Bartolomeo Cesi (1556-1629). Pittura del silenzio nell’età dei Carracci. Al Museo Civico Medievale di Bologna
- Postato il 23 novembre 2025
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- Di Paese Italia Press
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Mentre il panorama artistico bolognese tra Cinquecento e Seicento fu dominato dalla rivoluzione naturalista dei Carracci, uno straordinario maestro seppe imporre un linguaggio alternativo e vincente: Bartolomeo Cesi (1556-1629).
A lui è dedicata una prima assoluta, la mostra monografica Bartolomeo Cesi (1556-1629). Pittura del silenzio nell’età dei Carracci, curata da Vera Fortunati, massima esperta del Cinquecento bolognese.
Allestita nelle sale del Lapidario del Museo Civico Medievale di Bologna dal 22 novembre 2025 al 22 febbraio 2026 e organizzata nel contesto del Giubileo 2025, l’esposizione è promossa dal Comune di Bologna e dall’Arcidiocesi di Bologna, con la partecipazione dei Musei nazionali di Bologna – Direzione regionale Musei nazionali Emilia-Romagna e la Main partnership di Gruppo Hera: un’occasione imperdibile per riscoprire il genio che, pur operando in diretta concorrenza con Agostino, Ludovico e Annibale Carracci, scelse una strada stilistica autonoma, segnata dalla solennità e dalla contemplazione mistica.
L’originalità della “Pittura del Silenzio”
Bartolomeo Cesi, autore di opere prevalentemente religiose destinate a chiese e conventi, sviluppò un vocabolario espressivo unico e profondamente spirituale. Mentre i Carracci spingevano verso lo studio diretto del naturale e del “vivo”, Cesi costruiva figure immobili e solenni, ritmate da colori squillanti e immerse in paesaggi solitari, generando effetti di sublimato naturalismo. La sua pittura spinge lo spettatore verso una dimensione sovrasensibile di assorta e silenziosa contemplazione, quasi ad anticipare la ricerca del bello ideale che sarà poi la cifra stilistica di Guido Reni. Non a caso, il Malvasia nel 1678 annotava come le opere di Cesi diedero a Guido “la prima mossa per inventar quella sua soave e gentil maniera”.
L’esposizione si concentra sugli anni più felici dell’artista (1585-1597 ca.), in cui il suo dialogo, solitario e coraggioso, con le novità carraccesche raggiunse il massimo equilibrio tra rigore compositivo, aderenza ai dettami della Controriforma e apertura al vero.
Un percorso tra capolavori e restauri
Attraverso un percorso di visita articolato in oltre 30 opere – tra dipinti, disegni e monumentali pale d’altare – la mostra affronta i temi salienti della poetica di Cesi e restituisce alla città alcuni lavori sulla cui conservazione si è intervenuti per l’occasione.
Infatti il progetto espositivo è strettamente legato alla valorizzazione del patrimonio artistico cittadino, reso possibile grazie al significativo investimento del Comune di Bologna per la conservazione e il restauro di opere dell’artista. Alcuni dipinti, prima di difficile visione per il deterioramento della superficie pittorica, sono presentati allo sguardo rinnovato del pubblico: La Trinità e la Vergine adorate dai santi Bernardino da Siena e Sebastiano (IRCCS Azienda ospedaliero-universitaria di Bologna – Policlinico Sant’Orsola); Madonna con il Bambino in gloria con i santi Benedetto, Giovanni Battista e Francesco (chiesa di San Giacomo Maggiore, proprietà del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno); il San Benedetto seduto della Città Metropolitana di Bologna; e San Francesco in preghiera (Frati Minori Cappuccini dell’Emilia-Romagna).
Un’esperienza diffusa e digitale
Il progetto espositivo si estende oltre le mura del Museo Civico Medievale, creando in città una sorta di museo diffuso a tema Cesi: il percorso, che comprende anche lo splendido ciclo decorativo realizzato per la cappella maggiore della Chiesa di San Girolamo della Certosa, culmina nella Pinacoteca nazionale di Bologna, dove le opere di Cesi nella Sala 22 permettono di ricostruire il contesto artistico e fanno da ponte stilistico con la sala dedicata ai Carracci, in un confronto diretto con i suoi illustri competitori.
