Antonio Barbaro il “fantasma” è l’ultimo latitante della ‘ndrangheta di Platì. In un anno ha trafficato 3 tonnellate di coca
- Postato il 16 dicembre 2025
- Cronaca
- Di Il Fatto Quotidiano
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Nelle chat criptate il suo pseudonimo di narcos era Fantasma. Nome a dir poco azzeccato visto che dal 25 novembre, data del blitz della Guardia di finanza di Milano, non si trova. E oggi Antonio Barbaro nato a Locri nel 1984 è ufficialmente latitante. L’ultimo uccel di bosco delle cosche di Platì, inseguito da un mandato di cattura per un enorme traffico di droga con il Sud America in collaborazione con altri appartenenti alle cosche dell’Aspromonte, tutte della famiglia Barbaro, chi del ramo Rosi, come Franco Barbaro e chi dei Nigri, come lo stesso Fantasma, ma tutti, comunque sia, riconducibili al ceppo iniziale del defunto superboss Francesco Barbaro detto U Castanu.
Nell’indagine SkyFall del pm antimafia Gianluca Prisco, il Fantasma è accusato di associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale di droga con il ruolo di “promotore e organizzatore”. Inoltre, si legge nel capo d’imputazione, “coadiuvava Franco Barbaro nelle operazioni di importazione di stupefacente dall’estero partecipando alle decisioni relative alla fissazione del prezzo della sostanza, condivideva la cassa dell’associazione, e con Franco Barbaro effettuava in prima persona pagamenti dello stupefacente agli emissari dei cambisti in contatto con il fornitore Marjus Aliu”. Inoltre Barbaro il fantasma “partecipava alle importazioni di stupefacente del gruppo in qualità di investitore, acquistando stupefacente ad un prezzo di favore garantito dalla partecipazione all’associazione, aveva poteri decisionali e autonomia in riferimento alle quantità da vendere e al relativo prezzo, tenendo a tal fine contatti con esponenti di gruppi criminali acquirenti nonché, con riguardo alle disposizioni impartite a Bruno Trimboli magazziniere e Michele Portolesi punto di riferimento per la raccolta del denaro dei clienti”.
Secondo la ricostruzione della Procura di Milano, Antonio Barbaro assieme ai suoi compagni in affari, quasi tutti legati alle cosche dell’Aspromonte, in meno di un anno ha trafficato oltre 3,5 tonnellate di cocaina per un giro d’affari, una volta stoccata e venduta sulla piazza di Milano, da scalata bancaria. Ora il nome del Fantasma era già emerso dieci anni fa in una indagine di droga coordinata dalla Squadra Mobile. E con lui il nome di Giuseppe Trimboli, classe ‘77, attuale suo coindagato. All’epoca Barbaro, che guidava una Seat Leon, era titolare della Frutteria Lombarda nel comune di Gaggiano, a sud di Milano. Dopo molto tempo, quel fascicolo tornò a fotografare i traffici di droga di soggetti legati alla ‘ndrangheta. Del resto il Fantasma è figlio di Domenico Barbaro, classe 1957, detto Incrostia l’Anca, già condannato per mafia e “appartenente alla cosca Barbaro Castanu”. La discendenza da parte di madre porta il neo-latitante a ingrandire l’albero genealogico del ramo dei Nigri. La madre infatti è figlia del capostipite Antonio Barbaro detto u Nigru, mentre risulta sorella del superboss Giuseppe Barbaro, tra le menti più illuminate della prima infiltrazione mafiosa a Milano. Ma sempre e comunque ‘ndrangheta di Platì.
Per anni la residenza di Antonio Barbaro è stata in una via riservata a Gudo Visconti, comune che assieme a Casorate Primo, Zelo Surrigone, Calvignasco e altri compone una collana di paesi al limite della provincia di Pavia che oggi rappresenta la nuova fortezza della ‘ndrangheta. Già allora emersero i rapporti con Giuseppe Trimboli. Prima dell’indagine del 2015, Antonio Barbaro era stato segnalato nel 2010 per reati legati agli stupefacenti. A partire dal 2007 i controlli sul territorio, tra Calabria e Lombardia, lo hanno spesso trovato in compagnia di appartenenti alle cosche Marando, Barbaro, Romeo, Sergi, Nirta, Strangio. Oggi, quindici anni dopo quella prima segnalazione, si ritrova fuggiasco da un capo d’imputazione che prevede fino a 25 anni di carcere. Dove sia resta una bella domanda. Molto probabilmente in Calabria dove le coperture sono più solide. Eppure non è detto che abbia trovato rifugio proprio in quei paesi verso Pavia e dove il controllo delle forze dell’ordine è poco e difficoltoso.
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