“Basta il logo di un fast food o foto di dolci e patatine per spingere bimbi e adolescenti a mangiare di più”: lo studio. Berrino: “Una strategia per creare dipendenza”
- Postato il 21 maggio 2025
- Salute
- Di Il Fatto Quotidiano
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Basta l’esposizione a un semplice logo di un marchio di fast food per spingere bambini e adolescenti a consumare più cibo durante i pasti: in media, 130 calorie in più al giorno. È quanto emerge da un nuovo studio presentato al Congresso Europeo sull’Obesità, tenutosi a Malaga, dalla professoressa Emma Boyland, esperta di marketing del cibo e salute dei bambini presso l’Università di Liverpool. “Persino una breve esposizione a pubblicità di cibi ricchi di grassi, sale e zucchero può portare a un eccesso di consumo calorico e potenzialmente a un aumento di peso, specie nei giovani che sono più sensibili agli annunci pubblicitari, e il cui stile alimentare influenza la salute di tutta la vita”, ha spiegato Boyland.
La ricerca- Lo studio ha coinvolto 240 studenti tra i 7 e i 15 anni di scuole situate nella zona di Merseyside, nel Regno Unito. I partecipanti sono stati esposti, in due occasioni diverse, a pubblicità della durata di cinque minuti: in un caso di alimenti ad alto contenuto di grassi, zuccheri e sale; nell’altro di prodotti non alimentari. Gli spot, in alcuni casi, mostravano i prodotti veri e propri, in altri soltanto riferimenti al brand. Le pubblicità sono state veicolate attraverso quattro canali differenti: televisione, social media, podcast e cartellonistica. Al termine dell’esposizione, i ricercatori hanno osservato le scelte alimentari dei ragazzi durante il pranzo, lasciandoli liberi di decidere cosa mangiare. I risultati sono stati messi in relazione con l’indice di massa corporea (IMC) e il livello socioeconomico dei partecipanti, calcolato in base al codice postale della loro residenza. Che cosa è emerso? I giovani che avevano visto pubblicità legate al cibo spazzatura hanno consumato mediamente 130 kcal in più rispetto a quelli esposti a spot di altro tipo. Un risultato che non è stato condizionato dal tipo di media che trasmetteva lo spot, né dalle condizioni economiche; per contro, per ogni punto in più dell’IMC, il consumo è salito di ulteriori 17 calorie.
Che cosa c’è di nuovo- Sebbene da anni siano noti i legami tra pubblicità audiovisive e aumento del consumo di junk food nei giovanissimi, questo nuovo lavoro amplia il campo: analizza anche l’impatto di mezzi meno tradizionali, come podcast e annunci radiofonici, e dimostra che anche l’uso esclusivo del marchio – senza mostrare esplicitamente cibi o bevande – può influenzare negativamente le scelte alimentari. Inoltre, lo studio ha cercato di capire se l’impatto pubblicitario fosse più marcato in determinate fasce sociali, ma i risultati indicano che l’effetto è trasversale e riguarda tutti i gruppi, indipendentemente dal reddito familiare.
Le implicazioni- “Questo è il primo studio a dimostrare che anche le pubblicità di cibi comprendenti soltanto il brand, per le quali al momento non è prevista alcuna politica di restrizione a livello globale, aumentano il consumo di cibo nei bambini – dice Boyland -. Questa nuova scoperta aiuterà a progettare nuove, urgenti politiche restrittive nel marketing di prodotti alimentari che proteggano la salute dei ragazzi”.
Franco Berrino: L’Ue riduca l’esposizione ai marchi di junk food- “L’industria alimentare conosce da sempre gli effetti dei messaggi pubblicitari, anche subliminali, per rendere i prodotti ultraprocessati particolarmente attraenti, specialmente per i più giovani – spiega al FattoQuotidiano.it il dottor Franco Berrino, epidemiologo e già Direttore del Dipartimento di medicina preventiva e predittiva dell’Istituto tumori di Milano -. Questi alimenti, ricchi di zuccheri, grassi saturi e sale, sono progettati per essere irresistibili, sfruttando combinazioni che stimolano i centri del piacere nel cervello, simili a quelli attivati da sostanze come la nicotina. Questa strategia mira a creare una sorta di dipendenza, portando i consumatori, inclusi i bambini, a desiderare continuamente questi prodotti. Vorrei inoltre ricordare che una direttiva del Parlamento europeo del 2018 incoraggia gli Stati membri a promuovere regole per ridurre l’esposizione dei bambini alla pubblicità di cibi e bevande ricchi di zuccheri, sale e grassi saturi. Con questi nuovi risultati, la direttiva andrebbe estesa anche alla sola esposizione del brand”.
L’esperto ci ricorda che i prodotti ultraprocessati e contenenti un eccesso di zuccheri e grassi sono diffusi nelle scuole attraverso distributori automatici di merendine e bibite, da qui l’importanza di promuovere una buona cucina nelle mense scolastiche, educare i cuochi e ridurre l’influenza dell’industria alimentare nell’educazione alimentare dei bambini. In altre parole, è fondamentale adottare misure per limitare l’esposizione dei bambini a queste pubblicità e promuovere un’alimentazione sana fin dalla giovane età.
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