Arianna Meloni: «Ho litigato con Giorgia, ma solo per ragioni di carte»

  • Postato il 16 novembre 2025
  • Di Panorama
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La presunta regina delle nomine è indaffarata. In una luminosa stanza di via della Scrofa, la “sorella d’Italia” legge messaggi e mormora sconsolata. Le due figlie meditano perigliosi viaggi con gli amici. «Siamo in piena fase adolescenziale» racconta Arianna Meloni. Dopo aver esaurito le incombenze genitoriali, però rivela: «La più grande ha cominciato a fare politica nella sua scuola».
La dinastia si allarga.
«Figuriamoci, c’è ancora tanta strada. Ma credo che sia una bellissima esperienza. I ragazzi di oggi si perdono nell’effimero. L’impegno politico aiuta ad approfondire le cose e immaginare soluzioni».
Quindi, approva.
«Certo, mi fa piacere».
Voi avete cominciato nel 1992.
«Erano i tempi di Tangentopoli e delle stragi di mafia. La politica era considerata brutta e corrotta. Chiesi a mia madre: “Qual è la differenza tra destra e sinistra?”. Mi rispose che la destra era spirito e la sinistra materia. Le dissi che, allora, io stavo decisamente a destra».
Era una ribelle?
«Ero spericolata. Mi buttavo nella mischia. Mia sorella era più introversa: razionale e posata».
Adesso, invece?
«È cambiato tutto. Sono insicura. Tendo a retrocedere. Preferisco stare dietro le quinte. Giorgia, al contrario, ha combattuto le sue paure».
Siete simbiotiche come dicono?
«Siamo molto simili nei modi o nelle battute. E la pensiamo, generalmente, allo stesso modo. Nella mappa genetica sembriamo gemelle omozigote».
Vi ha unite anche un’infanzia complicata?
«La nostra non era la famiglia del Mulino Bianco. Mio padre sparì alle Canarie. Poi, per sbaglio, io e Giorgia abbiamo dato fuoco a casa. Scappammo via in mutande e canottiera. C’erano fiamme alte fino
al soffitto. Siamo state costrette a trasferirci dai nonni, dove vivevamo
in quaranta metri quadri. E mia madre lavorava sempre, scrivendo romanzi rosa».
Cosa disse dopo l’incendio?
«“Stavolta non vi faccio niente, sennò vi ammazzo”. Siamo rimaste in punizione per mesi. Fino a quando non ci comprarono due uccellini
in un negozio di giocattoli di piazza Navona: uno viola e l’altro giallo».
Si commuove ancora, ripensandoci.
«Sono stati anni difficili. E io sono molto emotiva. Piango anche se guardo i film di Fantozzi. Mia sorella, quando si accorge che ho gli occhi lucidi pure ai comizi, scuote la testa».
Il sodalizio continua, quarant’anni più tardi.
«Restiamo complementari».
Dall’agosto 2023 guida la segreteria politica di Fratelli d’Italia. Lavora
in questa stanza, che fu di Almirante e Fini.
«Ora sarebbe di Giorgia. Io la uso solo temporaneamente. Comunque, ho grande senso di responsabilità verso chi l’ha occupata prima di me».
Compreso Fini?
«Siamo cresciute con lui. Ha fatto degli errori, ma conserviamo un ottimo rapporto».
Prima fuggiva dalla ribalta.
«Ho scelto di non candidarmi perché sono molto timida. E poi credo che sia stato un bel messaggio ai militanti: chi fa politica, non deve necessariamente ricoprire un incarico».
Esclude ancora l’ipotesi?
«Mettiamola così: sono a disposizione del partito».
Un po’ vago.
«Ma che ne so, fijo mio? Dico la verità: preferirei non candidarmi. Però, vediamo cosa succede e dove sarò più utile».
Le piace il suo incarico?
«Questa è una stagione molto impegnativa. Abbiamo sognato per anni di cambiare l’Italia. Adesso lo stiamo facendo, ma bisogna restare umili, concentrati e soprattutto attenti. È il momento di adulatori, tranelli e cattiverie».
