Bella e imperfetta, ma l’Inter di Chivu è meglio di quella di Inzaghi
- Postato il 28 novembre 2025
- Di Panorama
- 1 Visualizzazioni

Bella ma imperfetta, che colpisce per estetica ma si fa colpire al cuore e spesso non porta a casa il risultato. L’Inter di Cristian Chivu sta attraversando il deserto della prima parte della stagione lanciando segnali contrastanti all’esterno: è molto più avanti di quanto fosse lecito attendersi dal punto di vista della costruzione di una sua identità eppure, al tempo stesso, appare fragile e insicura come se il finale dello scorso anno non fosse stato ancora del tutto lasciato alle spalle.
Nuove virtù e vecchi difetti, insomma. La sconfitta dolorosa contro l’Atletico Madrid ha gettato nuovo sale sulle ferite e tenuto vivo il dibattito sulla tenuta mentale di una squadra che crea molto, spreca quasi tutto e nel finale delle partite tende a farsi punire. Accadeva già nella scorsa stagione, con oltre 20 gol incassati nel quarto d’ora conclusivo, e si sta ripetendo anche in questa con l’aggravante che accade tutto nei cosiddetti big match. Scontri di alto livello in cui l’Inter apparentemente domina sul piano del gioco e però finisce col ripetere sempre gli stessi errori.
Inter, anatomia di quattro sconfitte identiche (o quasi)
C’è una statistica che fotografa in maniera impietosa quanto detto: nelle sfide contro Juventus, Napoli, Milan e Atletico Madrid la squadra di Chivu ha tirato verso la porta avversaria complessivamente 70 volte subendone solo 39, ha accumulato un maggior numero di situazioni pericolose (6,19 xGoal contro 4,19) eppure è uscita con un pugno di mosche in mano.
Il problema? Ce ne sono almeno due. Intanto, pur avendo iniziato bene la stagione e avendo trovato in Bonny e Pio Esposito due vere riserve, Lautaro Martinez e Thuram hanno mancato qualche chance importante per lasciare il segno nei match che contano. E poi gli errori individuali e di reparto nella fase difensiva, non solo il tema Sommer su cui l’ambiente interista (non Chivu) si accanisce dalla scorsa estate.
Che il portiere svizzero, all’ultimo anno di contratto, non stia vivendo il momento migliore della carriera è sotto gli occhi di tutti. Il tema, però, è che hanno sbagliato anche quelli davanti a lui. Le reti incassate, ad esempio derby e Madrid, portano il sigillo di palle perse sanguinose (Calhanoglu), mancati rientri (Akanji) o piazzamenti su palle inattive inadeguati. A Napoli Anguissa ha percorso tutta la metà campo senza mai essere fermato e lo stesso era accaduto ad Atta nel ko contro l’Udinese: manca, insomma, sempre un dettaglio per arrivare alla perfezione e i punti persi si accumulano.
Il confronto tra la prima Inter di Inzaghi e quella di Chivu
I critici dicono che si tratta di errori imperdonabili, essendo l’Inter una squadra forte e matura. L’altro lato della medaglia è che il passaggio a Chivu comporta quasi l’inizio di un nuovo ciclo, con in panchina un tecnico praticamente debuttante. E’ interessante paragonare la situazione attuale con quella dell’autunno 2021, quando Simone Inzaghi ha preso il posto di Antonio Conte ereditandone una rosa scudettata ma anche indebolita da partenze eccellenti.
Ebbene, l’andatura delle due Inter è pressoché identica: quella di Inzaghi aveva un punto in più in campionato (25 contro 24) e aveva perso solo una volta mettendo in fila, però, una serie frustrante di pareggio nei big match contro Juventus, Milan e Atalanta mentre quella di Chivu non ha mezze misure: o vittoria o sconfitta. In Champions League meglio il romeno (12 punti contro 10) con un calendario che ha proposto avversari comparabili: allora Real Madrid, Sheriff Tiraspol (due volte) e Shakhtar Donetsk.
All’Inter di Chivu viene addebitata la scarsa attenzione difensiva, ma i numeri dicono che ha preso lo stesso gol di quella di Inzaghi in campionato e Champions League (16 complessivi) facendo più clean sheet. Attenzione, anche l’anno scorso al quarto e ultimo progetto inzaghiano la situazione era abbastanza simile: 25 punti, 14 gol incassati in campionato (oggi 13), big match persi (Milan) o pareggiati (Juventus e Napoli) e qualche rimonta dolorosa subita su campi di provincia.
Morale: Chivu deve aggiustare i difetti evitando l’errore di farsi prendere dalla frenesia buttando via il bambino con l’acqua sporca. Ragionare su fortuna o sfortuna sarebbe un errore, credere che sia tutto sbagliato pure. E’ questione di attenzione con qualche accorgimento tattico in più, nulla di irreparabile per una squadra che a giugno veniva descritta come arrivata alla fine del suo ciclo vitale.