“Attenzione a barrette e bibite ‘senza zucchero’: aumentano i rischi di infarto e ictus anche nei giovani”. L’allarme sull’eritritolo nel nuovo studio
- Postato il 20 agosto 2025
- Salute
- Di Il Fatto Quotidiano
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Le bibite zuccherate e altri prodotti dolciari hanno sempre più un retrogusto amaro. Non ci riferiamo al sapore di questi prodotti ma al lato oscuro dietro le etichette “senza zucchero”. Questa volta è il turno del dolcificante eritritolo. Oggetto di uno studio che svela prospettive tutt’altro che rassicurante sulla sua salubrità.
Lo studio sull’eritritolo e il rischio ictus
L’Università del Colorado a Boulder ha infatti sollevato preoccupazioni sul dolcificante eritritolo, ampiamente utilizzato in prodotti dietetici come barrette proteiche, bevande energetiche e bibite light. L’allarme nasce da una ricerca condotta su cellule cerebrali umane esposte a dosi di eritritolo simili a quelle contenute in una normale bibita dietetica. I risultati hanno mostrato cambiamenti cellulari che potrebbero essere associati a un aumento del rischio di ictus.
“Sebbene l’eritritolo sia ampiamente utilizzato nei prodotti commercializzati come alternative più sane, sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere appieno il suo impatto sulla salute vascolare”, ha dichiarato Auburn Berry, primo autore dello studio. Tra gli effetti osservati, una riduzione della produzione di t-PA, una proteina chiave per sciogliere i coaguli di sangue, e un aumento di composti tossici per i tessuti cerebrali. In particolare, le cellule trattate con eritritolo producevano il 75% in più di sostanze dannose e circa il 20% in meno di ossido nitrico, molecola fondamentale per il rilassamento dei vasi sanguigni.
Segnali negativi già rivelati prima
Questa ricerca si aggiunge a un filone di studi critici sull’eritritolo. Nel 2023, un’indagine della Cleveland Clinic (Journal of Applied Physiology) condotta su oltre 4.000 persone ha rilevato una correlazione tra il consumo del dolcificante e un aumento del rischio di infarti, ictus e mortalità precoce. Altri studi precedenti avevano già mostrato che l’eritritolo può stimolare l’attivazione delle piastrine, favorendo la formazione di coaguli. L’eritritolo si può trovare in bevande o barrette proteiche anche indicato nella lista degli ingredienti con la sigla “E968”. La sua origine industriale è legata alla fermentazione del mais, e la sua metabolizzazione da parte dell’organismo umano è minima: la maggior parte viene eliminata con le urine, ma una parte potrebbe accumularsi nel tempo.
I limiti della ricerca
C’è però da precisare che lo studio del Colorado presenta alcuni limiti importanti: è stato condotto in laboratorio, su cellule isolate e non in vivo, e ha utilizzato concentrazioni di eritritolo equivalenti a circa 30 grammi, una quantità più elevata rispetto a quella mediamente contenuta nelle bevande comuni (che va da 2 a 5 grammi). Tuttavia, l’interesse scientifico rimane alto, soprattutto alla luce di un altro dato preoccupante: l’aumento del 15% degli ictus tra i giovani adulti statunitensi under 45 registrato a partire dal 2011. Uno scenario che riflette anche l’influenza di stili di vita più sedentari, alimentazione squilibrata e incremento di patologie come obesità, colesterolo alto e diabete.
“Non incide sulla glicemia, ma…”
Per saperne di più, abbiamo chiesto un parere al professor Rolando Bolognino, biologo nutrizionista e docente universitario. Una prima questione da chiarire è la differenza tra il dolcificante eritritolo e il saccarosio. “L’eritritolo è un poliolo naturale con potere dolcificante moderato (0,6–0,8 rispetto al saccarosio = 1), praticamente privo di calorie e con assorbimento intestinale parziale – ci spiega Bolognino -. A differenza del saccarosio, non innalza la glicemia né stimola la secrezione insulinica. Dopo l’assorbimento parziale, viene eliminato per via renale, senza entrare nei processi metabolici energetici. Questo lo rende interessante per soggetti con alterazioni del metabolismo glucidico, anche se va usato con consapevolezza”.
Il fatto che non incida sulla glicemia, non significa però che la sostanza sia innocua. “L’eritritolo può causare gonfiore, meteorismo e diarrea osmotica in soggetti sensibili, soprattutto a dosaggi elevati – continua l’esperto -. Inoltre, la sua fermentazione intestinale può alterare il microbiota. L’uso cronico di dolcificanti – anche naturali o ipocalorici – può rinforzare la dipendenza dal gusto dolce e alterare la regolazione del senso di sazietà. Oltre che presentare una relazione tra alti livelli nel sangue di eritritolo e maggior incidenza di eventi cardiovascolari (ictus ischemico, infarto, mortalità precoce), pur non potendo ancora stabilire un nesso causale diretto”.
Rintracciarlo nei prodotti
Come accennato prima, l’eritritolo può comparire nell’etichetta nutrizionale degli ingredienti con il suo nome o con il codice E968. “Altri dolcificanti seguono la stessa logica: per esempio, E955 per il sucralosio, E420 per il sorbitolo – aggiunge Bolognino -. I claim ‘senza zucchero’ o ‘zero’ non implicano l’assenza di dolcificanti: spesso ne contengono più di uno. Se compaiono tra i primi ingredienti, la quantità è elevata. Solo un’attenta lettura permette di valutare il reale contenuto e prevenire un’assunzione quotidiana inconsapevole”.
Quali alternative?
Detto questo, il consumatore si trova nel dilemma di cosa scegliere in alternativa, anche di fronte a offerte circondate dall’aura di “naturalità”. Per esempio, “alternative come stevia, xilitolo e sorbitolo sono disponibili e anch’esse di origine naturale. Tuttavia, gli effetti collaterali gastrointestinali sono simili, e nessuna di queste sostanze risolve il nodo centrale: l’eccessiva esposizione al gusto dolce, che può alterare il comportamento alimentare – afferma il biologo”. La conclusione? La strategia più sostenibile è “rieducare il palato: abituarsi a sapori meno dolci, riscoprire la dolcezza naturale della frutta, delle spezie o dei cereali integrali e ridurre – conclude Bolognino – l’uso di prodotti ultra-processati, anche se ‘light’ o ‘senza zuccheri aggiunti'”.
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