Inoltre, grazie alla ricostruzione in ambiente di realtà virtuale, è possibile rivivere il ciclo decorativo perduto delle Storie della Vergine affrescato da Cesi nella cappella di Santa Maria dei Bulgari nel palazzo dell’Archiginnasio. Per promuovere una valorizzazione a lungo termine di questo patrimonio culturale, la fruizione della tecnologia rimarrà disponibile anche dopo la conclusione della mostra.
Tra i servizi attivi a disposizione, l’app MuseOn consente di esplorare e approfondire le opere esposte nella mostra al Museo Civico Medievale, accompagnando i visitatori alla scoperta di Bartolomeo Cesi con sussidi in lingua italiana e inglese.
Fondazione Bologna Welcome contribuisce al progetto, promuovendo anche tre percorsi di visita tematici, condotti e illustrati da guide turistiche della Federazione Confguide Confcommercio Ascom Bologna, per accompagnare il pubblico nella riscoperta delle opere e dei contesti in cui il pittore operò sul territorio.
L’esposizione è accompagnata dal catalogo a cura di Vera Fortunati, finanziato dai Musei nazionali di Bologna e pubblicato da Silvana Editoriale, con un ricco repertorio di contributi scientifici.
Per ritrovare le opere di Bartolomeo Cesi ancora oggi custodite a Bologna, per lo stesso editore è inoltre disponibile una guida storico-artistica curata da Giovanna Degli Esposti.
COMUNICATO STAMPA
Bologna, 22 novembre 2025 – Il Comune di Bologna – con i Musei Civici d’Arte Antica delSettore Musei Civici e la Biblioteca comunale dell’Archiginnasio del Settore Biblioteche e Welfare culturale – e l’Arcidiocesi di Bologna promuovono la riscoperta di uno dei più significativi interpreti della cultura figurativa bolognese tra Cinquecento e Seicento, presentando la prima mostra monografica dedicata al pittore Bartolomeo Cesi (Bologna, 1556 – ivi, 1629), visibile dal 22 novembre 2025 al 22 febbraio 2026 nel Lapidario del Museo Civico Medievale.
L’iniziativa espositiva Bartolomeo Cesi (1556-1629). Pittura del silenzio nell’età dei Carracci, a cura di Vera Fortunati, è organizzata nel contesto del Giubileo 2025, con la partecipazione dei Musei nazionali di Bologna – Direzione regionale Musei nazionali Emilia-Romagna e la Main partnership di Gruppo Hera.
Autore principalmente di opere di soggetto religioso, destinate a restare all’interno delle mura di chiese e conventi, Bartolomeo Cesi operò in diretta concorrenza con i coevi Agostino, Ludovico e Annibale Carracci, dai quali seppe distinguersi per la costruzione di un vocabolario espressivo originale fatto di figure immobili e solenni, ritmate da colori squillanti e collocate in paesaggi solitari in cui prevalgono effetti di sublimato naturalismo: una pittura alternativa a quella radicalmente innovativa dei Carracci, tesa allo studio diretto del naturale e del “vivo”, che sarebbe risultata vincente tra quelle offerte dal panorama artistico bolognese del tempo.
Come ad anticipare la pittura di Guido Reni, tutta volta alla ricerca di un bello ideale non esperibile nella sfera del reale, la sua opera spinge lo spettatore verso una dimensione sovrasensibile di assorta e silenziosa contemplazione.
Accanto alla riconsiderazione critica complessiva del percorso di Bartolomeo Cesi, la mostra contribuisce alla valorizzazione del patrimonio artistico cittadino grazie al significativo investimento del Comune di Bologna per la salvaguardia e la conservazione di opere dell’artista attraverso interventi di restauro e manutenzione di alcuni dipinti di difficile visione al pubblico per la loro collocazione: La Trinità e la Vergine adorate dai santi Bernardino da Siena e Sebastiano (1585-1595), di proprietà della Direzione Generale IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna – Policlinico Sant’Orsola; la pala Madonna con il Bambino in gloria e i santi Benedetto, Giovanni Battista e Francesco (1590 ca.) dalla chiesa di San Giacomo Maggiore (proprietà Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno); SanBenedetto seduto (1590) dalla Città metropolitana di Bologna e San Francesco in preghiera (1607) dai Frati Minori Cappuccini dell’Emilia-Romagna.
