Berlino vieta l’export di armi a Israele? E l’azienda tedesca di carri armati pensa di spostare la produzione in Usa

  • Postato il 19 agosto 2025
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Nella controversia sulla definizione esatta di quali attrezzature militari tedesche fornite a Israele possano essere impiegate a Gaza – e dunque quali rientrino invece nel divieto di fornitura annunciato l’8 agosto scorso dal governo di Berlino, che in ogni caso non include sottomarini o altri armamenti difensivi -, la Renk AG starebbe valutando comunque un piano B. L’amministratore delegato dell’azienda, Alexander Sagel, ha dichiarato mercoledì 13 agosto al Financial Times che la società potrebbe trasferire la produzione delle trasmissioni per i carri armati israeliani negli Stati Uniti. L’azienda ritiene che la Germania abbia “la responsabilità di garantire che Israele possa mantenere la sua capacità deterrente”, ha affermato Sagel al Ft, su tutti i confini, al di fuori di Gaza.

Il gruppo Renk ha sede ad Augusta in Baviera e gestisce undici stabilimenti produttivi in Germania, Stati Uniti, Svizzera, Gran Bretagna, Francia e India, nell’ambito di una rete di 20 sedi di produzione, assistenza tecnica e manutenzione in tutto il mondo. Nel 2024 ha realizzato un fatturato di 1,14 miliardi di euro. L’azienda produce soprattutto trasmissioni per carri armati, ma opera anche nel settore civile. Tuttavia, il settore della difesa rimane il punto forte del gruppo. Sagel non ha specificato al Ft quanti pezzi debbano ancora essere forniti a Israele. Trattandosi dell’integrale spostamento della produzione in uno stabilimento all’estero, l’azienda di Augusta ritiene, evidentemente, di poter eludere le sanzioni. Al momento della pubblicazione, la società non ha fornito altri chiarimenti.

Ordini per quasi 6 miliardi di euro

In effetti si tratta di articoli militari che ricadono nell’elenco dei beni soggetti ad autorizzazione da parte del governo. Tuttavia, l’esecutivo decide caso per caso ed è tenuto a dare conto delle sue scelte solo periodicamente o in risposta ad interrogazioni parlamentari. TimNiklas Wentzel, portavoce del ministero tedesco dell’Economia e dell’Energia, illustra a ilfattoquotidiano.it: “Il governo decide in merito alla concessione di licenze per l’esportazione caso per caso, non sono possibili valutazioni astratte. Condizione è che i beni o la tecnologia soddisfino i requisiti dell’elenco delle esportazioni dell’ordinanza. Ciò include generalmente anche la successiva consegna di qualsiasi bene prodotto all’estero utilizzando tale tecnologia. Tali verifiche vengono effettuate su richiesta, caso per caso. Il governo, in linea di principio, non comunica dettagli sulle singole decisioni relative all’esportazione di armi, limitandosi a rendere noti i dati aggregati delle autorizzazioni definitive concesse”.

Le elevate spese per la difesa garantiscono già a Renk un portafoglio di ordini globale di 5,9 miliardi di euro. Secondo quanto dichiarato mercoledì 13 agosto dall’azienda, nel primo semestre di quest’anno le nuove commesse sono aumentate di circa il 47%, raggiungendo i 921 milioni di euro di valore. Il volume delle vendite è cresciuto di un quinto, facendo sì che il fatturato abbia toccato i 620 milioni di euro. L’utile, al netto di interessi e imposte (Ebit), è cresciuto di quasi il 30%, arrivando a 89 milioni di euro. La società ha confermato le sue previsioni per l’anno in corso di un fatturato di oltre 1,3 miliardi di euro e un Ebit compreso tra 210 e 235 milioni di euro.

Per il 76% non è giustificata l’azione militare di Israele

Nell’ultimo sondaggio Politibarometer ZdF, il 76% degli intervistati ha affermato di non ritenere più giustificata l’azione militare di Israele contro Hamas nella Striscia di Gaza, mentre il 13% è di parere opposto. Un’ampia maggioranza, l’83%, crede che sia giusto che la Germania smetta di fornire armi utilizzabili nella Striscia di Gaza. Tra i sostenitori della Linke e del Bsw la percentuale sale al 95%. Una maggioranza del 62% afferma inoltre che la Germania deve esercitare maggiori pressioni politiche su Israele perché ponga fine alla guerra; mentre il 30% giudica l’attuale intervento tedesco sufficiente. Il sondaggio ZdF registra un 60% favorevole e un 22% contrario al riconoscimento immediato dello Stato palestinese. La Spd si era in effetti espressa a favore del riconoscimento della Palestina, sulla scia dell’iniziativa già annunciata dal presidente francese Emmanuel Macron. La posizione dell’esecutivo tedesco resta però che questo processo possa avvenire solo tramite una trattativa tra le parti.

I rapporti di Israele con la Germania sono stati messi a dura prova dall’annuncio del ministro delle Finanze israeliano, Bezalel Smotrich, riguardo al via libera al progetto di insediamento E, che era congelato dal 2012: la costruzione di 3.401 edifici tra la città Ma’ale Adummim, ad est di Gerusalemme, e il villaggio Betania. Un progetto destinato a tagliare la Cisgiordania in due parti. Inequivocabile la reazione del Ministero degli Esteri tedesco: “La costruzione di insediamenti viola il diritto internazionale e le risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Complica una soluzione negoziata a due Stati e la fine dell’occupazione israeliana della Cisgiordania, come richiesto dalla Corte internazionale di giustizia”.

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Il Fatto Quotidiano

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