche in termini sociali ed ecologici”. Per l’ecologista Marine Tondelier aumentare il bilancio della Difesa implicherà il “ritorno dell’austerità”.
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