Nella ricezione critica la personalità di Cesi fu dapprima intesa come una figura mediana tra i manieristi e i Carracci, ovvero come un artista il cui linguaggio mostrava sia vocaboli desueti che nuovi, introdotti a partire dalle sperimentazioni naturalistiche dei tre cugini.
Di lui scrisse l’abate Luigi Lanzi nella Storia pittorica della Italia (1792-1809) riprendendo il giudizio già espresso da Carlo Cesare Malvasia nella Felsina Pittrice: Vite de’ pittori bolognesi (1678): “Bartolommeo Cesi è anch’egli uno de’ capiscuola che appianarono a’ caracceschi la via al buon metodo. Da esso apprese il Tiarini l’arte di dipingere a fresco, e le opere di lui diedero a Guido la prima mossa per inventar quella sua soave e gentil maniera. Chi osserva un’opera del Cesi dubita talora che sia un lavoro di Guido giovane. Poco ardisce, tutto ritrae dal naturale, sceglie in ogni età belle forme e parcamente aiutale con la idea; rare pieghe, attitudini misurate, tinte più leggiadre che forti. […] È molto notabile ciò che scrive il Malvasia in commendazione di questo pittore: aver lui una maniera che appaga, piace, innamora; linda veramente e soave quanto qualsivoglia stile de’ miglior frescanti toscani. Fu considerato da’ Caracci, e generalmente amato da’ professori per la onestà del suo carattere e per l’amore verso l’arte”.
Nel corso del Novecento, a partire dal fondamentale saggio di Alberto Graziani (1939), si affermò il suo ruolo di «artista della controriforma» dalla sensibilità religiosa austera e schietta, colui che, più di tutti a Bologna, seppe e volle realizzare gli indirizzi della nuova arte cristiana: verosimiglianza della narrazione, chiarezza e semplicità per essere comprensibile ad un pubblico variegato, ma anche la capacità di suscitare diletto e coinvolgimento emotivo.
L’esposizione si concentra sul periodo più felice della lunga carriera di questo artista colto e raffinato, negli anni in cui si impegnò in un dialogo solitario e coraggioso con le novità della produzione carraccesca, tra il 1585 e il 1597 circa.
Attraverso un percorso di visita articolato in oltre 30 opere – tra dipinti, disegni e monumentali pale d’altare – vengono affrontati i temi salienti della sua poetica e i generi pittorici con cui si affermò come protagonista di grande rilevanza nella vivace geografia artistica e culturale di Bologna nel suo tempo. L’evoluzione stilistica della sua identità, oscillante tra ascendenze manieriste e momenti di apertura al naturalismo carraccesco, sempre in equilibrio con un rigore compositivo e tonale aderente ai dettami dell’ideologia cattolica post-tridentina, viene approfondita nella successione di cinque nuclei tematici: la formazione; i ritratti; i disegni; le pale d’altare e i cicli decorativi presso le Certose.
La mostra si apre con il racconto della formazione dell’artista negli anni Settanta del Cinquecento, durante la stagione di rinnovamento spirituale e figurativo inaugurata dalla Chiesa controriformata, a cui partecipa anche la città di Bologna sotto l’influenza del pontificato di papa Gregorio XIII, il bolognese Ugo Boncompagni (Bologna, 1501 – Roma, 1585), e dell’azione pastorale del cardinale Gabriele Paleotti (Bologna, 1522 – Roma, 1597). La figura di quest’ultimo, in particolare, alimentò un vivace fermento culturale che vide tra i protagonisti lo storico Carlo Sigonio e lo scienziato Ulisse Aldrovandi, con la pubblicazione nel 1582 del celebre Discorso sulle immagini sacre e profane, che poneva al centro l’arte come strumento privilegiato per attuare con gradualità e moderato rigore la precettistica tridentina.