S’è immolata?
«Spesso chi governa trascura il territorio. Ritmi frenetici e ruoli istituzionali possono diventare una trappola. Cerco di superare quella timidezza e stringo migliaia di mani. Sono felice di farlo. Lo considero fondamentale. Per questo mi sforzo
di fare pure i comizi».
È stata Giorgia a chiedere aiuto o lei a proporsi?
«Sono discorsi mai avvenuti. Lavoravo nella segreteria politica del gruppo in Regione Lazio. Alle scorse elezioni, nel 2022, ho detto: “Se per voi va bene, vorrei lavorare nel partito”. È stato naturale. Poi, però, hanno cominciato ad affibbiarmi questo ruolo…».
La pupara che piazza amici e rimesta nell’ombra?
«È un modo per colpire mia sorella.
Io non sono nemmeno parlamentare. Hanno inventato cose di sana pianta. Tipo la conoscenza con Stefano De Martino o Giuseppina Di Foggia. Mai visti prima».
Non briga?
«Le nomine non sono di mia competenza».
Quindi?
«Tanti pensano: “Visto che non posso arrivare a Giorgia, parlo con Arianna”».
Chiedono di incontrarla.
«Ma io mi occupo del partito».
Quindi?
«Gli dico chiaramente: “Non dovete parlare con me”. Con il tempo, sono diventata più brava. Ora cerco di evitare incontri inopportuni. Anche perché, prima o poi, si finisce sempre
a discutere di politica».
Il Giornale ipotizzò: sarà indagata per traffico di influenze.
«Fu una provocazione. Diciamocelo chiaro: la gente discute. Magari ti nomina a sproposito. A un certo punto, era diventato il mondo di Arianna. Sembrava che tutti avessero parlato con me. Qualcuno avrebbe potuto pure chiedersi: “A che titolo, scusate?”».
S’è fatta più accorta?
«Sono gentile e socievole. Se chiedono un appuntamento, mi dispiace dire di no. Però cerco di non parlare di quello che non mi compete. Spiego che non sono la persona giusta».
L’ultima polemica è la visita in via della Scrofa di Agostino Ghiglia, membro del Garante per la Privacy, prima della multa a Report.
«È passato in fondazione. Abbiamo chiacchierato due minuti. Niente di che».
Ha risposto seccata a un giornalista scettico.
«Per quale motivo sarei obbligata a parlarci? Non ho un ruolo pubblico.
E non mi pagano i cittadini, diversamente da Report, a cui è arrivata una giusta sanzione: hanno diffuso una telefonata intima tra Sangiuliano e sua moglie, in un momento in cui lei era davvero provata. Loro, invece, cosa fanno?
Se la prendono con Ghiglia.
Ma il suo voto era ininfluente. E quel collegio è stato nominato da un governo di centrosinistra».
Lei, di sera, rimugina o dorme sodo?
«Ci penso e ci ripenso. Mi addormento tardissimo e la mattina sono distrutta. Comunque, c’ho fatto pure l’abitudine. Ed evito di leggere alcuni giornali».
Quali?
«Il Fatto e Il Domani. Non li reputo utili alla causa».
Non guarda nemmeno le trasmissioni ostili?
«Energie sprecate. Possono essere impiegate per fare altro».
Si sente perseguitata?
«C’è un livore esagerato. Una certa stampa e la tv faziosa non si aspettavano che Giorgia Meloni, donna libera e di destra, diventasse presidente del consiglio. Non accettano che sia riuscita a far ripartire l’economia e a restituire dignità internazionale al Paese».
Altri inconsolabili?
«Quell’intellighenzia abituata a marchette, prebende e spartizioni. L’Italia dei governi deboli e delle cose immutabili».
I soliti poteri forti?
«Quelli che puntavano a mantenere lo status quo. Si sono dovuti confrontare con una persona capace. E ormai delirano. Gli è saltato il sistema nervoso. Noi valorizziamo il merito
e abbiamo liberato energie nuove. Giorgia non risponde a nessuno.
