Armate e in allerta: le basi americane in Italia si preparano
- Postato il 20 giugno 2025
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Il Quotidiano del Sud
Armate e in allerta: le basi americane in Italia si preparano
Le basi americane di tutto il mondo messe in allerta da Washington, comprese quelle in Italia. Gli Usa sono sempre più vicini ad entrare in guerra in Medio Oriente
Washington mette in allerta le sue forze armate in tutto il mondo, comprese quelle di stanza in Italia. Gli USA sono sempre più vicini ad entrare in guerra, di nuovo, in Medio Oriente. Gli sviluppi degli ultimi giorni, con il massiccio spostamento di asset militari nei pressi della regione e con una leadership a Washington che non fa che soffiare sul fuoco della guerra, rende l’ipotesi di un intervento diretto molto plausibile.
Per difendere Israele e aiutare Netanyahu a sradicare il programma nucleare iraniano, e forse persino a scalzare il governo rivoluzionario di Teheran, il presidente Donald Trump e i suoi consiglieri potrebbero portare ancora una volta l’America nello “scatolone di sabbia”, la Sandbox tanto odiata dai militari di Washington. E questo sviluppo, in un modo o nell’altro, tocca anche l’Italia, che con più di 12.000 soldati americani sul suo territorio vanta una presenza militare a stelle e strisce molto importante.
Il numero esatto di complessi americani in Italia è difficile da quantificare visto che si tratta tanto di strutture gestite in ambito Nato quanto di basi occupate tanto da personale statunitense quanto da militari italiani. In questa vasta e spesso intricata rete di strutture alcune installazioni spiccano però per importanza, tanto strategica quanto organizzativa, e dimensione. Per quanto concerne il settore aereo, uno dei poli principali degli Usa nella Penisola è la base aerea di Aviano, in Friuli-Venezia Giulia. In questo enorme complesso, amministrato e gestito dalle autorità militari italiane, trova alloggiamento la 31esima squadriglia dell’Air Force americana, composta da due squadroni di F-16 della General Dynamics, oltre al modesto arsenale nucleare tattico dispiegato da Washington nel Bel Paese, diviso tra Aviano e la base di Ghedi.
Sempre per quanto riguarda l’aviazione, questa volta della Marina, in Sicilia si trova la famosa base di Sigonella, il più importante snodo di rifornimento per gli aerei americani in transito verso il Medio Oriente e l’Oceano Indiano. In questa base, anch’essa condivisa con gli italiani, trovano alloggiamento vari squadroni da ricognizione, mezzi di rifornimento aereo e altri mezzi ausiliari impiegabili in operazioni di pattugliamento navale nel Mediterraneo. È poi sede di un cospicuo numero di sistemi di sorveglianza elettronica e dei segnali, di strutture mediche e di supporto e di depositi strategici.
La Sesta Flotta della Marina statunitense, una delle più importanti formazioni navali degli Usa, è invece di stanza a Napoli. Questa Flotta, il cui raggio operativo comprende buona parte dell’Atlantico orientale, dell’Africa e del Mediterraneo ha la nave comando anfibia Uss Mount Whitney, di stanza a Gaeta, come sua nave ammiraglia. E ha sotto il suo comando una serie di Task Force sia navali sia anfibie, oltre ai Gruppi d’Attacco Portaerei, di volta in volta assegnati al comando della Sesta. Questa flotta è, in generale, una delle unità navali più importanti e famose della Us Navy.
Per quanto riguarda le forze di terra, poi, gli Usa mantengono una piccola Brigata di fanteria paracadutista, la 173esima Aviotrasportata, nella base di Vicenza. Si tratta di una piccola forza, circa 3000 soldati, pensata per intervenire rapidamente nei teatri di crisi europei. Proprio per questo motivo, anche in caso d’intervento statunitense in Medio Oriente, è improbabile che questa specifica brigata verrà impiegata a quelle latitudini. Specialmente alla luce dei maggiori impegni a cui è sottoposta in Europa in chiave anti-russa.
Nel complesso, dunque, il sistema di strutture militari americane in Italia è ad oggi principalmente attivo in compiti secondari legati al supporto e alla raccolta d’intelligence. In caso di scoppio delle ostilità in Medio Oriente, quindi, le installazioni italiane verrebbero impiegate prevedibilmente dagli Stati Uniti solo come snodi logistici e di comando. Vista la distanza dal teatro operativo e la vicinanza all’Iran di basi decisamente più efficienti e pratiche, le infrastrutture nella Penisola risultano infatti più utili in chiave ausiliaria. Anche in caso di complessità politiche legate all’impiego delle basi italiane per operazioni offensive gli Usa potrebbero ovviare con relativa facilità grazie all’estesa rete di strutture di cui dispongono in tutte le aree a ridosso dell’Iran.
Per quanto importanti nel più ampio quadro strategico, in conclusione, le installazioni statunitensi in Italia rimangono marginali nel contesto di uno scontro massiccio contro l’Iran. E i rischi che queste basi vengano prese di mira durante questo ipotetico conflitto è praticamente nullo. Più di un ruolo meramente secondario e legato all’approvvigionamento, dunque, il vasto complesso militare americano in Italia non dovrebbe esser coinvolto direttamente negli scontri. Solo nel caso in cui le basi più vicine all’Iran dovessero subire gravi danni il contesto italiano potrebbe diventare nuovamente centrale. Ma perché si verifichi questa ipotesi Teheran dovrebbe dimostrarsi molto più letale di quanto non si preveda al momento.
Il Quotidiano del Sud.
Armate e in allerta: le basi americane in Italia si preparano