Cesi, discepolo di Giovanni Francesco Bezzi conosciuto anche come il Nosadella (Bologna, 1530 – ivi, 1571), cresciuto nel solco della tradizione della maniera bolognese, con incursioni verso Federico Barocci e i riformati senesi, dopo l’esperienza romana del 1591 adotta uno stile di nitida severità. Bartolomeo appare particolarmente attento alle istanze concettuali attive nell’ambito del riformismo paleottiano ancora prima che venissero proposte nel Discorso, accattivandosi il favore del cardinale che, tra il 1579 e il 1585, lo coinvolge nel grandioso programma decorativo della zona absidale della cattedrale di San Pietro e nel ciclo con le Istorie de’ Martiridella cripta, eseguito con la collaborazione di Camillo Procaccini (Parma, 1561 – Milano, 1629): lavori che dovevano documentare l’abilità del pittore come ‘frescante’, enfatizzata da Carlo Cesare Malvasia (1678), oggi quasi completamente distrutti.
Nel successivo focus dedicato alla produzione ritrattistica viene presentata una selezione di quattro tra le dieci opere appartenenti a questo genere, che la critica riconosce all’artista con consenso quasi unanime.
Fondamentale punto di riferimento è il Ritratto di gentiluomo venticinquenne con la spada (Imola, Museo San Domenico – Collezioni d’Arte della Città) attribuito con una datazione al 1585 da Alberto Graziani, che ne ha delineato i caratteri specifici nel rapportare la tipologia della ritrattistica internazionale a una cauta indagine verso l’interiorità dell’effigiato. Più tardo è il Ritratto di frate (Bologna, Museo Davia Bargellini), datato 1592, dove più accentuata è l’aderenza al vero. Ma il risultato più straordinario si raggiunge nel piccolo Ritratto di certosino in veste di Dionisio Cartusiano (Bologna, Pinacoteca nazionale) dove lo sguardo del religioso proveniente da un mondo lontano allude alla meditazione solitaria per avviarsi all’ascesa mistica.
Fin dagli inizi della sua carriera, Cesi mostra di praticare, seguendo l’esempio dei giovani Carracci, il disegno dal vero. La pittura di Cesi nasce da lunghe progettazioni che si affidano a bellissime prove grafiche custodite in numerose collezioni pubbliche e private in Italia, Europa e Stati Uniti, con armoniose stratificazioni ed elaborazioni di modelli diversi: da Raffaello e Correggio ai Carracci, da Girolamo Muziano e Scipione Pulzone ai riformati toscani e ai barocceschi senesi.
L’alta qualità della sua attività disegnativa è documentata in mostra da ritratti con giovani colti dal vero che, ammantati in ampi drappeggi, posano per essere poi rielaborati e trasformati in illustri protagonisti (santi, profeti, apostoli…) o in figure allegoriche.
Nella quarta sezione è possibile ammirare alcune tra le più pregevoli pale d’altare eseguite da Cesi, in una rielaborazione progressiva e originalissima dello sperimentalismo naturalistico dei Carracci, radicato nella pratica del disegno dal vero inaugurato dalla loro bottega. Egli è l’unico, fra i tardo manieristi bolognesi, a comprendere le dirompenti novità della pala con Crocifisso con i dolenti e i Santi Bernardino da Siena, Francesco e Petronio (1583) realizzata dal venticinquenne Annibale per la chiesa bolognese di Santa Maria della Carità, destando grande sconcerto nell’ambiente artistico cittadino per il linguaggio quasi scandaloso.
