Attacchi imminenti o negoziati: le ipotesi sulla crociata di Trump contro Maduro. Così gli Usa spingono Caracas verso Pechino e Mosca
- Postato il 27 settembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Fonti di Washington parlano al New York Times di attacchi imminenti contro il Venezuela con la finalità di rovesciare “in un modo o nell’altro” il presidente Nicolás Maduro, ma c’è chi ritiene improbabile la caduta della Revolución Bolivariana, che finora si è dimostrata resiliente ai colpi di mano. L’analisi è dell’Atlantic Council, che sottolinea come “la pressione” della Casa Bianca “deve essere vincolata a un tavolo di trattativa con obiettivi chiari”. Inizia qui il problema, negli obiettivi dell’amministrazione Trump, che assedia militarmente il Venezuela mentre ne compra il petrolio. Il dispiegamento di otto navi, sei F-35, droni e 4.500 marines con l’ordine di bombardare imbarcazioni forse cariche di droga, conta finora 17 vittime, tutte venezuelane, rischiando il Casus belli con Caracas, che a sua volta rinsalda le alleanze con Mosca e Pechino. “Non c’è più un peschereccio, né una crociera. Non c’è niente nelle acque in prossimità del Venezuela. È davvero strano. E sai cosa significa? Significa che non entrano droghe“, ha rivendicato il presidente statunitense, Donald Trump, che nelle ore successive, sui social, ha postato un video ironico sulle milizie venezuelane, con la didascalia: “Una minaccia molto seria”. Il leader della Casa Bianca ne parla anche all’Assemblea generale dell’Onu, dove rivendica l’uso della “forza suprema dell’esercito Usa per distruggere i terroristi venezuelani e le reti di narcotraffico guidate da Nicolás Maduro”. E poi si rivolge ai presunti terroristi: “Ti faremo a pezzi”.
La strategia, già usata su altri fronti, è quella di andare allo scontro per indurre Maduro a sterzare. Lo si evince dall’ostilità con cui la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha rispedito al mittente una lettera scritta, firmata e poi resa pubblica da Maduro, nella quale il capo di Stato di Caracas chiedeva al leader della Casa Bianca di riprendere il dialogo avviato con l’inviato speciale Ric Grenell – promotore del rinnovo della licenza Chevron e dei rilasci dei prigionieri Usa a Caracas – e auspicava di “sconfiggere”, insieme a Trump, “le fake news che inquinano una relazione che dovrebbe essere storica e pacifica, come lo ha sempre visualizzato il nostro liberatore Simón Bolívar”.
Leavitt però tira dritto e dice: “L’abbiamo letta, è piena di menzogne”. E ripete: il governo di Maduro “è illegittimo e il presidente Trump userà tutti i mezzi per porre freno al narcotraffico”. Inoltre, nella Casa Bianca si prepara anche un disegno di legge che autorizzerebbe i soldati Usa a uccidere i presunti narco-terroristi nell’ambito delle operazioni nei Caraibi e il senatore dem Chris Murphy accende il dibattito sui social criticando le recenti esecuzioni nei Caraibi. “Non avevamo le prove”, dice Murphy sui presunti narcos, e rilancia: “Se il presidente può ordinare attacchi ovunque, senza autorizzazione del congresso, può senz’altro trascinarci in guerre” più pericolose.
Peggiora anche il clima a Caracas, dove ogni giorno cresce la convinzione di un attacco imminente sul territorio venezuelano. “Forse non una guerra, ma potrebbero attaccare target specifici, come in Iran“, dice una fonte della capitale venezuelana a Ilfattoquotidiano.it. Chiusa, almeno per ora, la via del dialogo, Caracas prepara i fucili, lancia 5.336 circuiti comunali, organizza esercitazioni e dispiega i Sukhoi-30 di fabbricazione russa. Interviene anche il ministro dell’Interno, Diosdado Cabello, che si dice pronto a “una resistenza prolungata”, anche “contro i nemici interni” e manda le vetture dell’Intelligence (Sebin) all’edificio dell’ambasciata Usa a Caracas, dove presuntamente si rifugia la dissidente Maria Corina Machado.
E tutto peggiora dopo il recente rapporto sulle violazioni dei diritti umani nel Paese, pubblicato dal Consiglio Onu per i diritti umani e presentato a New York, che denuncia l’aumento “delle persecuzioni per motivi politici, senza che nessuna autorità nazionale dimostri volontà di prevenire, perseguire o punire tali violazioni”. Nel frattempo Caracas tiene stretti gli alleati, ratifica all’Assemblea nazionale il Trattato di associazione strategica e cooperazione con Mosca e bussa alla porta dei Brics, sbandierando l’intesa fra il Paese sudamericano e l’Unione economica eurasiatica. È una storia già vista: le crociate Usa rafforzano spesso il fronte orientale. Lo dice apertamente il portavoce degli Esteri cinese Li Jian, osservando che “la coercizione, la pressione e l’intimidazione sono sempre più impopolari e inefficaci”. Sa cosa dice, Jian, dopo che la China Concord Resources Group è subentrata al vuoto lasciato dagli occidentali nei giacimenti del Lago de Maracaibo, dove ora galleggia una piattaforma petrolifera targata Pechino. In fin dei conti, il sottosuolo venezuelano detiene il 19% delle riserve petrolifere certificate ed è al quarto posto per riserve di gas, in attesa di certificazione. Risorse che, con o senza Maduro, sono già nelle mani di un altro gigante.
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