Autovelox, ancora tutto fermo: quasi il 60% sono antecedenti al 2017. Stallo tra ministero e comuni

  • Postato il 1 maggio 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Sembrava che il decreto del ministero dei Trasporti dello scorso marzo potesse finalmente al caos giurisprudenziale sull’omologazione degli autovelox, ma la confusione è ancora grande ed è sempre muro contro muro tra il Mit di Matteo Salvini e l’Anci, l’Associazione dei comuni. I sindaci vengono accusati da tempo dal segretario della Lega di usare i dispositivi per fare cassa sui territori sulle spalle di ignari automobilisti.

Mercoledì il Mit ha chiesto “numeri certi” sulla presenza di autovelox fissi e mobili, “riconducibili ai decreti di approvazione pre e post 2017” (che fissava uno spartiacque sulla omologazione degli apparecchi e quindi sul loro possibile utilizzo, ndr), sollecitando i sindaci a fornire “non una percentuale ma un numero chiaro e inequivocabile”, vale a dire “quanti sono gli autovelox e dove sono installati”. Dati poi definiti “affidabili” perché “la ricognizione è stata effettuata su 1000 comuni rappresentativi a livello nazionale”.

Il Mit in precedenza aveva chiesto al presidente dell’Anci Gaetano Manfredi notizie sul censimento dei dispositivi in uso nei comuni italiani con lo scopo, aveva sottolineato, “di garantire trasparenza e l’uso degli autovelox esclusivamente per la sicurezza stradale”. Non senza dimenticare di segnalare come l’accertamento del numero dei dispositivi fosse una delle condizioni “per poter riavviare il procedimento relativo all’adozione del decreto interministeriale sulle regole di omologazione”.

La risposta dei comuni – che evidentemente non ha soddisfatto il Mit – ha annunciato che il quadro generale è composto da un 59,4% di dispositivi fissi validati prima del 2017 e da un 40,6% successivi a quell’anno; per quelli mobili il dato si attesta a un 67,2% approvati prima del 2017 e a un 32,8% successivi. Ma, avvertiva Manfredi, serve “far fronte alla situazione non più procrastinabile di vuoto normativo”, posto che “la velocità rimane tra le prime tre cause principali della mortalità in strada“. Anci ha anche tenuto a spiegare che “provvederà a sollecitare ulteriormente gli altri Comuni”, ribadendo però “che i numeri ricavati dalla ricognizione sono già affidabili. Attendiamo di continuare il confronto per arrivare alla formulazione delle indicazioni che i Comuni aspettano”.

Quindi per ora tra i sindaci e Salvini – che il 23 marzo scorso aveva sospeso lo schema di decreto sui dispositivi in attesa di approfondimenti – permane una situazione di stallo. Un quadro che ha spinto lo stesso ministro a rinnovare la disponibilità del Mit per collaborare con l’Anci per uscire dall’impasse. Uno dei punti nodali del testo approvato e poi stoppato dal governo riguardava l’omologazione di tutti gli apparati di controllo, autorizzando l’uso solo di quelli vidimati a partire dal 13 giugno 2017.

Il decreto era finalizzato a dare una sforbiciata alla giungla di multe e ricorsi da parte di automobilisti e associazioni, prevedendo lo spegnimento momentaneo degli autovelox più vecchi in attesa di renderli conformi alle nuove regole di taratura. Una mossa che intendeva azzerare sul territorio l’utilizzo contestuale ed erroneo di apparecchi ‘approvati o ‘omologati’, secondo quanto fissato dalla Cassazione con la sentenza 10505 del 2024. Ma proprio la Suprema corte ha emesso, lo scorso febbraio, un altro verdetto di segno contrario.

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