Per comprendere in quale modo Bartolomeo giunga a realizzare una sublimata assimilazione del naturalismo carraccesco nella pala con il Crocifisso con i Santi Andrea, Pietro Toma e Paolo (1584-1885) per la cappella Zini nellabasilica di San Martino Maggiore, occorre comprendere che se per Annibale, e ancora più per Ludovico, il sacro si incarna nell’esistere terreno, per non dire quotidiano, di persone e ‘cose’, per Bartolomeo il mistero del sacro si scopre nell’esperienza contemplativa che esige silenzio e preghiera, praticata anche dai laici, ma soprattutto dalla devozione monastica. In questa opera già si delinea il futuro destino di Cesi: la sua pittura tra fedeltà alla più nobile tradizione accademica e l’incontro con il ‘vivo’ e il ‘vero’ carraccesco, si inoltra nello spazio insondabile e silenzioso dell’Assoluto mistico, proprio degli ordini religiosi con cui Bartolomeo lavora, i benedettini ma soprattutto i certosini.
Una sublime sintesi tra natura ed idea risplende nei lavori eseguiti per la chiesa di San Procolo: nel San Benedetto ascolta la celeste armonia, in cui il santo giganteggia in un disadorno, quasi invernale, paesaggio appenninico che sembra descritto con la perizia delle mappe tematiche ampiamente conosciute a Bologna e adottate dallo stesso Paleotti; nel San Benedetto seduto, commissionato dai monaci benedettini per il coro della chiesa, la figura solenne e quasi liturgica è costruita frontalmente come un’icona medievale, mentre quasi carraccesca è l’incisiva descrizione del volto segnato dalla vecchiaia.
Cesi raggiunge l’apice più alto intorno al 1590 nella pala con la Madonna con il Bambino in gloria con i santi Benedetto, Giovanni Battista e Francesco, eseguita per la cappella della famiglia Paleotti nella chiesa agostiniana di San Giacomo Maggiore, unanimemente riconosciuta come uno dei più significativi esempi di pittura controriformata sull’onda della precettistica paleottiana. Del tutto inedita appare l’armonia musicale di questo trasfigurato classicismo naturalistico: il paesaggio silenzioso “nel valore fermo della luce” (Francesco Arcangeli), i giochi sottili della luce argentea e dell’ombra mediati da Correggio e Barocci, “la vibrazione perlacea delle superfici” (Alberto Graziani) destarono la stupita ammirazione di Guido Reni “putello ancora”, come Carlo Cesare Malvasia (1678) non mancò di ricordare.
Al massimo successo Cesi riceve commissioni prestigiose: il ciclo decorativo per la cappella maggiore della chiesa di Santa Maria Assunta della Certosa di Maggiano, vicino a Siena (1593-1594); il complesso decorativo per la cappella della piccola chiesa di Santa Maria dei Bulgari, collocata all’interno del palazzo dell’Archiginnasio; il trittico con l’Adorazione dei Magi (1595) per la basilica patriarcale di San Domenico, dove il famoso cartone di Baldassarre Peruzzi (British Museum, Londra) viene interpretato con una severa solennità liturgica, che a Francesco Arcangeli evocava Francisco de Zurbarán.
Sono questi gli anni anche della feconda sintonia tra l’artista e l’ordine certosino. Nel 1593 il priore Giovanni Battista Capponi gli commissiona il complesso ciclo decorativo della cappella maggiore della chiesa di San Girolamo della Certosa, armonioso insieme di affreschi, dipinti e stucchi, bianchi e dorati, definito da Francesco Arcangeli “il più bel ciclo pittorico bolognese della pittura di Controriforma”. Un unicum irripetibile del ‘pittore del silenzio’, dove l’artista è animato da un sentimento religioso in profonda sintonia con la devozione cartusiana: una straordinaria scenografia per un luogo di grande spiritualità, quasi un Escorial bolognese.
Nello spazio rigorosamente riservato ai monaci l’artista crea un teatro sacro a forte potenziale mistico, dove prime protagoniste sono le tre tele in loco nel 1597, di inusuale, imponente grandezza che visualizzano, secondo le regole della composizione visiva ignaziana, i tre momenti culminanti della passione di Cristo (Orazione nell’orto, Crocifissione con i dolenti, Deposizione).
