Baby rom sprangano il bimbo? Ecco perché non si può fare nulla

  • Postato il 16 settembre 2025
  • Italia
  • Di Libero Quotidiano
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Baby rom sprangano il bimbo? Ecco perché non si può fare nulla

Ovviamente è un discorso molto complesso e non riguarda una sola etnia. Epperò è un dato che nelle due macro vicende dell’ultimo mese (la signora falciata a Milano da una macchina rubata e il bimbo preso a sprangate, a Roma, durante la sua festa di compleanno) che hanno coinvolto minori di quattordici anni, quindi per il sistema non imputabili, si sia trattato di ragazzini rom. Vuol dir niente, generalizzare è sempre un errore e come prima cosa, qui, nell’uno episodio e pure nell’altro, non è neanche il caso di specificare che la legge vale per tutti. E la legge spiega che chi non ha ancora compiuto quattordici anni non può subire un processo penale. Tuttavia la gravità di quanto accaduto nelle due principali città d’Italia, in Lombardia dove la 71enne Cecilia De Astis ha addirittura perso la vita e nel Lazio dove il piccolo di nove anni ha quasi rischiato altrettanto (per fortuna lui se l’è cavata con una corsa in sala operatoria e una prognosi di dieci giorni), fa discutere lo stesso.

Norma da modificare, limite d’età da abbassare, politica che si mette di mezzo e questione che non si esaurisce sul mero piano giuridico perché è (invece) culturale e sociale. “Non imputabili” non può significare irresponsabili, il ruolo della famiglia deve rimanere centrale e se bambini di quell’età arrivano a rubare un’auto e a scappare dopo aver investito una passante, oppure a sfondare il volto di un coetaneo con un tondino di ferro raccattato chissà dove, be’, signori, il problema che abbiamo (e che dobbiamo affrontare) è assai più serio di come lo si poteva immaginare. Attenzione, non significa diventare giustizialisti: significa, semmai, capire che la giustizia deve anche saper proteggere le vittime, altrimenti è qualcosa d’altro. La tragica morte della pensionata De Astis è una pagina ancora aperta (nel senso che si sta ancora cercando di fare piena luce), quella del bimbo romano è il racconto dell’assurdo che incontra un copione della paura.

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«Mentre si concludeva la festa abbiamo sentito un grido fortissimo», ricorda Luigi Pascucci, che è il responsabile dell’associazione Parco delle Magnolie di Fidene, il quartiere del “baby-agguato,” ed è anche colui che ha dato per primo l’allarme al 112: «Uno dei bimbi era stato aggredito con calci, pugni e un tondino di ferro sul viso da tre bambini rom». I tre, giovanissimi, hanno rispettivamente sette, nove e undici anni. «Ho chiamato l’ambulanza, è arrivata la polizia. Gli agenti sono andati a casa dei tre ragazzini e sono tornati con una loro fotografia che hanno mostrato agli altri bambini presenti i quali li hanno riconosciuti». Dubbi, insomma, sulla loro identità ce ne sono pochini. Come ce ne sono pochini anche sul fatto che (giustamente) la giovane vittima ora sia a casa sua cercando di dimenticare quel pomeriggio da brividi finito quasi per un soffio in tragedia, lui che s’è addirittura messo di traverso ai tre che facevano i bulletti per difendere gli amichetti che gli stavano cantando tanti-auguri e che, per questo, ha rimediato una furia sul volto che poteva costargli molto di più. Non che sia una scusa, tantomeno una giustificazione: è andata così, ed è andata già in maniera oltremodo violenta.

I tre teppistelli sono tre fratelli e vivono, assieme alla propria famiglia, in una casa regolarmente assegnategli alla Serpentara, che è una zona del terzo municipio romano. Al momento dell’aggressione (il cui motivo scatenate è ancora completamente da chiarire, e questo non è un aspetto secondario, ma che sarebbe ingiustificato in qualsiasi circostanza e figuriamoci a quell’età nella quale in tre non fanno manco trent’anni d’esperienza), al parco giochi, erano presenti anche i loro genitori che sono stati anch’essi identificati dalla polizia e che, in linea teorica, potrebbero essere accusati di culpa in educando e in vigilando, cioè potrebbero essere chiamati a rispondere civilmente del danno (innegabile) che i tre hanno causato al loro coetaneo qualora il racconto dei testimoni venisse verificato e qualora venisse provato che non siano stati in grado di crescerli nel rispetto del vivere civile o non li abbiano controllati a sufficienza. Sentenze in questo senso (nell’agosto del 2024 è successo a carico del babbo e della mamma di uno studente di Lanciano, in Abruzzo, che aveva perforato il timpano a un compagno di classe durante una lezione di musica, colpendolo ripetutamente con schiaffi e pugni: i due hanno dovuto pagare un risarcimento di oltre 5mila euro) ne sono già state emesse parecchie, non sono scontate e non sono neanche automatiche. Ma sono una possibilità che cerca, per quanto è possibile, di “riparare” un torto che diversamente resterebbe, appunto, “impunito”.

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Autore
Libero Quotidiano

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