Antonio Filosa alla guida di Stellantis, il mercato sbadiglia
- Postato il 28 maggio 2025
- Di Panorama
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Alla fine, Stellantis ha scelto la strada più prevedibile. E il mercato, come spesso accade, ha risposto con un’alzata di spalle. Il titolo, dopo una fiammata iniziale, si è assestato attorno alla parità per poi perdere terreno leggero: -0,5%, segno che la nomina di Antonio Filosa al vertice del gruppo automobilistico non ha acceso gli entusiasmi.
Non che fosse una sorpresa. Il nome di Filosa, manager di casa, classe 1973, con un curriculum costruito in Sud America e un recente passaggio in Nord America, circolava da settimane. Una promozione annunciata, con pochi scossoni, frutto di una corsa interna ormai ristretta a due nomi noti: Filosa e il francese Maxime Picat. Nessuna scossa esterna, nessuna apertura al mondo. I nomi “pesanti”, come quello di Luca de Meo da Renault, sono sfilati silenziosamente nel backstage, mai davvero in corsa.
Una scelta che, nella migliore delle ipotesi, si può definire prudente. Ma in Borsa – e soprattutto in una fase delicata come quella attuale per l’automotive – la prudenza suona spesso come mancanza di visione.
Lo scrivono anche gli analisti, sebbene con il solito linguaggio ovattato: Equita parla di un profilo «di lungo corso» che può «accelerare la ridefinizione della strategia». Tradotto: conosce la macchina, meglio non rischiare. Ma Intermonte va più a fondo, e il giudizio è meno lusinghiero: “Non lo riteniamo un nome di forte impatto“. Perché il punto è proprio questo: in un gruppo che si gioca la partita globale su più fronti – Usa, Cina, elettrico, calo delle vendite e rapporti istituzionali – la nomina di Filosa appare come la scelta di una linea di continuità a basso rischio. Di basso profilo, appunto.
E intanto le sfide si moltiplicano. In America, dove Stellantis è chiamata a recuperare terreno; in Europa, dove la Cina avanza senza freni; e sul versante interno, dove i rapporti con Roma restano da ricucire nonostante i sorrisi di circostanza. L’uscita di Tavares – ormai sei mesi fa – aveva aperto un vuoto di leadership. Che oggi si riempie, ma non si risolve.
Si può capire, certo, il ragionamento della proprietà: meglio un uomo della casa, capace di allinearsi senza attriti. Una figura gestionale, più che strategica. Ma il tempo non gioca a favore, e il rischio – evidente – è che questa nomina finisca per essere un’operazione di pura manutenzione. A perdere tempo, in una fase come questa, si rischia di perdere molto di più.
Poi c’è la politica, che per il momento applaude. Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, non ha dubbi: “Un’ottima scelta”, ha dichiarato soddisfatto. E come dargli torto? Un italiano alla guida del gruppo, una conferma della “centralità del nostro Paese”, come ha detto lui stesso. Ma la bandiera tricolore non basta a governare un colosso in crisi di identità. Il mercato, che non conosce nazionalità né orgoglio patriottico, chiede altro: visione, impatto, credibilità globale. E oggi, in Stellantis, tutto sembra cambiato. Solo per restare com’era.