La qualità figurativa trasfigura la materia e il colore attraverso raffinatissimi passaggi di luci livide ed irreali. A destra e a sinistra delle due pale laterali il pittore immagina, entro nicchie dipinte, beati e santi certosini a figura intera in una vastissima gamma di pose, di gesti, di sguardi: una costruzione scenica di grande impatto emotivo, esaltata dai fondali vuoti e cupi, dove si rispecchia l’abilità ritrattistica di Cesi. I certosini diventano presenze assorte e silenti che accompagnano il religioso nel suo quotidiano viaggio alla scoperta del proprio mondo interiore.
Nella sezione finale dedicata alle Certose sono collocate le due struggenti tele Flagellazione di Cristo e Gesù Cristo incoronato di spine (Bologna, Pinacoteca nazionale), eseguite quasi contemporaneamente (1597-1599) da Ludovico Carracci per le pareti antistanti il coro dei monaci nella stessa chiesa di San Girolamo della Certosa. Incurante del “decoro” richiesto dalla Controriforma nel rappresentare le immagini sacre, l’artista rappresenta il dramma sacro con tale crudo realismo da suscitare, si racconta, le ire del padre priore che impose la copertura del volto del manigoldo che sputa sul volto di Cristo. Una scelta stilistica, quella di Ludovico nel mostrare efferatezza per persuadere e commuovere lo spettatore, che si pone in antitesi alla semplificazione iconografica atta ad agevolare una lettura devota perseguita da Cesi, quasi ad anticipare lo scontro dialettico tra altri due grandi grandi artisti: Guido Reni e Guercino.
Uno strumento in più per accompagnare i visitatori italiani e stranieri alla scoperta dell’arte di Bartolomeo Cesi è disponibile sull’app MuseOn, con un percorso gratuito che consente di esplorare e approfondire in autonomia 23 opere esposte. Le schede, disponibili in lingua italiana e inglese, contengono un breve testo descrittivo che, oltre ad essere letto, può essere ascoltato direttamente dal proprio dispositivo. L’app è scaricabile sia in versione iOS che Android. Per accedere al percorso occorre aprire l’applicazione e inquadrare il codice QR presente all’ingresso della mostra.
Il progetto espositivo allestito nel Lapidario del Museo Civico Medievale trova un naturale completamento nelle sale dedicate al Cinque e Seicento della Pinacoteca nazionale di Bologna (Musei nazionali di Bologna – Direzione regionale Musei nazionali Emilia-Romagna), l’autentico fulcro del museo recentemente rinnovato nell’allestimento, dove l’arte carraccesca e quella di Bartolomeo Cesi si trovano a confronto diretto.
Dalla premessa rappresentata dall’Estasi di Santa Cecilia di Raffaello, archetipo fondamentale per Cesi esposto nella Sala 15, nella Sala 22 sono esposte le opere che, realizzate nella seconda metà del Cinquecento, precedono o sono contemporanee alla rivoluzione naturalista dei Carracci, e mantengono nella loro composizione una stretta osservanza ai canoni stilistici del Manierismo. Tra i vari artisti presenti si trovano Giorgio Vasari, Camillo Procaccini, Prospero Fontana e Bartolomeo Passerotti, importante interprete della seconda maniera bolognese, in cui la tradizionale propensione verso il naturalismo corregge gli schemi fortemente concettuali del periodo. È affidato alla severità compositiva e devozionale delle opere di Bartolomeo Cesi il compito di fare da tramite con la sala 23 dedicata ai Carracci per concludere, nella sala 24, con l’intensa religiosità delle grandi pale d’altare di Guido Reni.
Inoltre, grazie alla ricostruzione in ambiente di realtà virtuale fruibile in loco su smartphone e tablet, è possibile ammirare il ciclo decorativo con le Storie della Vergine affrescato da Cesi nella cappella di Santa Maria dei Bulgari nel palazzo dell’Archiginnasio, andato perduto in seguito a un bombardamento anglo-americano nel 1944 e ricostruito a partire da 20 lastre fotografiche realizzate da Felice Croci all’inizio del Novecento.
L’intervento rientra nel progetto “SIMBOLO – Il sistema digitale dei Musei Civici di Bologna verso il futuro” realizzato grazie ai Fondi europei della Regione Emilia-RomagnaPR-FESR 2021-2027 – Priorità 1 Ricerca, Innovazione e Competitività e Digitalizzazione Azione 1.2.2 Sostegno alla trasformazione e allo sviluppo digitale della cultura: interventi sulle Digital Humanities.
