Artissima e l’arte di saper sognare ad occhi aperti
- Postato il 1 novembre 2024
- Di Il Foglio
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Artissima e l’arte di saper sognare ad occhi aperti
Torino. Quanto è necessario – oggi più che mai – riuscire a pensare a cose piacevoli che si vorrebbero fare piuttosto che pensare a ciò che sta accadendo attorno (o lontano d)a noi? Quanto ci salva immaginare situazioni alternative che abbiano dei riscontri positivi sulla nostra vita? Il Cambridge Dictionary definisce queste attività daydreaming, ovvero “il sognare a occhi aperti”, un atto molto più complesso di quanto sembra, perché tocca diverse aree del cervello umano.
“Non è solo un passatempo, ma è un’attività positiva che migliora l’umore, la memoria e l’apprendimento, aiuta anche la creatività”, spiega al Foglio Luigi Fassi, da tre anni direttore di Artissima, l’unica fiera in Italia dedicata esclusivamente all’arte contemporanea giunta ella 31esima edizione
Con lui parliamo di quest’attività che è un’esperienza quotidiana a tutti nota e che altro non è – come ci tiene a precisare – “che la capacità della mente di autogenerare un dialogo interiore e di elaborare la propria storia di vita attraverso le forme di un pensiero visivo in continua evoluzione”.
Non è un caso, quindi, che Artissima 2024 abbia come titolo "The era of Daydreaming", un sogno continuo, ma comunque attento e coinvolgente anche se distaccato dalla realtà. La fiera – visitabile fino a domenica prossima, con 189 gallerie provenienti da 34 paesi tra debutti, conferme e ritorni – diventa così crocevia di relazioni, progettualità e investimenti di mercato che dall’Oval Lingotto di Torino si propagano sul territorio nazionale e internazionale.
Si può vagare tra gallerie di ogni tipo, come si vaga con la mente nella vita quotidiana e viceversa. Il "vagabondaggio mentale" di solito viene considerato come una conseguenza negativa dell’incapacità di mantenere l’attenzione, ma studi universitari americani e inglesi ne hanno evidenziato invece i lati positivi: “Si è scoperto che il tratto mentale vagante è correlato in modo positivo alla creatività”, spiega Fassi. “La riscoperta del ruolo di questo territorio inesplorato della mente costituisce un terreno di ricerca che vede cooperare tra loro ricercatori di ambiti diversi, al confine tra scienza e discipline umanistiche. Le loro scoperte rivelano un potere inaspettato: la capacità innata di immaginare costantemente nuovi scenari e realtà alternative, proiettandoci verso un futuro ricco di possibilità. Attraverso il daydreaming, pertanto, plasmiamo costantemente nuovi scenari relazionali, troviamo soluzioni originali e diamo forma a progetti ambiziosi che rilanciano in avanti il nostro progetto biografico”.
Per farla breve, dunque, il sognare a occhi aperti è una qualità positiva e quella ricerca ha dimostrato che le persone raggiungono un punteggio più alto e risultati migliori quando vagano con la mente. “Sognare a occhi aperti è terapeutico perché spinge un individuo a cercare sicurezza e felicità per superare situazioni difficili. È un modo per capire chi siamo e cosa vogliamo, concentrandoci sulle cose a noi importanti. Sognare a occhi aperti è saper ascoltare noi stessi”, dice ancora Fassi.
“Lo sanno fare molto bene gli artisti – conclude il direttore – che sono coloro che sanno chiudere il cerchio, coloro che sanno fare caso al daydreaming, traducendolo in immaginari concreti e accessibili. Quanti di noi sanno farci caso? Sembrano voler chiederci”. In attesa di risposte, vagando tra gli stand ci perdiamo alla Galleria Continua, da Unosunove e Foco, da Vavassori e Lia Rumma, da Pantaleone e Apalazzo, Magazzino e Tacci Russo, Mazzoleni e Anselmi, Vistamare e Tornabuoni, divisi nelle quattro sezioni principali e le tre sezioni. Facciamo anche in tempo a conoscere l’artista Angharad Williams, vincitrice del Premio Illy Present Future, presto in mostra alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino dove invece è in corso una triplice mostra con Mark Manders, Stefanie Heinze e Bekhbaater Enkthur grazie ai quali continuiamo a sognare a occhi aperti. Ma questa è un’altra storia.
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