Auto europea, la politica è troppo lenta
- Postato il 16 ottobre 2025
- Di Panorama
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Uno scenario del settore automotive tutt’altro che positivo quello illustrato ieri 14 ottobre a Milano durante l’evento “Automotive, quale futuro – Reagire con decisione: basta parole!”, promosso da Forumautomotive, il movimento di opinione sui temi legati alla mobilità a motore ideato dal giornalista Pierluigi Bonora, in occasione del decennale delle attività.
Al centro dell’evento il Green Deal e l’opportunità, ormai condivisa da settori crescenti della politica e del mondo automotive, di affrontare con maggiore pragmatismo le sfide inserite nel piano europeo, prevedendo diverse modalità e tempistiche, come anche recentemente ribadito dall’ex premier Mario Draghi.
Al momento la revisione delle intenzioni europee è troppo lenta e indecisa, mentre l’intero programma Green Deal riuscirà a realizzare meno del 20% delle sue intenzioni. Un vero disastro.
Bonora ha dichiarato: “Abbiamo raccolto la richiesta delle associazioni automotive di poter esporre direttamente istanze e richieste ai parlamentari che ci rappresentano anche all’Europarlamento. Ne è scaturito un dibattito vivace e costruttivo, con una serie di proposte per far in modo che a Bruxelles dalle parole si passi rapidamente ai fatti, pena il game over del sistema automotive europeo, con irrimediabili danni all’occupazione e il rischio di finire nelle mani dei costruttori cinesi”.
Emanuele Cordone, direttore Automotive di AlixPartners, ha presentato la previsione più aggiornata: il mercato europeo dell’auto nel 2025 è previsto in rallentamento (-2%), con crescita solo modesta negli anni successivi.
Intanto, i costruttori cinesi continuano a guadagnare terreno in Europa, con una quota in aumento dall’8% del 2024 al 13% del 2030, pari a circa 800.000 veicoli in più, a spese dei marchi europei, che vedono la loro quota scendere dal 62% al 58%. Cordone ha evidenziato come si stia assistendo a un calo dei profitti dei costruttori europei e americani, mentre quelli cinesi migliorano i propri margini.
In Italia il mercato resta debole rispetto al periodo pre-Covid, frenato da prezzi in aumento e minore accessibilità ai prodotti. Crescono invece i marchi cinesi, con un’offerta competitiva e tecnologicamente avanzata. Sul fronte produttivo, per raggiungere l’obiettivo di un milione di unità costruite servirebbero oggi più di due anni.
Rispetto all’elettrico, la crescita dei veicoli è ancora modesta e lontana dagli obiettivi europei. L’offerta aumenterà con il lancio di nuovi modelli entro il 2027, ma la differenza di prezzo resta significativa, soprattutto nei segmenti A e B. I veicoli con range extender (Reev) potrebbero attenuare l’ansia da autonomia dei clienti.
“In Italia”, ha concluso Cordone, “le emissioni delle nuove auto vendute restano stabili dal 2017, ma il parco circolante continua a invecchiare e la quota di elettriche e ibride plug-in rimane contenuta, circa il 10% nella prima metà del 2025. L’Italia resta fanalino di coda rispetto ai principali Paesi europei”. Tuttavia, la quota di questi mezzi è più alta nelle flotte aziendali, con possibile impulso dal nuovo schema di incentivo fiscale previsto per il 2025. Il valore residuo dei mezzi elettrici rimane basso, ma potrebbe aprire opportunità nel mercato dell’usato.
All’evento milanese non sono mancati i confronti con rappresentanti della filiera della mobilità, che hanno sottolineato le criticità che frenano lo sviluppo del settore.
Roberto Vavassori, presidente Anfia, ha spiegato: “Il mondo della componentistica è in apnea. Lo scorso anno abbiamo perso centomila posti di lavoro. Bisogna decidere oggi se rinviare di cinque anni la scadenza del 2035 e prevedere una quota di veicoli non a batterie anche oltre quella data. Il mercato è stato totalmente dimenticato dai regolamenti europei”.
Andrea Cardinali, direttore generale Unrae, ha aggiunto: “In Italia abbiamo un problema strutturale di fiscalità sull’auto aziendale, aggravato da una recente norma sul fringe benefit che ha peggiorato la situazione. Occorre intervenire: le Case automobilistiche chiedono chiarezza per poter pianificare investimenti di milioni di euro”.
Per la filiera elettrica è intervenuto Fabio Pressi, presidente di Motus-E: “Abbiamo perso di vista l’obiettivo. Il problema non è l’elettrico, ma la competitività dei produttori cinesi. Dobbiamo capire come esserlo anche noi, puntando su batterie e riciclo: siamo già in ritardo”.
Obiettivi green ormai irraggiungibili
Gianni Murano, presidente di Unione Energie per la Mobilità, ha dichiarato: “L’attuale normativa europea per la decarbonizzazione dei trasporti stradali non sta generando l’atteso cambiamento del parco veicolare, ma ha causato una riduzione delle vendite auto, con pesanti ripercussioni sull’industria automotive e sull’occupazione. Servono correttivi che legittimino realmente la libertà tecnologica e liberino investimenti nei carburanti rinnovabili e low carbon”.
Nonostante le dichiarazioni sulla neutralità tecnologica, si è ancora fermi alle enunciazioni, senza passi concreti. Il settore chiede di intervenire con urgenza sui regolamenti europei, per conteggiare le emissioni di CO2 sull’intero ciclo di vita e liberare le potenzialità dei low carbon fuels.
Dello stesso tenore gli interventi di Maria Rosa Baroni (NGV), Matteo Cimenti (Assogasliquidi-Federchimica) e Simonpaolo Buongiardino (Confcommercio Mobilità-Federmotorizzazione), secondo cui “oggi esiste una maggioranza che ritiene necessario cambiare rotta, affidandosi alla neutralità tecnologica, ma ragioni politiche impediscono di mettere in discussione le decisioni prese con il Green Deal”.
Paolo Borchia, eurodeputato e coordinatore ID in Commissione ITRE, ha sottolineato: “Molti di quelli che avevano avallato certe decisioni ora stanno cambiando idea. I limiti del passaggio al full electric sono evidenti a tutti. Resta la domanda: come genereremo l’elettricità necessaria alla transizione del parco circolante?”.
Guido Guidesi, presidente dell’Alleanza tra le 40 Regioni Europee Automotive, ha aggiunto: “Le scelte europee stanno provocando danni sociali e industriali. È stato un errore limitare il futuro della mobilità al solo elettrico, negando spazio a ricerca e innovazione”.
Massimiliano Salini, eurodeputato in Commissione Industria, ha parlato di un “buon segnale” nella lettera dei ministri italo-tedeschi che chiede un cambio di passo sul Green Deal, ma ha ammonito: “Non esistono le condizioni per una transizione elettrica nei tempi previsti. La convivenza tra tecnologie diverse è la vera essenza della neutralità tecnologica. Dobbiamo sostenere la ricerca, liberandola dai dogmi del tutto elettrico”.
A concludere, Fabio Raimondo, capogruppo Fratelli d’Italia in Commissione Trasporti alla Camera: “Le navi cinesi che trasportano oltre 9.000 veicoli nei porti italiani testimoniano la perdita di migliaia di posti di lavoro nella componentistica. Per camion, veicoli commerciali e bus serve puntare su carburanti strategici, in primis i biofuel, e ripristinare la neutralità tecnologica”.