Durante il periodo di apertura della mostra sono previsti slot di visite guidate individuali o per gruppi accompagnati da guide turistiche a ingresso gratuito, con prenotazione obbligatoria sul sito web www.bolognawelcome.com.
Per promuovere una valorizzazione a lungo termine di questo patrimonio culturale, la fruizione del progetto tecnologico rimarrà disponibile anche dopo la conclusione della mostra.
Nell’ottica di un più ampio disegno finalizzato alla promozione del patrimonio storico-artistico di Bologna, Fondazione Bologna Welcome promuove tre percorsi di visita tematici accompagnati da guide turistiche iscritte alla Federazione Confguide Confcommercio Ascom Bologna, per consentire al pubblico di arricchire la visita alla mostra con la fruizione itinerante della produzione di Bartolomeo Cesi diffusa in città. Un’occasione unica per incontrare le opere e i luoghi in cui l’artista operò. Le informazioni sugli itinerari e le modalità di prenotazione sono disponibili sul sito web www.bolognawelcome.com.
Al di fuori degli slot di visita indicati, la chiesa di San Girolamo della Certosa è liberamente visitabile compatibilmente con lo svolgimento delle funzioni religiose.
Durante il periodo di apertura è previsto un ricco programma di attività (conferenze, visite guidate per il pubblico adulto, attività per famiglie) nelle sedi del Museo Civico Medievale e della Pinacoteca nazionale di Bologna. Per modalità di prenotazione e costi di partecipazione di ogni appuntamento si invita a consultare i siti web www.museibologna.it/medievale e www.pinacotecabologna.beniculturali.it.
L’esposizione Bartolomeo Cesi (1556-1629). Pittura del silenzio nell’età dei Carracci è accompagnata da un catalogo a cura di Vera Fortunati, finanziato dai Musei nazionali di Bolognaepubblicato da Silvana Editoriale, con un ricco repertorio di contributi scientifici (Stefano Ottani, Daniele Benati, Vera Fortunati, Alessandro Zacchi, Angela Ghirardi, Angelo Mazza, Michele Danieli, Flavia Cristalli, Ilaria Bianchi, Mark Gregory D’Apuzzo, Mirella Cavalli, Valeria Rubbi, Antonella Mampieri, Emanuela Fiori, Caterina Pascale Guidotti Magnani, Stefania Biancani, Giovanni Giannelli e Federica Restiani, Patrizia Moro).
Per lo stesso editore è inoltre disponibile una guida storico-artistica a cura di Giovanna Degli Esposti, che offre una breve rassegna delle opere realizzate da Bartolomeo Cesi ancora oggi custodite nella città di Bologna. Le opere sono presentate suddivise per tipologia di luogo (collezioni pubbliche, palazzi, edifici ecclesiastici) e in ordine alfabetico. Ogni tappa del percorso è arricchita da una breve scheda che racconta la storia dell’opera, la sua committenza, l’iconografia e il periodo di esecuzione.
L’organizzazione della mostra e le attività di valorizzazione ad essa correlate sono rese possibili dalla partecipazione e dall’impegno di numerosi soggetti pubblici e privati, che concorrono alla riscoperta e riappropriazione di un importante artista profondamente radicato nel contesto artistico del territorio.
Mostra promossa da: Comune di Bologna | Settore Musei Civici | Musei Civici d’Arte Antica, Comune di Bologna | Settore Biblioteche e Welfare culturale | Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, Arcidiocesi di Bologna nell’ambito del Giubileo 2025
Con la partecipazione di: Musei Nazionali di Bologna – Direzione Regionale Musei nazionali Emilia-Romagna
Main partner: Gruppo Hera
Sponsor: Reale Collegio di Spagna
In collaborazione con: Fondo Edifici per il Culto, Fondazione Bologna Welcome, Padri Passionisti Bologna
Con il contributo di: Confcommercio Ascom Bologna, Profilati S.P.A., Rotary eClub 2072, Fondantico di Tiziana Sassoli
Con il patrocinio di: Regione Emilia-Romagna, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna | Dipartimento delle Arti
L’immagine coordinata della mostra Bartolomeo Cesi (1556-1629). Pittura del silenzio nell’età dei Carracci è stata finanziata dall’Unione europea nell’ambito del Programma Nazionale Metro Plus e Città Medie Sud 2021-2027 – Priorità 7 – Progetto BO7.5.1.1.b I musei come leva di sviluppo turistico e promozione dei talenti.
