Auto sempre più care: crollano le vendite e produzione ferma in Italia e in Europa

  • Postato il 20 giugno 2025
  • Di Panorama
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Le macchine costano sempre di più e quindi? Addio all’era d’oro del mercato dell’auto in Europa. Le vendite continuano a calare e i prezzi ad aumentare. In cinque anni sono saliti fino al 70%, non certo in linea con l’incremento salariare. E ovviamente i volumi di vendita crollano e, boomerang, le fabbriche (italiane ed europee) soffrono di sovracapacità produttiva.  La capacità produttiva in Europa è sfruttata solo al 55%, in Italia addirittura al 35%. La nuova edizione del Global Automotive Outlook 2025 di AlixPartners fotografa un quadro tutt’altro che rassicurante per l’Europa, al contrario di quanto avviene in Cina.

I prezzi delle auto volano e i salari sono fermi: così il mercato del nuovo si ferma in Italia e in Europa

Tra il 2019 e il 2024 i prezzi delle auto in Europa sono saliti del 40-70%, a fronte di un aumento medio dei salari del 12%. In Italia, il caso emblematico è la Fiat Panda, storicamente auto popolare, che oggi costa il 40% in più rispetto a cinque anni fa. Stessa situazione in Europa. Due esempi? La Dacia Sandero, in vetta ora alle vendite, è rincarata del 75% e la Volkswagen Golf è aumentata di oltre il 45%. Il report Global Automotive Outlook 2025 di AlixPartners parla chiaro: la forbice tra stipendi e prezzi dell’auto si è aperta al punto da compromettere l’accessibilità, soprattutto nei segmenti più economici. In controtendenza la Cina, dove il prezzo medio delle auto è sceso (indice da 100 a 84 tra 2023 e 2024), grazie anche a un’aggressiva concorrenza interna e politiche industriali mirate.

Il mercato è stagnante: 1,8 milioni di auto in Italia, come nel 2023

In Italia le immatricolazioni si fermeranno a 1,8 milioni nel 2025, stabili rispetto all’anno precedente ma ben lontane dai livelli pre-pandemia quando, nel 2019, toccarono i 2,1 milioni. A soffrire sono soprattutto le utilitarie: i segmenti A e B perdono quota, schiacciati da prezzi in salita e da un’offerta che privilegia modelli più redditizi per i costruttori. Oggi più della metà delle auto immatricolate nel Bel Paese è un Suv. Piacciono e sono richieste, è vero. Ma soprattutto il mercato di questo settore è spinto da ragioni industriali. I margini sono più alti e il target è meno sensibile al prezzo. Al contrario, produrre utilitarie è sempre meno conveniente: l’aumento dei costi produttivi e delle normative ambientali ha reso poco redditizio il segmento delle piccole. Il risultato è un mercato polarizzato, dove l’offerta si allontana dalla domanda reale. A questo si aggiunge la transizione ecologica che rischia di aggravare la situazione: il divario di prezzo tra una city car a benzina e una elettrica raggiunge in media il 53%, rendendo difficile la scelta green per le fasce di reddito medio-basse.

Fabbriche europee dell’auto sottoutilizzate: in Italia impianti al 35%

Il crollo della domanda mette in crisi la produzione. Gli impianti europei potrebbero sfornare 28 milioni di veicoli l’anno, ma nel 2025 se ne assembleranno poco più della metà. La capacità inutilizzata tocca il 45% e in Italia il dato è ancora più allarmante: gli stabilimenti Stellantis, unico produttore nazionale, operano solo al 35% del potenziale. Una situazione che rischia di diventare insostenibile dal punto di vista economico e occupazionale: l’industria dell’auto in Europa dà lavoro a 6,6 milioni di persone. Nel frattempo, i costruttori faticano a mantenere i margini: il rendimento operativo è sceso sotto il 10%, mentre il free cash flow è crollato del 72% in un solo anno. Una crisi prolungata potrebbe avere effetti devastanti sulla tenuta del settore e sul tessuto industriale del Paese.

L’offensiva cinese e la ritirata europea nel settore auto

Mentre i costruttori europei riducono la produzione (meno 400.000 veicoli l’anno entro il 2030), quelli cinesi si allargano. Il report stima che le case auto cinesi raddoppieranno la loro quota di mercato in Europa entro il 2030, passando dal 5% al 13% (10% esclusa la Russia). Non solo: aumenteranno la produzione locale di 800mila unità. Pechino, dunque, non è più solo un esportatore ma diventa anche produttore in loco. E avanza proprio dove l’Europa si ritira, sulle utilitarie, mettendo sul mercato veicoli economici, elettrici e già competitivi sul piano tecnologico. Il successo cinese è alimentato anche dalla crescente domanda di veicoli elettrificati: secondo AlixPartners, entro il 2030 questi rappresenteranno il 30% del mercato globale e il 48% di quello europeo. Il vantaggio dei gruppi cinesi non è solo nel prezzo, ma in tempi di sviluppo più brevi, più software, meno costi, agilità operativa. In gioco non c’è solo la competitività: c’è la sopravvivenza stessa del settore.

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Panorama

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