Basket in carrozzina: Il ballo europeo della Reggio Bic, squadra dai mille colori
- Postato il 29 aprile 2025
- Notizie
- Di Quotidiano del Sud
- 3 Visualizzazioni

Il Quotidiano del Sud
Basket in carrozzina: Il ballo europeo della Reggio Bic, squadra dai mille colori
L’incredibile stagione della Bic squadra di basket in carrozzina di Reggio Calabria: dal parquet all’impegno nelle carceri. Quando lo sport significa inclusione.
REGGIO CALABRIA- Questa storia comincia domenica scorsa, quando un numero imprecisato di reggini si è messo davanti a YouTube, in tarda mattinata, per una partita senza telecronaca, ma con un sottofondo di commenti in turco. Un appuntamento fatto più di passa-whatsapp che di passaparola, con un indirizzo da cliccare, per collegarsi con una palestra di Yalova, non lontano da Istanbul, per una diretta video artigianale e qualche bug passeggero nel segnapunti. Si giocava domenica una finale europea, e qui arriviamo al punto, perché non lo sapeva quasi nessuno. O meglio, il Quotidiano ne ha dato conto, ma l’eco è stata senz’altro inferiore rispetto alla benemerita Corrireggio (giusto e comprensibile), o ai mille selfie da Street Food sul Lungomare (un po’ ripetitivi), e alla giornata nera del calcio regionale.
Gli sportivi locali sono concentrati sul campionato di serie D della Reggina, i social accesi da un attacco del club amaranto a un giornalista. Scarsa attenzione, ci è parso, anche dalle benemerite autorità, che hanno il comunicato pronto, anche quando un benzinaio col bisnonno calabro vince un torneo di briscola a Melbourne. Ripetiamo: una finale europea, in cui era impegnata la Bic, come viene chiamata la squadra di basket in carrozzina di Reggio: in campionato si è fermata alle semifinali, in Europa si è giocata la vittoria, ma il risultato non è importante, e quindi magari lo diciamo alla fine. In ogni caso un exploit che va sicuramente oltre i confini di una Regione raramente giunta a risultati di questa portata, in uno sport che è disciplina paraolimpica.
LA PALLACANESTRO NEL DNA DI REGGIO
A questo punto tocca tornare sulla parola “basket”, anche se è sbagliato ridurre certi fatti a una questione di sport. Perché la città dello Stretto ha la pallacanestro nel Dna, fin da quando le partite si giocavano all’aperto all’istituto “Piria” e il fondo grigio era il killer di ginocchi e caviglie. Perché certi nomi provocano una nostalgia pavloviana, l’occhio si fa umido per il piccolo Kobe Bryant che stava con i pulcini. E poi il giudice Viola, personaggi mitici come Mike Campanaro, Manu Ginobili, Hugo Sconochini, allenatori come Charlie Recalcati o Gaetano Gebbia: e ognuno poi ha il suo ricordo che è una mappa della città, dai tabelloni del De Amicis, al Botteghelle, al PalaCalafiore tornato lucente insieme al suo cubo.
BASKET IN CARROZZINA, DAL SOCIALE AL CAMPO: LA NASCITA DELLA REGGIO BIC
Con un punto caldo degli ultimi mesi, il playground del Tempietto in riva al mare, dove capita di trovare ragazzi che provano i liberi alle quattro del mattino, o squadre filippine che litigano in dialetto strettese, senza che nessun vicino protesti, perché i più vicini – e i veri controllori del territorio – sono i gabbiani. La o di Reggio potrebbe quindi essere una palla a spicchi.
E così, a un certo punto questa passione ha sconfinato nel sociale, la prima squadra di basket a carrozzina è nata a Lazzaro, dove finisce lo Stretto, e si chiamava Kleos. Poi un paio di fallimenti e l’esperienza della Bic, che l’anno prossimo compirà dieci anni. Importante e decisivo il messaggio, l’ispirazione che questo club può dare alla città a alla Regione. Una piccola esperienza di grande valore. Perché lo sport vero e pulito è quello che supporta, che aiuta i più deboli e gli svantaggiati, quelli che vengono tenuti ai margini.
