Attilio Barbieri: tutti gli stabilimenti in profondo rosso, i veri numeri del disastro Stellantis

  • Postato il 3 ottobre 2024
  • Di Libero Quotidiano
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Attilio Barbieri: tutti gli stabilimenti in profondo rosso, i veri numeri del disastro Stellantis

Se i conti di Stellantis piangono la contabilità industriale dei poli produttivi italiani è a dir poco disastrosa. Dopo l'allarme sui conti lanciato dal gruppo franco-italiano guidato da Carlos Tavares sono arrivati i dati delle immatricolazioni che documentano un crollo delle vendite a settembre del 33,9% e la quota di mercato in Italia scesa dal 32,6% del 2023 al 24,1% di quest'anno.

Ieri la Fim Cisl ha diffuso uno studio che mette a confronto i numeri di veicoli Stellantis prodotti nei primi nove mesi di quest'anno con i volumi produttivi realizzati sempre nei nove mesi, dal 2019 ad oggi. E il crollo testimonia una congiuntura che definire drammatica è perfino riduttivo. Non a caso la Fim parla di «profondo rosso». Il segretario generale Ferdinando Uliano segnala che per la prima volta tutti gli stabilimenti sono in negativo e perdono sia le auto (-40,7%) sia i veicoli commerciali (-10,2%). Anche i due siti che avevano chiuso in positivo nel primo semestre, vale a dire Pomigliano e Atessa, ora sono in rosso, con un calo del 5,5% il primo e del 10,2% il secondo.

A meno di un ulteriore peggioramento che nessuno per altro si sente di escludere, la Fim prevede per il 2024 una produzione di auto sotto le 300mila unità e una produzione complessiva, fra auto e veicoli commerciali, a quota 500mila unità. Un terzo in meno sul 2023, quando i poli produttivi nella provincia italiana dell'impero guidato da Tavares ed Elkann avevano sfornato in tutto 751mila veicoli. Il peggioramento è dietro l'angolo visto il prolungamento della cassa integrazione in molti stabilimenti, come Mirafiori e Atessa.

L'impianto di Melfi (Potenza) già fiore all'occhiello della Fiat Chrysler di Marchionne «è quello che perde la maggior quantità di auto», spiega Uliano, «mancano all'appello nei primi nove mesi 90mila vetture». Il calo dei volumi prodotti «è nell'ordine del 61,9%». Ma è drammatica anche la contabilità industriale del polo di Torino, nel quale rientra Mirafiori. Nei primi nove mesi del 2023 le vetture uscite dalle linee di montaggio, tutte 500 elettriche, sono state in tutto 21.210.

Dagli Stati Uniti, fino alla scomparsa di Marchionne la provincia più ricca del gruppo che gli eredi Agnelli-Elkann hanno dato in pasto ai francesi, arrivano notizie altrettanto negative. Le vendite del terzo trimestre sono in calo del 20% a quota 305.294: i brand più colpiti sono Chrysler e Dodge con una flessione rispettivamente del 47% e del 43%.

Ma calano anche i marchi Fiat Alfa Romeo. Dunque non è soltanto l'Italia ad essere in rosso profondo. Anzi. Ed è poco convincente la replica del guppo franco-italiano. «Il report della Fim Cisl», si legge in una nota, «è un utile strumento di analisi e monitoraggio, ma i dati della produzione negli stabilimenti situati nel nostro Paese, restituiscono una visione parziale se non collocati all'interno di una dinamica più ampia», replica Stellantis: «Ad esempio sarebbe utile per una rappresentazione più completa spiega l'azienda - ricordare tutti gli elementi di competitività, quali il costo dell'energia, il costo del lavoro, la produttività. Tutto questo, in una congiuntura del tutto peculiare di transizione all'elettrico in cui è necessario offrire ai clienti vetture più accessibili. Un'analisi di questo tipo consentirebbe di promuovere un ragionamento di politica industriale più maturo che è fondamentale per ottenere i risultati a cui tutti gli stakeholder del settore automotive ambiscono». Tutto vero.
Ma non si vendono più soltanto le auto a batteria. Il crollo riguarda soprattutto la propulsione endotermica, con i prezzi di listino cresciuti del 39% negli ultimi quattro anni. La spesa media per auto è salita dai 21mila euro del 2019 — l'anno precedente la pandemia — ai quasi 29mila del 2023.

E perfino le utilitarie hanno un costo fuori dalla portata dei budget familiari degli italiani. Il ceto medio ha semplicemente smesso di comperare la macchina nuova. E la speranza di convincere queste persone a cambiare idea non arriverà certo dal «ragionamento di politica industriale più maturo», invocato nella nota di Stellantis. E al contrario sono proprio le scelte di politica industriale, con la delocalizzazione di modelli storici del made in Italy a quattro ruote che ora sono prodotti in giro per l'Europa. Lo stabilimento polacco di Tychy, da fabbrica della storica 126 è divenuto il sito-chiave dove si producono le nuove utilitarie, come la Panda ibrida, la nuova Jeep la Jeep Avenger, la più piccola Jeep mai prodotta. Oltre alla nuova Alfa Romeo Brennero. Per non dimenticare l'impianto di Kragujevac, dove il gruppo guidato da Tavares ed Elkann ha spostato la produzione della Grande Panda.
Dopo le batoste delle ultime sedute il titolo Stellantis ha rifiatato, ieri in Borsa, chiudendo a 12,408 euro, in calo dello 0,16%. I mercati hanno già scontato il profit warning.
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