“Attenzione alle padelle antiaderenti, basta un piccolo graffio per rilasciare sostanze tossiche: si rischiano disturbi ormonali, danni al fegato e tumori”. L’allarme dei medici
- Postato il 17 marzo 2025
- Salute
- Di Il Fatto Quotidiano
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Che sarà mai la presenza di un piccolo graffio sulla padella antiaderente? In fondo, il suo dovere continua a farlo, quello di friggere pietanze di vario tipo, rendendole così ben più appetitose. In realtà quel piccolo graffio non è per nulla da sottovalutare. Lo rivela uno studio della Flinders University e della University of Newcastle in Australia che indica un potenziale rischio legato all’uso di padelle antiaderenti rivestite in Teflon, anche di fronte a un singolo graffio sulla superficie. Secondo i ricercatori, già a queste condizioni la padella potrebbe rilasciare milioni di particelle di microplastica nel cibo, con possibili conseguenze sulla salute a lungo termine.
Tutta colpa dei PFAS
Sotto accusa sono le sostanze perfluorurate e polifluorurate (PFAS), a causa della loro elevata resistenza alla degradazione. Queste sostanze, ampiamente utilizzate negli utensili da cucina per la loro capacità di respingere grasso e acqua, sono state associate a una serie di problemi di salute, tra cui tumori, disturbi dello sviluppo e infertilità. Studi precedenti hanno evidenziato, per esempio, che il 99% degli americani presenta tracce di PFAS nel sangue, segnalando un’esposizione diffusa a queste sostanze tossiche.
La ricerca
I ricercatori australiani, grazie all’uso di tecniche di imaging avanzate, hanno osservato che un graffio di appena cinque centimetri su una padella in Teflon può liberare fino a 2,3 milioni di microplastiche. La dispersione di queste particelle nel cibo potrebbe rappresentare un pericolo significativo per la salute, poiché i PFAS si accumulano nell’organismo e vengono eliminati molto lentamente, impiegando anni per degradarsi.
Il parere degli esperti
“Come medici di ISDE – Associazione Medici per l’Ambiente, ci occupiamo da anni dell’impatto dei PFAS sulla salute umana. Queste sostanze sono legate a disturbi ormonali, danni al fegato, problemi al sistema immunitario e persino a un aumento del rischio di alcuni tumori – spiegano al FattoQuotidiano.it -. Eppure, continuiamo a trovarle ovunque: nell’acqua che beviamo, negli alimenti, nei tessuti e, come dimostra questa ricerca, anche nei materiali che usiamo in cucina”. Possibile però che di fronte a tutti questi potenziali rischi non si faccia ancora niente di concreto? “Il problema non è solo scientifico, ma politico e sociale – continuano gli esperti dell’ISDE -. Da tempo chiediamo una regolamentazione più severa, perché non possiamo più esporre le persone a un rischio evitabile. È necessario eliminare i PFAS dai prodotti di uso quotidiano e promuovere alternative più sicure. Nel frattempo, è fondamentale informare i cittadini: evitare padelle rovinate, scegliere materiali privi di PFAS e pretendere trasparenza su ciò che entra nelle nostre case. Questa ricerca ci ricorda che l’inquinamento non è sempre visibile, ma può essere presente nei gesti più comuni della nostra quotidianità. E proprio per questo, come medici, non possiamo smettere di parlarne e di chiedere un cambiamento. Perché proteggere l’ambiente significa proteggere la salute di tutti noi”.
Per evitare rischi
Se in casa abbiamo padelle in Teflon, per ridurre al massimo la contaminazione è bene osservare alcune regole e precauzioni. Per esempio, evitare l’uso di utensili metallici che possono graffiare la superficie, preferendo strumenti in legno o silicone. Inoltre, chi le utilizza per cuocere la carne deve evitare di surriscaldare troppo la padella vuota perché le alte temperature possono accelerare il deterioramento del Teflon. Gli esperti consigliano anche di sostituire immediatamente le padelle antiaderenti che presentano graffi o segni di usura per limitare il rischio di contaminazione. E infine, ancora meglio, sostituirle con materiali alternativi come l’acciaio inossidabile o la ghisa, che non rilasciano sostanze chimiche pericolose durante la cottura.
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