Berlino cambia rotta: Merz apre all’uso degli asset russi per un maxi prestito da 140 miliardi all’Ucraina
- Postato il 25 settembre 2025
- Economia
- Di Il Fatto Quotidiano
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La Germania cambia linea sugli asset russi congelati in Europa. Dopo anni di scetticismo, il disimpegno americano e la convinzione che la guerra sia destinata a continuare hanno convinto Berlino ad archiviare i dubbi. Il cancelliere Friedrich Merz ora propone di trasformare i circa 200 miliardi di riserve della Banca centrale russa immobilizzati in Ue nella leva finanziaria per garantire un prestito a lungo termine da 140 miliardi all’Ucraina. L’idea, illustrata in un intervento sul Financial Times, è quella di mobilitare fondi mirati esclusivamente all’acquisto di equipaggiamenti militari. Il maxi prestito sarebbe garantito dagli Stati membri e verrebbe rimborsato solo quando Mosca avrà risarcito i danni di guerra. Merz chiede agli altri leader di discuterne al Consiglio europeo di fine ottobre e “dare il mandato di preparare questo strumento in modo giuridicamente sicuro”.
“È il momento di aumentare in modo sistematico e massiccio i costi dell’aggressione russa”, scrive il cancelliere tedesco, presentando il piano come una duplice leva: da un lato per assicurare la “resilienza militare” di Kiev per diversi anni, dall’altro per rafforzare l’industria della difesa europea e la stessa sovranità del continente. “Occorre elaborare una soluzione praticabile che consenta, senza interferire con i diritti di proprietà, di mettere a disposizione dell’Ucraina un prestito senza interessi per un importo complessivo di quasi 140 miliardi di euro”. I prestiti sarebbero erogati investendo gli asset russi in eurobond zero coupon, cioè senza pagamento periodico di interessi. La piattaforma finanziaria Euroclear – dove sono detenuti oltre 220 miliardi di beni russi – sarebbe la depositaria dei bond. Formalmente, così, non ci sarebbe una vera e propria confisca degli asset di Mosca. A fare da garanti sarebbero i paesi europei. Almeno in teoria: le garanzie entrerebbero in campo solo se l’Ucraina non dovesse ricevere riparazioni di guerra. Merz però è andato anche oltre, proponendo che a fare da garante di ultima istanza sia il nuovo bilancio pluriennale dell’Ue.
La presa di posizione segna un cambio di passo netto per Berlino. Finora, infatti, proprio la Germania – insieme ad altri governi – aveva frenato sull’ipotesi di utilizzare direttamente i beni russi congelati in Europa, per il timore di conseguenze legali e di destabilizzare i mercati finanziari. Ma, con il venire meno del sostegno statunitense e il blocco di nuove sanzioni a Mosca, cresce la pressione sugli europei perché trovino un meccanismo alternativo per garantire a Kiev risorse certe e di lungo periodo.
L’appello del leader della più grande economia europea e principale sostenitore dell’Ucraina, scrive il quotidiano della City di Londra, arriva mentre la Commissione europea “sta valutando le opzioni per sfruttare i 194 miliardi di euro di asset russi detenuti presso Euroclear, il deposito centrale di titoli belga”. Secondo quanto riferito da fonti europee all’Ansa, il prestito di riparazione per l’Ucraina sarà basato sulla parte degli asset della banca centrale russa immobilizzati in Ue che non sono già investiti in titoli, stimata attorno a 175 miliardi.
Resta aperto il tema più delicato: le garanzie. Per aggirare il probabile veto ungherese, i governi potrebbero procedere con accordi bilaterali. Ma per Paesi ad alto debito, come l’Italia, pesa anche la questione contabile: il ministro Giancarlo Giorgetti ha già avvertito che simili impegni rischiano di gravare sui parametri del Patto di stabilità. A Bruxelles si lavora a una soluzione che escluda le garanzie dal computo, ma la discussione è ancora in corso.
Resta da capire chi aderirà all’operazione e se per il suo via libera servirà la maggioranza qualificata dei 27 e non l’unanimità. Francia e Italia, finora, sono stati tra i Paesi più prudenti. Roma ha sempre sottolineato il necessario coinvolgimento del G7, che tuttavia ora sta emergendo.
Il contesto è quello di un’economia russa che dopo tre anni e mezzo di conflitto soffre sempre di più le sanzioni e le spese di guerra ma non è collassata, mentre Kiev sopravvive grazie a un massiccio sostegno esterno. Solo il mantenimento delle operazioni militari costa 172 milioni di dollari al giorno, oltre 60 miliardi l’anno. Il piano di aiuti coordinato dal Fondo monetario internazionale, pari a 153 miliardi in quattro anni, si basa sull’assunto che la guerra finisca nel 2026: ipotesi giudicata ormai irrealistica.
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