Auto aziendale e fringe benefit: nuove soglie, tassazione e calcolo

  • Postato il 25 agosto 2025
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Il tema dell’auto aziendale come fringe benefit ha conosciuto negli ultimi anni una trasformazione che si è accentuata con le novità introdotte a partire dal primo gennaio 2025. Si tratta di una materia che intreccia diritto del lavoro, fisco e gestione aziendale e che interessa tanto i dipendenti che ricevono in uso un veicolo quanto le imprese nell’attività di pianificazione dei costi di flotta.

La normativa ha riscritto criteri e percentuali, fissato nuove soglie di esenzione e imposto chiarimenti attraverso la circolare 10/E del 3 luglio 2025 dell’Agenzia delle entrate, documento di sintesi per orientarsi tra regole vecchie e nuove.

Il concetto di fringe benefit e la disciplina aggiornata

Per fringe benefit si intende qualunque forma di retribuzione in natura che un lavoratore percepisce insieme allo stipendio. L’auto aziendale in uso promiscuo, ossia utilizzata sia per esigenze lavorative sia per fini privati, rientra in pieno in questa definizione e genera un valore che deve essere quantificato in busta paga, con conseguente tassazione ai fini fiscali e previdenziali.

La novità del 2025 è che, dopo anni di regole collegate alle emissioni di CO2, il legislatore ha deciso di semplificare passando a un criterio legato solo all’alimentazione del veicolo. La percentuale da applicare non è più dunque differenziata per livelli di inquinamento, ma dipende dal fatto che l’auto sia tradizionale, ibrida plug-in o elettrica.

Le soglie di esenzione e i casi particolari

Il legislatore ha confermato anche per il triennio 2025-2027 le soglie di esenzione già note agli operatori, fissando a mille euro il limite annuale di benefit esenti da imposte e contributi per tutti i lavoratori e a duemila euro quello previsto per chi ha figli fiscalmente a carico. Se il valore dei fringe benefit, sommando quindi auto e altri beni o servizi concessi dall’azienda, supera queste cifre, l’intero importo diventa imponibile e non soltanto l’eccedenza.

Accanto a queste due soglie generali, la legge di Bilancio 2025 ha introdotto un tetto aggiuntivo fino a cinquemila euro annui, ma limitato a un caso: quello dei neoassunti a tempo indeterminato che trasferiscono la residenza di oltre cento chilometri per motivi di lavoro. In questa ipotesi la detassazione riguarda solo le spese di affitto e di manutenzione dell’immobile, non copre i contributi previdenziali e non si applica alle auto aziendali, ma e un segnale di attenzione al tema della mobilità lavorativa.

Il nuovo metodo di calcolo del fringe benefit auto

Dal primo gennaio 2025, per tutti i veicoli immatricolati e assegnati con contratto sottoscritto dopo questa data, la base imponibile si calcola moltiplicando il costo chilometrico individuato dalle tabelle Aci per quindicimila chilometri annui. Sul risultato così ottenuto si applica una percentuale che varia in base all’alimentazione: 50% per le auto a benzina, diesel o mild hybrid, 20% per le ibride plug-in e 10% per le elettriche pure.

Si tratta di una semplificazione sostanziale rispetto al passato per rendere immediatamente prevedibile l’onere fiscale associato a un certo modello. Le tabelle Aci, pubblicate ogni anno in Gazzetta Ufficiale, restano lo strumento per le aziende e i consulenti del lavoro perché forniscono il costo chilometrico ufficiale per marca e modello.

Il regime transitorio e i veicoli già in circolazione

Per evitare scossoni il legislatore ha previsto un regime transitorio valido fino al 30 giugno 2025. Per i veicoli ordinati entro il 31 dicembre 2024 e consegnati entro il primo semestre 2025, continuano ad applicarsi le vecchie percentuali collegate alle emissioni di anidride carbonica, che andavano dal 25% per le auto più ecologiche fino al 60% per quelle più inquinanti. Restano invariate le condizioni per i veicoli già assegnati tra il primo luglio 2020 e il 31 dicembre 2024 che conservano il vecchio regime fino alla scadenza del contratto.

Per le auto date in uso prima del primo luglio 2020 continua ad applicarsi il criterio storico del 30% sul costo convenzionale annuo. La sovrapposizione dei regimi può creare complessità interpretative, ma la circolare dell’Agenzia delle entrate ha chiarito che, nei casi in cui si possa applicare sia la disciplina nuova sia quella transitoria, il datore di lavoro può scegliere quella più favorevole.

Un esempio numerico di calcolo

Per comprendere come funziona il sistema conviene fare un esempio. Supponiamo che – secondo le tabelle Aci – un’auto aziendale abbia un costo chilometrico di 50 centesimi. Moltiplicando per 15.000 chilometri si ottiene un costo convenzionale annuo di 7.500 euro. Se il veicolo è a benzina o diesel, la percentuale applicabile è il 50% per un fringe benefit annuo di 3.750 euro.

Se invece si tratta di un ibrido plug-in, la percentuale scende al 20% e quindi il beneficio imponibile diventa 1.500 euro. Per un’elettrica, infine, il calcolo è il 10% e dunque 750 euro. Nel caso in cui il dipendente contribuisca economicamente all’uso personale del mezzo, le somme trattenute vanno detratte da questo importo e di conseguenza si riduce l’imponibile che confluisce in busta paga.

Tassazione in busta paga e rapporto con le soglie

Il valore del fringe benefit così determinato viene aggiunto alla retribuzione mensile e tassato con l’Irpef secondo gli scaglioni personali del lavoratore, oltre a essere soggetto alle addizionali locali.

A meno che rientri nelle franchigie di esenzione è assoggettato anche ai contributi previdenziali. Il rapporto con le soglie è decisivo: se la somma di tutti i benefit concessi nell’anno supera i mille o i duemila euro, l’intero importo diventa imponibile e non solo la parte eccedente. In pratica un’auto elettrica, con valore convenzionale annuo di 750 euro può rientrare nella franchigia, mentre un’auto tradizionale rischia di farla superare e rendere imponibili anche altri benefit di minor valore.

Dal lato aziendale, l’uso promiscuo dell’auto da parte del dipendente incide sulla deducibilità dei costi. In questo caso l’impresa può dedurre il 70% di tutte le spese legate al veicolo, compresi canoni di noleggio, carburante, ricariche elettriche e manutenzione. Si tratta di un trattamento più favorevole rispetto al regime ordinario che per i veicoli non assegnati ai dipendenti limita la deduzione al 20% con tetti massimi.

Per quanto riguarda l’Iva, la normativa continua a prevedere una detraibilità forfettaria del 40%, salvo il caso in cui l’azienda riaddebiti al dipendente l’intero valore normale del benefit, emettendo fattura: in questo scenario la detrazione può arrivare al 100%. Anche qui la scelta tra trattenute al dipendente e riaddebito integrale incide sulla convenienza fiscale complessiva.

Riassegnazioni e proroghe contrattuali

Un aspetto non secondario riguarda la sorte dei contratti già in essere. La proroga di un’assegnazione allo stesso dipendente non determina la nascita di un nuovo contratto e quindi consente di proseguire con il regime originario.

Diverso il caso della riassegnazione a un altro dipendente: in questo scenario si apre un nuovo contratto e bisogna verificare la data di immatricolazione e consegna del veicolo per stabilire quale disciplina applicare. La differenza non è di poco conto perché può comportare il passaggio da una tassazione più gravosa a una più favorevole o viceversa.

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Virgilio.it

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