SCHEDA TECNICA
Mostra
Bartolomeo Cesi (1556-1629). Pittura del silenzio nell’età dei Carracci
A cura di
Vera Fortunati
Promossa da
Comune di Bologna | Settore Musei Civici | Musei Civici d’Arte Antica
Comune di Bologna | Settore Biblioteche e Welfare culturale | Biblioteca comunale dell’Archiginnasio
Arcidiocesi di Bologna
Nell’ambito di
Giubileo 2025
Con la partecipazione di
Musei nazionali di Bologna – Direzione regionale Musei nazionali Emilia-Romagna
Sede
Museo Civico Medievale
Via Alessandro Manzoni 4 | 40121 Bologna
Periodo di apertura
22 novembre 2025 – 22 febbraio 2026
Orario di apertura
Martedì, giovedì 10.00 – 14.00
Mercoledì, venerdì 14.00 – 19.00
Sabato, domenica, festivi 10.00 – 19.00
Chiuso lunedì non festivi
Orario di apertura festività natalizie 2025 – 2026
8 dicembre (Immacolata Concezione) 10.00 – 19.00
24 dicembre (vigilia di Natale) 10.00 – 14.00
25 dicembre (Natale) chiuso
26 dicembre (Santo Stefano) 10.00 – 19.00
31 dicembre (San Silvestro) 10.00 – 14.00
1° gennaio (Capodanno) 12.00 – 19.00
6 gennaio (Epifania) 10.00 – 19.00
Ingresso
Intero € 6 | ridotto € 4 | ridotto speciale giovani tra 19 e 25 anni € 2 | gratuito possessori Card Cultura
Agevolazioni biglietti integrati
• Ingresso gratuito alle Collezioni Comunali d’Arte per possessori biglietto Museo Civico Medievale
• Ingresso ridotto alla Pinacoteca nazionale di Bologna (€ 10) per possessori biglietto Museo Civico Medievale
• Ingresso ridotto a Palazzo Fava. Palazzo delle Esposizioni (€ 10) per possessori biglietto Museo Civico Medievale
• Ingresso gratuito alle Collezioni Comunali d’Arte e al Museo Civico Medievale per partecipanti all’itinerario 1 di Fondazione Bologna Welcome (cappella di Santa Maria dei Bulgari, Collezioni Comunali d’Arte e Museo Civico Medievale)
• Ingresso ridotto alle Collezioni Comunali d’Arte (€ 4) e al Museo Civico Medievale (€ 4) per partecipanti agli itinerari 2 e 3 di Fondazione Bologna Welcome (chiesa di San Girolamo della Certosa / Pinacoteca nazionale di Bologna)
• Ingresso ridotto al Museo Civico Medievale (€ 4) per possessori di biglietto Pinacoteca nazionale di Bologna
Catalogo
A cura di Vera Fortunati
Silvana Editoriale (Cinisello Balsamo)
Guida storico-artistica Bartolomeo Cesi. Itinerari a Bologna
A cura di Giovanna Degl’Esposti
Silvana Editoriale (Cinisello Balsamo)
Informazioni
Museo Civico Medievale
Via Alessandro Manzoni 4 | 40121 Bologna
Tel. +39 051 2193916 / 2193930
museiarteantica@comune.bologna.it
www.museibologna.it/medievale
Facebook: Musei Civici d’Arte Antica
Instagram: @museiarteanticabologna
X: @MuseiCiviciBolo
Settore Musei Civici Bologna
www.museibologna.it
Facebook: Musei Civici Bologna
Instagram: @bolognamusei
YouTube: @museicivicibologna

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