Attacco all’Iran, i dem Usa: “Trump non ha chiesto l’ok al Congresso”. Era già accaduto in Afghanistan e Iraq

  • Postato il 22 giugno 2025
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Negli Stati Uniti il fronte Democratico ha attaccato il presidente Donald Trump per aver autorizzato l’attacco contro l’Iran. Il primo a reagire è stato il senatore del Vermont Bernie Sanders. “È gravemente incostituzionale. L’unica entità che può portare questo Paese in guerra è il Congresso degli Stati Uniti. Il presidente non ne ha il diritto”, ha dichiarato Sanders, che non è formalmente democratico ma è da sempre ascritto a quell’area, durante un comizio Tulsa, in Oklahoma. Il senatore ha letto l’annuncio di Trump alla folla di sostenitori che hanno subito iniziato a fischiare e a urlare “basta con la guerra”. “Sono d’accordo”, ha commentato Sanders.

Alexandria Ocasio-Cortez ha definito la decisione di Trump di colpire l’Iran senza l’ok del Congresso “assolutamente e chiaramente un motivo per sottoporre il presidente ad impeachment“. “La disastrosa decisione del presidente di bombardare l’Iran senza autorizzazione è una grave violazione della Costituzione e dei poteri di guerra del Congresso”, ha scritto la deputata democratica su X. “Rischia di scatenare una guerra che potrebbe intrappolarci per generazioni”, ha aggiunto Ocasio-Cortez.

Il leader della minoranza dem alla Camera dei Rappresentanti, Hakeem Jeffries, sottolineato che il presidente “non ha ottenuto l’autorizzazione del Congresso per l’uso della forza militare e rischia di coinvolgere gli Stati Uniti in una guerra potenzialmente disastrosa in Medio Oriente”. Al coro dei Dem si è unito anche il deputato repubblicano del Kentucky Thomas Massie, che nei giorni scorsi aveva presentato alla Camera una risoluzione per chiedere a Trump di ottenere l’autorizzazione del Congresso e che in un post su X ha definito incostituzionali i bombardamenti Usa.

La questione è da anni oggetto di interpretazioni e dibattito giuridico. L’Articolo I, Sezione 8, Clausola 11 della Costituzione degli Stati Uniti conferisce al Congresso il potere di “dichiarare guerra”. Il presidente ha il potere di dirigere le forze armate (“è comandante in capo dell’Esercito e della Marina degli Stati Uniti e delle milizie dei vari Stati, quando chiamate al servizio effettivo degli Stati Uniti”) dopo una dichiarazione di guerra approvata dal Congresso in base all’Articolo II, Sezione 2 della Carta, che prevede una cooperazione tra il “commander in chief” e il Congresso in materia di affari militari, con il secondo che finanzia o dichiara l’operazione e il primo che la dirige. L’inquilino della Casa Bianca, inoltre, conserva il potere di usare la forza militare senza l’ok del Congresso in caso di attacco gli Stati Uniti, ma l’approvazione del Campidoglio è comunque necessaria per una guerra prolungata.

Tuttavia in passato i presidenti hanno avviato operazioni militari senza l’esplicito consenso del Congresso: accadde per la guerra di Corea, il disastroso conflitto in Vietnam, l’operazione Desert Storm contro Saddam Hussein, la guerra in Afghanistan del 2001 e quella in Iraq del 2003. Poiché in questi casi Capitol Hill non ha mai votato una dichiarazione, queste operazioni non sono considerate guerre ufficiali da Washington.

In risposta all’invio di truppe nel Sud-est asiatico deciso dalle amministrazioni Kennedy, Johnson e Nixon senza la sua approvazione. nel 1973 il Congresso approvò la War Powers Resolution che impone al presidente una serie di obblighi tra cui quelli di comunicare al Congresso l’invio di truppe entro 48 ore e di ritirare tutte le truppe dopo 60 giorni nel caso in cui Capitol Hill non abbia concesso una proroga.

Tuttavia l’esecutivo ha di volta in volta ampliato la propria visione dei poteri difensivi della Casa Bianca, in particolare con le sue interpretazioni delle Authorization for Use of Military Force del 2001 e del 2002. Il Congresso approvò l’AUMF del 2001 dopo gli attentato dell’11 settembre per consentire l’uso della forza contro entità che “hanno pianificato, autorizzato, commesso o contribuito” agli attacchi o “hanno ospitato tali organizzazioni o persone”. L’AUMF del 2002, poi, autorizzò l’azione militare contro il regime di Saddam Hussein “per difendere la sicurezza nazionale degli Stati Uniti dalla continua minaccia rappresentata dall’Iraq” ed è stata utilizzata per giustificare l’invasione del 2003.

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