Armi nucleari, la Nato senza strategia: il vuoto mette a rischio la deterrenza
- Postato il 14 novembre 2025
- Di Panorama
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Dall’invasione dell’Ucraina a oggi la Nato si è più volte interrogata se il suo arsenale nucleare, principalmente costituito da armi nucleari americane presenti in Europa, dovesse essere modernizzato o rafforzato. Esclusa la Francia, che possiede ordigni atomici propri, dal Regno Unito in giù nessun esercito continentale possiede tali armi. E dalla seconda elezione di Donald Trump alla Casa Bianca ci si pone anche la domanda se gli Stati Uniti possano ancora essere considerati un partner affidabile e cosa accadrebbe se Washington ritirasse il suo ombrello nucleare sugli alleati.
Qualcuno certamente attempato ricorderà che fino al 1988 venivano svolte le esercitazioni Wintex-Cimic, nome che significava “Esercitazione Invernale con cooperazione civile e militare”, ovvero una campagna su larga scala che simulava scenari di crisi e di guerra con lo scopo di misurare la prontezza, la cooperazione e le procedure di risposta delle nazioni e dei comandi della Nato di fronte a una crisi con le forze del Patto di Varsavia. E i partecipanti si impegnavano in una simulazione per valutare come sarebbero stati gestiti i processi decisionali, la comunicazione e il coordinamento durante un conflitto su larga scala, comprendendo il possibile uso di armi nucleari e l’interazione con istituzioni civili per la protezione della popolazione non combattente.

Perché serve una nuova strategia nucleare condivisa
Sarebbe impensabile tornare a definire una strategia sull’uso delle armi nucleari senza riprendere tali pratiche. Infine, serve mettere sul piatto della diplomazia una strategia nucleare credibile e aggiornata. Questo è cruciale poiché l’efficacia della deterrenza nucleare non si basa soltanto sul possesso delle armi e sui sistemi di lancio disponibili, ma anche sulla riconoscibile capacità e volontà di utilizzarli nei casi estremi. L’esempio russo è lampante, soprattutto quando Putin e Lavrov ricordano al mondo che userebbero l’atomica qualora fosse minacciata l’esistenza stessa della Russia. Ma per ottenerla occorre prendere importanti decisioni strategiche, per esempio decidere quali principi politici e militari dovrebbero applicarsi al possibile utilizzo di armi nucleari da parte dell’Alleanza. E anche quali obiettivi sarebbero idonei a tale utilizzo. E su tutto, quali procedure dovrebbero essere previste per approvare l’impiego di bombe nucleari da parte dei Paesi Nato europei.
Le risposte Nato a un ipotetico attacco nucleare russo
Tutto questo durante la Guerra Fredda era definito in modo preciso e si trattava di un processo che includeva linee guida politiche come procedure per la consultazione tra gli Alleati e il coordinamento degli obiettivi nucleari nemici da colpire. Ma dalla caduta del muro di Berlino e dalla dissoluzione dell’Urss tutto questo è stato lentamente dimenticato fino a essere abolito sperando che da quel momento in poi la Russia sarebbe stata una nazione partner stabile e affidabile. Così oggi la Nato non ha più un consenso strategico nucleare su come porsi ad argine di Mosca e come rafforzare la credibilità della sua deterrenza nucleare. Molto probabilmente si dovrà attingere a quanto la dottrina militare prevedeva di fare dal 1960 al 1989, ma dal punto di vista politico e tattico la tecnologia attuale pone sfide nuove, come per esempio la sicurezza informatica e cibernetica.
Molto è cambiato anche nel potenziale nemico: con la scomparsa del Patto di Varsavia non c’è più la possibilità di un’invasione terrestre da parte di grandi eserciti, del resto la Russia non è l’Unione Sovietica, ma restano possibili azioni verso Nord, ovvero nei confronti dei Paesi baltici. Tra le ipotesi da analizzare c’è però un uso tattico di armi nucleari da parte di Mosca per rallentare lo schieramento di truppe come lo sbarco di eventuali battaglioni statunitensi mandati in aiuto, ma in questo caso l’Allenza non potrebbe reagire con attacchi nucleari diffusi, bensì con azioni mirate per dimostrare la sua volontà di difendersi e persuadere il nemico a fermare le ostilità, ma certo non avrebbe credibilità di risolutezza un’azione condotta su aree disabitate. Facilmente la Nato colpirebbe Russia e Bielorussia dopo ampie consultazioni anche con la Francia, ma certo senza attendere le lungaggini politiche tipiche di Bruxelles. Che farebbero perdere qualsiasi guerra.