Animali in Parlamento? Sì, ma solo se eletti

  • Postato il 23 ottobre 2024
  • Di Il Foglio
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Animali in Parlamento? Sì, ma solo se eletti

"Sono stufo che in Italia entrino cani e porci”, ha dichiarato il ministro e leader della Lega Matteo Salvini. Se è davvero così stufo, allora perché se la prende con gli immigrati e non piuttosto con i suoi alleati di governo, che cani e porci li vogliono fare entrare alla Camera e in Senato? I più populisti fra voi sosterranno che cani e porci in Parlamento ci sono già da anni; ma qui si sta parlando letteralmente di animali, non di Razzi, Scilipoti, Toninelli o Lollobrigida. Fratelli d’Italia e Forza Italia insistono per far ammettere gli animali nelle Aule del potere legislativo. Dopo la dichiarazione del presidente La Russa di poche settimane fa (“E’ tempo che gli animali domestici entrino al Senato”), l’altro giorno Martina Semenzato di Noi moderati ha portato un american bully grigio a Montecitorio, cioè un cane di circa mezzo metro di altezza e che può arrivare a pesare fino a 50 chili: e questa è una moderata! Cosa avrebbe portato in Parlamento se fosse stata un’estremista, una radicale? Un molosso napoletano? Un dobermann? Un pitbull?

L’occasione era la presentazione di un libro sul sopracitato cane, ma è chiaro che questo ingresso aveva anche un valore simbolico di ulteriore attenzione e sensibilizzazione al tema, anzi, alla battaglia. Il centrodestra italiano infatti da tempo cerca di introdurre animali in Parlamento: la prima a portare un cane nelle istituzioni fu Michela Vittoria Brambilla otto anni fa; ma anche Rita Dalla Chiesa insiste da anni sulla questione. Per non parlare dell’imperatore Caligola, che fece senatore il suo cavallo. Ora però, stando alla seconda carica dello stato, i tempi sarebbero maturi per un ingresso ufficiale, fra i banchi. Si parla tanto dei pericoli per la nostra democrazia, di deriva orbaniana; eppure su questo tema nessuno sta sollevando la questione. Voglio dire: in Parlamento si entra solo se si è eletti, non basta mica essere cani o gatti di un deputato o un senatore; bisogna avere i voti.

E’ giusto che siano gli italiani a decidere da quali animali farsi rappresentare. Quali cani, quali gatti, quali pappagalli, quali pesci rossi; e chi di questi dovrà stare nei banchi della maggioranza, e chi a cuccia fra quelli dell’opposizione. Anche solo per mettere un freno al delirio animalista: Biancofiore già insiste che non solo cani e gatti, presto anche conigli e iguana (sic.) potrebbero entrare in Parlamento. E perché non gabbiani, ratti o cinghiali? Sono già lì fuori da Montecitorio, per le strade di Roma, basta aprirgli le porte. Al ministero dell’Agricoltura già si segnalano api, vespe, calabroni e tarli; di questo passo, chi ci dice che le prossime politiche sanitarie non saranno decise da una zanzara portatrice di dengue o malaria, quindi in palese conflitto d’interesse?

Si indìcano subito libere elezioni dove si possano candidare tutti gli animali senza distinzione di razza, specie o pedigree; affinché noi cittadini possiamo conoscere quali sono le idee dei cani in fatto di sicurezza (intendono solo abbaiare?), cosa vogliono fare i gatti per la nostra economia, qual è l’idea di paese che hanno le iguana. (Buona fortuna ai conduttori di talk-show che dovranno moderare i confronti). E occhio ai brogli, o ai voti di scambio: gatti che fanno le fusa per essere votati, o cani che riportano indietro l’oggetto tirato da un elettore in cambio di una X sul proprio nome sulla scheda elettorale. Solo così riusciremo a far sì che l’Italia risponda ancora alla sua Costituzione, e non a un altro libro: “La fattoria degli animali”.

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Autore
Il Foglio

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