Non fa parte di quel mondo. Viene
dal popolo. Mentre tanti non sanno più cosa voglia dire stare in mezzo
alla gente».
La sinistra salottiera?
«Sono quelli che vanno dalla Gruber
e non entrano in un supermercato
da anni».
Siete voi, oggi, a rappresentare il popolo?
«Non c’è dubbio. E loro sono nel pallone».
Che Dio ci conservi Elly Schelin, dicono nel suo partito.
«Allora pure Bonelli, Fratoianni, Conte… Che Dio ce li conservi tutti, se proprio dobbiamo dirlo. Erano abituati a governare anche se perdevano le elezioni. E ora non sono più capaci di tirare fuori un’idea».
Anche Landini spera di fare il leader della sinistra?
«Penso di sì. Mi sembra troppo attivo. E non si occupa del sindacato. Pure lui, cerca solo di demonizzare».
Giorgia è contenta di ricandidarsi?
«Non esageriamo».
No?
«È una vita molto impegnativa».
Anche per Arianna?
«Non molliamo di sicuro adesso».
Matteo Renzi assicura: Meloni vuole diventare presidente della Repubblica.
«Non abbiamo nessun progetto. Ci stanno chiedendo di governare l’Italia e siamo concentrati su questo. Quando diranno che non andiamo più bene, ci ritireremo di buon ordine».
L’opposizione invoca dimissioni, qualora perdesse il referendum
sulla giustizia.
«È solo un punto del programma».
Chi stima a sinistra?
«Paola Concia».
Nessun altro?
«Anche Minniti è una persona di valore».
Ha partecipato alla scorsa edizione di Atreju.
«Nella nostra piazza si confrontano idee diverse».
Inviterete Schlein?
«Nel 2024 non è venuta. Quest’anno dobbiamo ancora spedire gli inviti».
Non si muove foglia che Arianna non voglia?
«Sembra davvero che tutto dipenda da me».
Invece?
«Continuiamo a fare la stessa vita, con i piedi ben piantati per terra. Come ci ha insegnato nostra madre».
Gli ultimi messaggi mandati a sua sorella?
«Il video dell’attore che faceva Chicco nei Ragazzi della 3ª C. Domandava: “Elly Schlein, ce sei o ce fai?”».
Dopo?
«Un pezzetto del film d’animazione Prendo il volo. Un uccellino dice all’altro: “Sei troppo arrabbiato. Ti serve un abbraccio”».
E lei?
«Mi ha mandato un cuore».
L’ultima lite?
«Durante una vacanza in Puglia. È una secchiona persino nel burraco. Non mi voleva fare giocare: diceva che non ero abbastanza brava, mi prendeva in giro. Allora le ho risposto male. Abbiamo bisticciato, ma per un attimo».
È la sua passione?
«Se ha un momento libero, gioca a burraco. Come tanti nostri amici. Tra cui, c’è anche Lollo».
Chiama sempre così Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura?
«Sì, la mia ex suocera non era contentissima».
Da quando vi siete lasciati, lei ha grande visibilità.
«Siamo cresciuti insieme. Mi sono separata perché era finito l’amore. Forse avremmo dovuto farlo prima. Ma con il mio ruolo nel partito non c’entra nulla».
È sempre più esposta.
«È stato come passare dal campionato della parrocchia alla Champions League. Ora scrivono: “Si attende Arianna Meloni”. E io ogni volta penso: “Chi?”».
L’altra Giorgia?
«Invece, sono l’altra Meloni: per storia, comportamento, passioni. Resta il mio più grande timore: aspettano Giorgia e arriva Arianna. Magari ci rimangono male. Io passo la vita a flagellarmi. Mia figlia mi chiama drama queen».
Ovvero?
«Regina del melodramma. Dice che faccio tragedie per nulla».
Ha ragione?
«Temo di sì».

Autore
Panorama

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