App di incontri e social (e forse tatuaggi nascosti): siamo tutti Papa boys
- Postato il 6 agosto 2025
- Di Il Foglio
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App di incontri e social (e forse tatuaggi nascosti): siamo tutti Papa boys
Né coi Papa boys né coi romani imbruttiti. Son tempi difficili, questi, in cui ti chiedono continuamente di schierarti, ma per una volta uno vorrebbe non scegliere, e tenere una placida equidistanza. Così, nella pacifica invasione del milione di young pellegrini festanti (e cantanti) arrivati a Roma per il Giubileo dei giovani la scorsa settimana, è possibile una terza via tra i (pochi) critici, soprattutto residenti protestatari perché intrappolati su bus e metropolitane da comitive schitarranti tra boy scout in braghe corte e adolescenti ad altissimi decibel, come in un film di Verdone.
E dall’altra parte invece il pressoché unanime plauso a questa gioventù (e ci mancherebbe). Gioventù che viene dipinta dagli entusiasti con caratteristiche genetiche e antropologiche perfino precipue che la renderebbe opposta al grande popolo secolarizzato degli young maranza. “Sguardi straordinariamente vivi e commossi, uno diverso dall’altro” scrive Susanna Tamaro sul Corriere (be’, sì, è abbastanza noto, spesso gli occhi sono usati anche come strumento di riconoscimento, si usa l’iride apposta). L’altro dato di questa superiorità dei Papa boys sui loro coetanei è la mancanza di tatuaggi: questo piace tantissimo. Per Antonio Polito sempre sul Corriere “Non ho indagato oltre l’apparenza, ma non mi è parso di vedere nemmeno un tatuaggio”. Per Marcello Veneziani, sulla Verità: “Persino a livello epidermico un segno distintivo mi piace sottolineare: quei giovani non erano tatuati; hanno ancora rispetto del loro corpo!”. Terzo segno di riconoscimento, non stanno sui social: “Lo spirito del tempo – che è quello dello scrolling ossessivo e annoiato – sembrava aver reso ormai impossibile quel lungo tempo di attenzione, immobilità e silenzio che ha accompagnato l’adorazione eucaristica. Eppure è accaduto” scrive Tamaro (Polito invece è più possibilista e parla di “missionari digitali”; però addirittura intravede una volontà di purificazione nei giovani giubilanti: “Mentre migliaia di coetanei, diciamo così secolarizzati, prendono un aereo per andare a peccare sulle spiagge delle Baleari, loro fanno il percorso inverso per venire a Roma a confessare i propri peccati”).
Ora, neanche noi abbiamo controllato sotto maglie e camicie per verificare che non fossero tatuati in luoghi nascosti (un po’ come il giovane Vannacci quando verificava furtivamente se i neri epidermicamente sono proprio come noi). Però sulla presenza social e sui peccati vorremmo precisare: bastava scrollare Instagram e TikTok per vedere orde di pellegrini postanti, proprio come i loro coetanei secolarizzati magari (orrore!) a Ibiza. Ecco sul social cinese i più svariati baby Papa-influencers: Una “Mary Gluten free” che “oggi vi spiegherò cosa c’è nella mia box senza glutine per il Giubileo dei giovani” (10.116 like); simpatici ragazzi che illustrano il loro abbigliamento (“Fit check giorno sei giubileo” (3.942 like). E un tormentone in varie lingue: “How do you say jesus loves you in your language?” (13 mila like). Per il peccato, essi non ne erano del tutto esenti, vivaddio. Oltre a Instagram e TikTok, nell’impossibilità di verificare le equivalenti etero, ecco Grindr, la celebre app di incontri gay: intasata in questi giorni più delle metropolitane.
Ecco sbucare un trentenne, “Tor Vergata, cerco subito, right now” (posizione preferita: “versatile”). Ecco un “Giubileo”, dall’età imprecisata, alto 1.64, versatile pure lui. Un “Giubileo suck”, trent’anni, dalle intenzioni abbastanza precise, e un diciottenne “Tor Vergara” (probabilmente fan di Sofia Vergara, celebre star e gay icon della serie “Modern Family”, da cui la confusione del T9 del telefono con la località del Giubileo). E così molti altri. Insomma, gli sguardi son quel che sono, i tatuaggi magari mancano o son nascosti, però ’sti giovani sembrano proprio tali e quali agli altri! E meno male! E del resto chi siamo noi per giudicare (o tatuare), vabbè.