UN MESSAGGIO DI VALORE SOCIALE E INCLUSIONE
Non a caso, la Bic è impegnata anche nel progetto “MettiAmoci in gioco” attivo nelle carceri minorili e nelle comunità di recupero, a cura della dg Amelia Cugliandro. I cestisti incontrano i giovani, c’è uno scambio di esperienze, si parla e si lavora per una reinclusione nella società. Organizzati seminari, corsi per istruttori e arbitri. Certo, c’è il tema della sostenibilità. Quello che Fortunato Serranò, fotoreporter e presenza fissa al palazzetto, chiama “un milione di difficoltà”. In questa stagione sono arrivati più sponsor (farmacie, istituti di fisioterapia), ha messo dei soldi anche un ristorante. Ma partecipare al girone unico in serie A significa affrontare viaggi lunghi e costosi, in Sardegna, a Padova, Macerata.
Li chiamano “i viaggi della speranza”, due weekend al mese. Quest’anno, per le qualificazioni dell’Eurocup, la Bic è andata oltre i mille spettatori. Per una città così identitaria, una realtà del genere è una piacevole scoperta, anche se in molti non se ne sono ancora accorti. È anche un modo per scoprire uno sport nuovo, che deve avere una dignità nei Palazzetti. La Bic è una calamita: ha organizzato già appuntamenti europei, ha ospitato anche la squadra di Israele, con tutte le misure di sicurezza del caso e senza che si sapesse in giro, ha portato le squadre in uno dei pochi hotel della città senza barriere architettoniche.
L’UNICA SQUADRA DEL SUD IN SERIE A, UNA CALAMITA SPORTIVA E UN ERASMUS ALLARGATO
È l’unica squadra del Sud a giocare in serie A, un Erasmus allargato al mondo. Ci gioca Joakim Blomquist, capitano della nazionale svedese. E poi due thailandesi, Pongsakorn Sripirom e Kwanchai Pimkorn (che è capitano della Bic, classe ’84, il meno giovane). Vivono tutti in un appartamento confiscato alla mafia e assegnato dalla Città Metropolitana, non lontano dall’Università “Mediterranea”. Chi è stato in quella casa racconta di cene etniche e serate di hamburger, non manca la musica brasiliana, e a Porto Torres è arrivato il tempo della grigliata in trasferta. Qualche giocatore ha trovato occupazione a Reggio (senza saltare un allenamento!): Ivan Messina lavora per esempio per una compagnia telefonica.
Un gruppo eterogeneo e multicolore nato dalle ricerche del coach Antonio Cugliandro, che nella vita fa l’assicuratore, ma trova il tempo di andare in giro a caccia di talenti. Il suo segreto, scovare sconosciuti che fanno la differenza, anche a costo di passarsi tutte le serate al video. L’ultima scoperta: Clemente Juninho, classe ’99, che potremmo definire un lungo che segna da fuori. 137 punti totali, media 27.4: miglior marcatore del torneo. Con queste premesse ci siamo messi domenica mattina davanti a YouTube, per seguire la partita e soprattutto sentire i rumori del campo.
Che non sono solo quelli della palla che rimbalza, ma delle carrozzine che si scontrano, di ruote che saltano. Il gioco è fatto di muscoli e di spallate, e non mancano i tiri da tre. Ma il vero spettacolo è che tante persone, nonostante un incidente grave, un handicap, abbiano saputo trovare un secondo tempo felice della loro esistenza.
BASKET IN CARROZZINA, LE EMOZIONI E L’INSEGNAMENTO DELLA PRESIDENTE DELLA REGGIO BIC, D’ANNA
La presidente Ilaria D’Anna ha indossato varie canotte in Calabria, ha praticato atletica e pallamano per poi fermarsi per una grave patologia. Cugliandro, anche lui ex cestista, è diventato suo marito, oggi hanno due figli. Dice D’Anna: “Un grande insegnamento arriva da questi ragazzi, che affrontano con un sorriso un percorso che è stato difficile. Io ho giocato a basket in piedi e poi l’ho riscoperto in carrozzina: posso assicurarle che le emozioni, l’adrenalina sono le stesse. E nel nostro caso, lo sport ti insegna ad affrontare gli ostacoli della vita, non solo la buca sul marciapiede che ti fa cambiare strada”.
Stavamo dimenticando la finale. La Bic è partita benissimo contro gli andalusi dell’Amivel e ha chiuso in vantaggio il primo quarto, con una certa vocazione alle manovre e Clemente Juninho protagonista. Poi gli spagnoli sono riusciti a prendere le misure, e hanno vinto d’esperienza: 81-67. Senza togliere un solo sorriso ai giocatori della squadra reggina.
Il Quotidiano del Sud.
Basket in carrozzina: Il ballo europeo della Reggio Bic, squadra dai mille colori