Aviaria, cresce l’allarme in Usa. La Fda ai produttori di cibo per animali: “Rinnovare i piani di sicurezza alimentare”

  • Postato il 20 gennaio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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In Usa cresce la preoccupazione per gli effetti dell’influenza aviaria sugli animali domestici. Un allarme comprensibile considerata la vicinanza dei “pet” ai padroni. La Food and Drug Administration ha invitato i produttori di alimenti per cani e gatti, che utilizzano materie prime crude o non pastorizzate derivate da pollame o bovini, a rinnovare i piani di sicurezza alimentare inserendo controlli indirizzati specificamente al virus dell’influenza aviaria, considerato ormai un “pericolo noto o ragionevolmente prevedibile”. A dicembre alcuni lotti di cibo erano stati ritarati dopo la morte di alcuni felini per H5N1.

“In questo momento è noto che l’H5N1 può essere trasmesso a gatti e cani quando mangiano prodotti derivanti da pollame o bovini infetti (ad esempio, latte non pastorizzato, carne cruda o uova non pastorizzate) che non hanno subito una fase di lavorazione in grado di inattivare il virus”, scrive l’Fda. I rischi maggiori al momento sembrano essere per i gatti o altri felini, che “possono soffrire di malattie gravi o morte per infezione da H5N1”. I cani, invece, “possono contrarre l’H5N1, anche se di solito mostrano segni clinici lievi e bassa mortalità rispetto ai gatti”. Per aumentare la sicurezza degli alimenti per gli animali, l’Fda consiglia due strade: la prima è accertarsi che le materie prime provengano soltanto da capi che non abbiano contratto il virus; l’altra è adottare misure di certificata efficacia (come i trattamenti termici) che inattivino il virus eventualmente presente in carne, latte e prodotti a base di uova.

Non c’è solo la Fda in campo. Nei giorni scorsi i Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) hanno inviato un alert a medici e laboratori perché accelerino i tempi per i test di sottotipizzazione del virus in pazienti ricoverati con sospetta influenza aviaria. Obiettivo: “Prevenire ritardi nell’identificazione delle infezioni umane” da “virus A H5N1”, e supportare così “un’assistenza ottimale ai pazienti e un controllo tempestivo delle infezioni e l’indagine sui casi”. L’avviso è stato diramato visto il periodo caratterizzato da “alti livelli di attività” della classica influenza stagionale (che ha provocato diversi decessi, ndr) e visto il rilevamento di “sporadiche infezioni umane con virus dell’influenza aviaria A H5N1”, spiegano i Cdc che raccomandano “una tempistica abbreviata per la sottotipizzazione di tutti i campioni di influenza A tra i pazienti ospedalizzati e che aumentino gli sforzi nei laboratori clinici per identificare l’influenza non stagionale”.

“Si ricorda a medici e laboratoristi – prosegue l’agenzia Usa – di testare per l’influenza i pazienti sospetti e, in futuro, di accelerare la sottotipizzazione dei campioni positivi all’influenza A da pazienti ospedalizzati, in particolare quelli in un’unità di terapia intensiva”. I casi umani di infezione da virus dell’influenza aviaria A H5 negli States hanno raggiunto quota 66 nel 2024 (67 dal 2022). “La maggior parte delle infezioni negli esseri umani è stata clinicamente lieve, ma è stato segnalato un decesso“, ricordano i Cdc. I casi umani registrati negli Usa sono ufficialmente 67 di cui tre è ignota la fonte di esposizione al virus.

La sottotipizzazione, rimarcano, è particolarmente importante nelle persone che hanno avuto una storia di esposizione rilevante ad animali selvatici o domestici infetti o potenzialmente infetti dal virus dell’influenza aviaria A H5N1. I Cdc, dunque, ora raccomandano che “tutti i campioni respiratori positivi all’influenza A provenienti da pazienti ospedalizzati, in particolare quelli in terapia intensiva, vengano sottotipizzati per i virus dell’influenza stagionale il prima possibile dopo il ricovero, idealmente entro 24 ore”. Ai medici viene indicato di raccogliere informazioni complete sull’eventuale esposizione ad animali selvatici e domestici, compresi i pet (ad esempio gatti) e a prodotti di origine animale (pollame, mucche da latte, latte vaccino crudo e prodotti a base di latte vaccino crudo, cibo per animali a base di carne cruda) o su un recente contatto ravvicinato con un caso sospetto. Si danno indicazioni poi anche sulle misure di controllo delle infezioni come l’eventuale isolamento del paziente e l’uso di protezioni. E tornando ai test, se quello iniziale non identifica un sottotipo dell’influenza stagionale, va disposto l’approfondimento sul sottotipo di influenza A, e anche questo passaggio va fatto entro 24 ore dal ricovero per i pazienti risultati positivi genericamente all’influenza A.

Intanto un uomo di 28 anni è deceduto a causa dell’influenza aviaria A/H5N1 in Cambogia come ha reso noto l’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’uomo ha contratto il virus probabilmente nell’allevamento di pollame dove svolgeva attività di vigilanza e in cui erano stati segnalati casi di animali malati. Ha cominciato a manifestare sintomi il primo gennaio e, dopo il ricovero avvenuto il 7, è deceduto il 10 gennaio. L’Oms ricorda che da gennaio 2023 a dicembre 2024, nel mondo “sono stati segnalati 954 casi di infezione umana con il virus dell’influenza aviaria A/H5N1 da 24 Paesi. Di questi, 464 sono stati fatali“.

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