Arminia Bielefeld e Bienne in finale di Coppa: qual è il vero beneficio di queste favole che in Italia sono impossibili

  • Postato il 11 maggio 2025
  • Calcio
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Una squadra di terza divisione in finale di coppa nazionale è un evento raro, talvolta unico. Quest’anno è accaduto due volte in Europa, in Germania e Svizzera, dove rispettivamente Arminia Bielefeld e Bienne si giocheranno, tra il 24 maggio e il primo giugno prossimo, non solo il trofeo ma anche l’accesso all’Europa League. Potere di una manifestazione strutturata con la formula del sorteggio integrale puro, senza tabelloni costruiti a uso e consumo delle big né favoritismi territoriali di sorta a favore della squadra meglio piazzata, o di categoria superiore. In poche parole, l’opposto della Coppa Italia, trofeo quest’ultimo che in questa stagione non è nemmeno stato avaro di emozioni, proponendo una semifinale Bologna-Empoli fuori da ogni pronostico, che però non si è filato quasi nessuno. Quasi a voler dire che in Italia si chiedono sorprese, salvo poi disinteressarsene quando arrivano davvero.

Va anche detto che Bologna-Empoli non rappresenta una sorpresa così sensazionale, trattandosi la prima di una squadra dalla ormai conclamata, solida frequentazione della Serie A, e la seconda di una delle migliori realtà provinciali del nostro paese, che non rappresenta certo una novità nella massima serie. Niente a che vedere con il Bienne che si sbarazza, tra quarti e semifinali, di due squadre top della Super League svizzera, il Lugano e i campioni nazionali in carica dello Young Boys, per diventare la prima squadra di terza divisione in 101 anni di storia a staccare un biglietto per la finale della coppa elvetica. O dell’Arminia Bielefeld reduce da due retrocessioni consecutive, che addirittura batte in rimonta i campioni tedeschi del Bayer Leverkusen, quarta squadra di Bundesliga a uscire dalla coppa per mano dei Blauen dopo Union Berlino, Friburgo e Werder Brema. Fosse stata compiuta dal Padova o dall’Avellino una simile impresa, allora sì che un’ipotetica semifinale o finale di Coppa Italia avrebbe emanato un fascino diverso.

Forse no. Perché la fame di storie e di curiosità sembra essere sempre minore in un calcio elitario non solo nella sua conformazione di vertice, ma anche nel modellare i gusti degli appassionati. Il mancato acquisto dei diritti della FA Cup, la coppa nazionale forse più iconica al mondo, da parte di Sky e DAZN parla chiaro, e non è colpa della politica delle emittenti (le quali, legittimamente, guardano al proprio ritorno economico) se i risultati di pubblico sono lontani da quelli attesi. Una delle principali tesi a sostegno dell’attuale Coppa Italia riguarda la sua vendibilità come prodotto, legato anche alla considerazione che la vincitrice andrà a giocarsi la Supercoppa in un paese straniero che paga profumatamente non certo per vedere in campo Bologna, Empoli o Padova, con tutto il rispetto per queste tre belle realtà. Business e identità viaggiano su direttrici diverse, che raramente si intersecano.

Irrompe poi il discorso utilitaristico legato al ranking Uefa. Una squadra di terza divisione sarebbe con tutta probabilità un disastro per il paese che rappresenta, come già dimostrato in passato – sono una decina scarsa i club di Serie C che hanno disputato una coppa (il record appartiene comunque al Merthyr Tydfil, gallesi che quando nella Coppa delle Coppe 1987/88 affrontarono l’Atalanta militavano in settima divisione), e solo i lituani del Kaunas nel 2009/10 hanno superato un turno. Anche se, con tutti i posti nelle coppe riservati ai campionati top, la presenza di una squadra materasso non inficerebbe più tanto il coefficiente annuale del paese. Quest’anno la Germania ha avuto l’Hoffenheim, la Spagna il Girona (aiutato però dal bonus Champions ottenuto in gentile omaggio dall’ultimo, bulimico cambio di format), la Francia il Nizza. L’Italia invece se ’è cavata meglio e, essendo un paese in bilico tra le quattro e le cinque squadre in Champions, offre un ulteriore argomento a chi apprezza l’attuale configurazione della coppa nazionale.

Tesi e opinioni che invece non sembrano attecchire in Germania (la Svizzera è un caso a parte, in quanto campionato di ristrette dimensioni, quindi poco competitivo a prescindere in Europa League), dove non tutte le decisioni sembrano legate ai diritti televisivi, al botteghino e al budget. Sembra che ci sia meno ossessione nei confronti dei soldi, quando invece è vero il contrario, trattandosi di uno dei campionati le cui squadre presentano alcuni tra i migliori bilanci del mondo pallonaro. Però, al netto di questo, c’è anche il ritorno di immagine, che deriva certamente da competitività, stadi pieni e gestioni efficienti, ma talvolta anche da storie come quella dell’Arminia Bielefeld. Dalla quale non ci guadagnerà (quasi) nessuno, ma che piace perché riesce ancora a cogliere uno spicchio dell’essenza più profonda del calcio e della passione per questo sport.

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Il Fatto Quotidiano

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