“Attenzione, con il caldo è più difficile concepire, anche con la procreazione assistita”: l’allarme degli esperti

  • Postato il 4 luglio 2025
  • Salute
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Sotto un sole implacabile, la corsa alla genitorialità si trasforma in una vera maratona a ostacoli. Mentre l’Italia e l’Europa centrale sono strette nella morsa di ondate di calore record – con punte di 40 °C e notti bollenti – cresce l’allarme tra gli esperti di fecondazione assistita: la calura non complica solo la qualità di vita in generale, ma anche le dinamiche biologiche. Le alte temperature e l’inquinamento, come è stato evidenziato durante la quarantunesima edizione di Eshre, il Congresso Europeo di Embriologia e Medicina della Riproduzione che si sta tenendo a Parigi, compromettono infatti la qualità degli spermatozoi e diminuiscono la riserva ovarica, trasformando ogni aspirazione di maternità o paternità in un’impresa più incerta e delicata. In particolare, i cambiamenti climatici possono avere ripercussioni sul numero di spermatozoi – riducendoli – e sul Dna. Mentre nelle donne, i risvolti negativi si hanno sul potenziale riproduttivo spontaneo e sulla risposta ai trattamenti di Pma, le tecniche di procreazione medicalmente assistita. Teniamo conto che circa tre miliardi di persone vivono nel mondo in aree ad alta vulnerabilità climatica, con impatti notevoli anche in termini di salute sia sui sani che, ancora di più, su soggetti fragili come donne in gravidanza, bambini, anziani.

Un tendenza che rischia di aggravarsi
A parte i rischi ambientali il punto su cui riflettere è che molte persone non sono più motivate a fare figli. Nel 2024 l’Italia ha perso 9.900 bambini rispetto all’anno precedente: un tracollo di natalità rispetto al milione di nati del 1964, cifra scesa a 379.900 nati del 2023 e 370mila del 2024. “Il dato che le alte temperature danneggino gli spermatozoi è stato ormai dimostrato da numerosi studi – spiega al FattoQuotidiano.it il professor Salvatore Caruso, Presidente della Federazione italiana di sessuologia scientifica -. La temperatura ideale, a livello testicolare, è di 34.5 gradi, questo permette di produrre spermatozoi e raggiungere le loro capacità fecondanti. Per contro, l’aumento della temperatura danneggia gli spermatozoi già maturi, rallentandone la motilità. Gli ovociti possono essere danneggiati dagli inquinanti atmosferici, capaci di alterare la fertilità, indirettamente attraverso alterazioni ormonali, e direttamente agendo sugli ovociti”.

Verso la procreazione assistita?
Sembra quindi che siamo destinati, visto l’aumento delle temperature che si prospetta ancora di più in futuro, di dover ricorrere maggiormente alla procreazione medicalmente assistita. Di fatto, stiamo andando verso una società in cui la fertilità naturale rischia di diventare un’eccezione? “In effetti, i cambiamenti climatici potrebbero innescare eventi tali da rendere problematica la riproduzione – continua l’esperto -. Ma forse anche quella medicalmente assistita. Basterebbe pensare alla qualità degli spermatozoi e/o degli ovociti di una coppia che richiede una soluzione procreativa ‘in laboratorio’. Inoltre oggi il progetto procreativo è stato spostato più avanti in età, e già questo –biologicamente- diventa un problema”. Come ricorda Caruso, l’estate è sempre attesa con fibrillazione, ma oggi bisogna difendersi dagli eventi dannosi legati alle temperature non solo elevate ma anche prolungate: “I mesi caldi sono sempre più numerosi, e forse dobbiamo tener conto del prolungamento delle estati. La dove è possibile, sarà necessario risiedere in ambienti climatizzati e affidarsi a uno stile di vita alimentare il più sano possibile” – sottolinea il sessuologo.

I cambiamenti climatici nella prevenzione ginecologica
A questo punto sarebbe opportuno fare rientrare il tema del cambiamento climatico anche nelle agende sanitarie e nelle politiche di prevenzione ginecologica. C’è sufficiente consapevolezza tra i medici e le istituzioni del legame tra ambiente e salute riproduttiva? “Gli specialisti della riproduzione conoscono da tempo quanto siano vulnerabili i gameti (spermatozoi e ovociti) ai minimi cambiamenti biologico/ambientali. La prevenzione primaria, purtroppo, è un campo difficile di confronto con le istituzioni: è troppo costosa! – afferma l’esperto -. Eppure, lo è ancor di più quando si affrontano le strategie/cure per risolvere il danno che avremmo potuto evitare. Sulla riduzione della natalità, a cui stiamo assistendo ormai da anni, abbiamo capito che diversi fattori entrano in gioco: le disponibilità economiche del singolo o della coppia, la coppia che si forma sulla base di un’intimità non orientata alla procreazione, l’impegno sociale della donna che frequentemente è costretta a rimandare la maternità. E infine – conclude Caruso – un maschio ‘Peter Pan’ che non desidera figli. In tutto questo, ambiente, comportamenti, cultura possono in maniera esponenziale rendere problematica la procreazione, anche la Pma”.

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Il Fatto Quotidiano

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