“Attenzione, con le flebo finiscono nel sangue migliaia di microplastiche che causano tumori e malattie cardiovascolari”: l’allarme nel nuovo studio
- Postato il 5 giugno 2025
- Salute
- Di Il Fatto Quotidiano
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“Che cosa sono quelle minuscole particelle solide che fluttuano nelle soluzioni delle sacche per le flebo?”. Se lo domandavano negli anni 70 del secolo scorso i ricercatori, senza darsi una risposta concreta. Solo oggi lo abbiamo capito e non è una buona notizia: si trattava di microplastiche, che attraverso le soluzioni per infusioni endovenose (IV) possono finire direttamente nel sangue di chi le riceve. Chi lo ha detto? Un nuovo studio che ha eseguito test su sacche per le flebo di due marche, rilevando che rilasciano microscopici pezzetti di plastica tra 1 e 62 micrometri. Si stima che ogni sacca da 250 millilitri possa riversare nel flusso sanguigno dei pazienti migliaia di queste particelle di plastica, con effetti negativi da non sottovalutare.
Proprio un recente studio – “Mapping micro(nano)plastics in various organ systems: Their emerging links to human diseases?” pubblicato sulla rivista scientifica TrAC Trends in Analytical Chemistry – ha gettato nuove e inquietanti ombre sugli effetti dannosi delle micro e nanoplastiche: possono essere assorbite dalle cellule provocando stress ossidativo e risposte pro-infiammatorie, sfociando in morte cellulare e genotossicità. Tutte condizioni che possono tradursi in tumori, malattie infiammatorie, formazione di coaguli di sangue e placche aterosclerotiche, alla base di gravi patologie cardiovascolari. Prendere atto quindi che le microplastiche possono finire direttamente nel nostro sangue attraverso procedure mediche che dovrebbero proteggerci, rende il potenziale rischio ancora più inquietante.
La ricerca- Come si è arrivati a rilevare che le sacche per le flebo possono rilasciare microplastiche e nanoplastiche nel nostro sangue? Attraverso una ricerca che ha coinvolto diversi centri accademici, tra cui l’Istituto di Shanghai per il controllo dell’inquinamento, l’Unità di terapia intensiva dell’Università medica di Jining, e il Dipartimento di Fisica dell’Università di Bath, nel Regno Unito. Il lavoro congiunto ha permesso di analizzare, in condizioni controllate, il contenuto di sacche per infusioni mediche appartenenti a due diverse marche.
I ricercatori hanno fatto defluire la soluzione salina contenuta nelle sacche in vaschette sterili, per poi filtrare i liquidi e isolare eventuali particelle solide. I campioni sono stati sottoposti ad analisi con tecnologie avanzate – spettroscopia Raman e microscopia elettronica a scansione – che hanno confermato la presenza massiccia di frammenti di polipropilene, il materiale plastico con cui sono realizzate le sacche. I numeri destano preoccupazione: una singola sacca può rilasciare in media 7.500 microplastiche nel flusso sanguigno durante una normale infusione. In condizioni particolari, come interventi chirurgici addominali o gravi stati di disidratazione, in cui il numero di sacche impiegate aumenta, l’esposizione può salire fino a 25.000 o addirittura oltre 50.000 particelle. Per ridurre i rischi gli autori dello studio raccomandano di non esporre le sacche a luce ultravioletta e calore, inoltre sottolineano l’importanza di inserire un sistema di filtraggio micrometrico che possa intrappolare le microparticelle impendendo loro di fluire nel sangue.
Un’emergenza che non possiamo ignorare– “Questa notizia rappresenta un campanello d’allarme che non può essere ignorato – replicano al FattoQuotidiano.it gli esperti di ISDE, Medici per l’ambiente -. Secondo quanto riportato dallo studio, infatti, ogni sacca per flebo da 250 ml può rilasciare in media 7.500 particelle di microplastiche, principalmente polipropilene, lo stesso materiale plastico delle sacche stesse. È verosimile che queste particelle, una volta nel sangue, possano contribuire a processi infiammatori, disfunzioni cellulari o effetti sistemici oggi ancora poco conosciuti ma già oggetto di crescente attenzione da parte della comunità scientifica”.
L’allarme dei Medici per l’Ambiente“Come ISDE – Medici per l’Ambiente, non possiamo che esprimere preoccupazione per l’esposizione sistematica a microplastiche nei contesti sanitari, e ribadire l’urgenza di politiche di prevenzione primaria, anche a partire dalla sostituzione di materiali a rischio con alternative più sicure”. Gli esperti chiedono quindi di considerare “Il ritorno all’uso di materiali inerti come il vetro per sacche da infusione, almeno per quei preparati destinati a pazienti fragili o terapie ripetute. Oggi sappiamo che le microplastiche sono state trovate nei polmoni, nel sangue, nella placenta e nel latte materno umano. Studi preliminari suggeriscono che possono attraversare barriere biologiche e alterare la risposta immunitaria, la funzione endoteliale e la regolazione ormonale”.
L’appello al Servizio sanitario nazionale- Siamo di fronte a un grave problema che non può più aspettare ritardi o deroghe: “Chiediamo al SSN, al Ministero della Salute e alle aziende sanitarie pubbliche di investire in ricerca, linee guida e approvvigionamenti orientati alla riduzione dell’esposizione ai materiali plastici non necessari, privilegiando soluzioni sicure, riutilizzabili e sostenibili – sottolineano con forza gli esperti di ISDE -. La transizione ecologica del sistema sanitario passa anche da qui: curare senza inquinare, proteggere la salute riducendo i rischi ambientali generati proprio dagli strumenti della medicina”.
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